don Bepo ha creato il Patronato perchè voleva portare tutti in paradiso…

     

    1927 – 2017 – 90° del Patronato

    1927 – 2017 – 90° del Patronato

     

     

    “Mi metterò alla porta del paradiso per ricevervi uno per uno e avere la gioia di vedervi entrare tutti”

     

    La frase di don Bepo è scritta all’entrata della sua tomba nella casa centrale di Bergamo ed è nota e cara a tutti gli ex-allievi che come figli hanno amato e sono stati amati dal fondatore del Patronato. Queste parole indicano qualcosa che per don Bepo era fondamentale, ma che risulta incomprensibile o addirittura stravagante per la gente del nostro tempo. Se provassimo infatti a chiederci (parlo di noi preti, educatori, volontari, benefattori, ospiti, giovani, studenti…insomma di tutta l’attuale variegata famiglia di don Bepo) quali siano le finalità del Patronato S. Vincenzo, probabilmente risponderemmo indicando: la finalità educativa cioè la formazione delle giovani generazioni; la finalità caritativa cioè dare un tetto, un posto a mensa, un lavoro…a chi non l’ha o l’ha perduto; la finalità affettiva cioè far sentire amato, accolto, compreso chi è stato condannato alla solitudine e all’abbandono; la finalità della giustizia e dei diritti umani…e tante altre.

    Ma forse non ci passerebbe neanche per la mente che per un cristiano la finalità ultima, la sola in grado di racchiudere, dare senso e completare tutte le altre è “portare tutti e ognuno in Paradiso” come diceva don Bepo ai suoi ragazzi e com’è scritto nella sua tomba.

    Qualche domenica fa, quando nella S. Messa ho detto che il Patronato è sorto e continua a esistere proprio per portare tutti in cielo, molti dissero di essere sobbalzati per la sorpresa. Questo stupore è il chiaro segno di come nel nostro tempo la pratica della fede cristiana e della stessa carità rischi di perdere l’orizzonte…Di come anche noi credenti –per dirla con un grande martire e testimone del nostro tempo, D. Bonhoeffer- siamo così impegnati nella realizzazione delle realtà penultime, da dimenticare le ultime. E realtà ultima è la volontà di Dio “che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tim 2,4); è la redenzione del mondo, la salvezza di ogni uomo e di tutti gli uomini; è la vita eterna, la comunione dei santi, il godimento di Dio.

    Realtà superate, antiche, non attuali? Tutt’altro: si tratta di una prospettiva irrinunciabile a chi vuole operare nel campo della carità, prospettiva senza la quale persino l’azione caritativa più impegnata e generosa rischia di diventare asfittica, di corto respiro e di esaurirsi nel tentativo di rincorrere gli infiniti problemi che affliggono la vita di poveri e diseredati, offrendo soluzioni parziali e insoddisfacenti e non fornendo quello che in fondo desiderano –pur senza saperlo- tutti i disperati e cioè uno scopo per il quale vivere e morire.

    Anche perché nel confronto con l’Islam c’è un ambito nel quale la fede cristiana può davvero fare la differenza: quell’aldilà, quel paradiso che ai nostri non interessa più, interessa (e molto!) a quei giovani fondamentalisti violenti e intolleranti che hanno fatto di esso la loro ragione per vivere, ma soprattutto per morire e far morire. E’ arrivata l’ora che i cristiani si riapproprino del cielo e ne facciano il loro scopo di vita, per scacciare quel mostro sanguinario che ne ha preso possesso e per restituirlo a Colui al quale appartiene di diritto: il Signore della pace e della gioia. E perché ritorni a essere la casa definitiva di quei poveri di spirito ai quali Gesù nel vangelo l’ha promessa in eredità. 

    don Davide Rota

     

     

     

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