4.a settimana di Quaresima
nell’immagine una fotografia di Franco Fontana
Proverbio del Giorno (proverbi latini)
AMICUM SECRETO ADMONE, PALAM LAUDA: Ammonisci l’amico in segreto, lodalo in pubblico
Tommaso Vives
inviato a Tunisi per redimere gli schiavi dei saraceni, nel nome di Cristo soffrì numerosi tormenti. Rinchiuso in carcere vi passò 5 anni finché condotto al supplizio fu lapidato mentre in orazione contemplava la visione del cielo e rifulse nelle aule celesti per la divina carità.
La Parola di Dio del giorno (Gv 5,17-30)
Gesù rispose ai Giudei: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero». Per questo i Giudei cercavano di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Gesù riprese a parlare e disse: «In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole; il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.
La Riflessione del Giorno A 103 anni dal primo genocidio del XX secolo, costato la vita a 1 milione e mezzo di cristiani armeni sotto l’impero ottomano tra il 1915 e il 1920, il Parlamento israeliano, ha nuovamente respinto un progetto di legge che avrebbe ufficializzato il riconoscimento del piano di sterminio. Eppure nel 1939, Hitler prese come esempio il genocidio armeno per strutturare l’Olocausto ebraico. Emblematico il discorso che fece nel 2001 l’allora ministro degli Esteri, Shimon Peres: «Niente è come l’Olocausto ebraico. Ciò che è capitato agli armeni è una tragedia, non un genocidio». E’ legittimo il tentativo ebraico di lottare contro il negazionismo o la damnatio memoriae della shoah, ma la presunzione di essere l’unico popolo ad aver sofferto genocidio non è assolutamente accettabile… |
Intenzione del giorno Preghiamo perché la pratica del digiuno generi una più autentica carità verso i bisognosi |
Don’t forget! 206° quadro de “i 1.000 quadri più belli del mondo”
Guido Reni (1575-1642) fu un pittore fra i maggiori del 1600. Molto apprezzato dai contemporanei, operò a Roma, a Napoli ma soprattutto a Bologna sua città natale. Vicino al classicismo dei Carracci, ne diede un’interpretazione personale, che fa intravedere la corposità barocca, dentro una struttura elegante e rigorosa e un altissimo uso del colore. La Strage degli Innocenti è con ogni probabilità il dipinto più noto di Guido Reni pittore da sempre contrapposto al Caravaggio. Da un punto di vista artistico l’immagine fa comprendere i contenuti filtrati dall’artista e voluti dal committente (il quadro fu dipinto a Roma per la Cappella Berò nella Chiesa di S. Domenico di Bologna). Innanzi tutto c’è l’evidente richiamo a Raffaello. Ancora: lo spazio in cui si compie l’eccidio è ridotto per concentrare l’azione sul primo piano. Il Reni poi progetta attentamente la disposizione dei personaggi per dare al gruppo maggiore potenza espressiva e creare un effetto di coinvolgimento emotivo nell’osservatore. La teatralità del dramma è sottolineata dagli edifici di destra e le mura di sinistra che creano l’effetto di un fondale su cui si muovono i personaggi: sei bambini con sei madri, due carnefici e due angioletti che attribuiscono le palme del martirio alle vittime innocenti.
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La composizione è un capolavoro di equilibrio costruito su due triangoli che s’incrociano al centro: il primo parte da terra, ha la base nei bimbi morti e la madre inginocchiata e il vertice nel pugnale del sicario. Il 2° ha la base in alto, che corre lungo il braccio del sicario di destra e il vertice sul polpaccio del bimbo morto visto di fronte. Le masse dei personaggi creano l’equilibrio della scena come le loro traiettorie che entrano ed escono dal dipinto. I colori del dipinto sono caldi in primo piano, freddi sullo sfondo. I sicari sono oscurati e il loro volto privo di espressione una scelta questa che spersonalizza il violento contro gli innocenti e che si ritrova in altre opere del periodo. Il pittore rappresenta un dramma, ma in modo paradossale, la cura con cui presenta volti, corpi, atteggiamenti, rende difficile |
all’osservatore cogliere la realtà di tragedia della scena…troppo perfetta per essere vera, verrebbe da dire. Ciò non toglie che ci si trovi di fronte a un capolavoro.
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