6a Settimana di Pasqua
nell’immagine il volto della Vergine raffigurato da Rogier van der Weyden
Proverbio del giorno
«Anche le scimmie cadono dagli alberi (Giappone)»
Pacomio
Nacque nell’Alto Egitto, nel 287, da genitori pagani: arruolato a forza nell’esercito imperiale a vent’anni, finì in prigione con le reclute. Protetti dall’oscurità, la sera i cristiani recarono loro un po’ di cibo e a Pacomio che domandò loro chi li spingesse a far questo, risposero: «Il Dio del cielo». Pacomio pregò il Dio cristiano di liberarlo dalle catene, promettendo in cambio di dedicare la vita al suo servizio. Tornato in libertà, adempì al voto e si unì a una comunità cristiana del sud Egitto, dove ricevette il battesimo. Condusse vita da asceta e nella solitudine del deserto fissò la sua dimora. Alla sua morte, i monasteri maschili da lui fondati erano nove, più uno femminile.
Ascoltiamo La Parola di Dio (Gv16,12-15)
Gesù disse ai discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà».
BREVE COMMENTO AL VANGELO
Per aprire la porta occorre la chiave giusta: se la chiave non è quella buona, la porta non si apre. Ma se la porta non si apre, non si entra nella casa del Padre, poiché Cristo ha detto: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Ora la chiave di accesso al Padre è Gesù e a Gesù noi abbiamo accesso nello Spirito Santo e solo per mezzo di Lui il Padre e il Figlio si fanno conoscere.
Riflessione Per Il Giorno (Frammenti di vita del Patronato)
Anni 1970: una mamma preoccupata dei risultati del figlio quindicenne si rivolge al direttore della scuola professionale del Patronato che la consiglia di parlare direttamente con il “don”. Questi, che è un prete spiccio nei modi e brusco nelle parole, ma di lunga esperienza e con un cuore grande, dopo averla ascoltata, le fa: “Dire che suo figlio va bene a scuola è troppo: ma ha il vantaggio che se arriva un’inondazione, lui si salva, perché sta a galla”. “Non capisco” risponde lei confusa “perché?”. “Ma cara la me sciura, perché ol sò sčett a l’è üna bora!”. Riavutasi dalla sorpresa, la mamma abbozza: “Vuol dire che andrà a lavorare, come suo padre”. “Ma no, lo lasci qui che ci pensiamo noi”. Con un po’ di fatica da parte sua e col sostegno dei docenti il ragazzo è riuscito a portare a termine gli studi e ha trovato lavoro. Nessuno è stato escluso, nessuno ha denunciato. Si è badato al sodo: ma erano tempi in cui le parole non facevano paura, perché si andava oltre le apparenze e contavano i fatti.
Intenzione del giorno
Preghiamo per don Giuseppe Capelli e tutti i sacerdoti defunti del Patronato S. Vincenzo
Don’t forget! 09-05-2003: muore DON GIUSEPPE CAPELLI, successore di don Bepo come superiore del PSV. Nato a Villa d’Almé il 1-04-1916, è ordinato sacerdote nel 1941. Stretto collaboratore di don Bepo, alla sua morte nel 1975 gli succede come Superiore, mantenendone lo spirito e l’opera. Al termine del mandato nel 1988 a 72 anni decide di andare in Bolivia dove resta fino al 1998. Tornato in Italia trascorre gli ultimi anni presso il Patronato. Si spegne il 9 maggio 2003. |
09-05-1978: LE BRIGATE ROSSE UCCIDONO ALDO MORO. Oggi si celebra la Giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi |
215° quadro de: “1.000 quadri più belli del mondo”
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Francisco Ribalta (1565 – 1628) è pittore spagnolo del periodo barocco, che si occupò principalmente di soggetti religiosi. Dopo gli anni di apprendimento a Madrid, Ribalta si stabilì a Valencia e divenne uno tra i primi seguaci in Spagna dello stile di Caravaggio come è evidente nel quadro che rappresenta un episodio miracoloso della vita di S. Bernardo in cui il Cristo si schioda dalla croce per abbracciare e consolare il Santo in preghiera. Ribalta impiega una tavolozza di forti contrasti. La stanza è molto buia, il che se da un lato impedisce di valutare le dimensioni e l’arredamento della cella del monaco, ottiene però il risultato di favorire |
la miracolosa manifestazione della divinità, lontano dai riferimenti terreni. La tensione emotiva è creata dall’accesa sorgente di luce che colpisce direttamente il corpo del Cristo e il volto del santo: questa luminosità concentra lo sguardo sul tenero gesto di Cristo. La luce non è quella naturale, ma quella artificiale delle candele che produce l’effetto di ingiallire la pelle e appiattire i corpi, che appaiono quasi senza volume come intagliati sullo sfondo scuro. I personaggi sembrano estendersi oltre la cornice e acquisire una dimensione monumentale adeguata all’evento soprannaturale allo scopo di favorire la contemplazione privata da parte dei fedeli. Il dipinto anticipa lo Zurbarán che non potrebbe essere spiegato senza un precedente così evidente come quello offerto dal Ribalta.
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