XX Settimana del tempo ordinario
Proverbio del giorno
Il carbone se ne ride della cenere; ma non sa che l’attende la stessa sorte. (Tanzania)
Iniziamo la giornata pregando
O Padre, fonte di sapienza, che nell’umile testimonianza dell’apostolo Bartolomeo hai posto il fondamento della nostra fede, dona a tutti gli uomini la luce del tuo Spirito, perché riconoscendo in Gesù di Nazareth il Figlio del Dio vivente, diventino pietre vive per l’edificazione della tua Chiesa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio…Amen”.
Bartolomeo Apostolo: Nato a Cana di Galilea, fu condotto da Filippo a Cristo Gesù presso il Giordano e il Signore lo chiamò poi a seguirlo, aggregandolo ai Dodici; è identificato con Natanaele (Bartolomeo significa figlio di Tolomeo). L’apostolo avrebbe predicato in India e in Armenia dove avrebbe subito un crudele martirio: scorticato e crocifisso. I suoi resti mortali si trovano nella basilica di S. Bartolomeo, nell’isola Tiberina a Roma. Nel 1238 il cranio dell’apostolo fu portato a Francoforte sul Meno, nel duomo. S. Bartolomeo è considerato il protettore di macellai, conciatori e rilegatori.
La Parola di Dio del giorno Giovanni 1,45-51.
Filippo incontrò Natanaele e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth». Natanaèle esclamò: «Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico». Gli replicò Natanaèle: «Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo».
Riflessione Per Il Giorno (Thomas Merton)
Se conosciamo quanto è grande l’amore di Gesù per noi, non avremo mai paura di andare a Lui in tutta la nostra povertà, debolezza, miseria e infermità spirituale. Anzi, quando arriviamo a capire di che genere sia il suo amore per noi, preferiamo di andare a Lui in veste di poveri e derelitti: non ci vergogneremo mai della nostra miseria. La miseria torna tutta a nostro vantaggio quando non abbiamo da cercare altro che misericordia. Possiamo essere contenti del nostro stato di indigenza, se siamo veramente convinti che la potenza di Dio si perfeziona nella nostra infermità. Il segno più sicuro che abbiamo ricevuto una comprensione spirituale dell’amore che Dio ha per noi, è l’apprezzare la nostra povertà alla luce della sua infinita misericordia. Dobbiamo amare la nostra povertà come la ama Gesù. Essa ha tanto valore agli occhi suoi, che è morto sulla Croce per presentare la nostra povertà al Padre suo e arricchirci dei tesori della sua misericordia infinita. Dobbiamo amare la povertà degli altri come la ama Gesù. Dobbiamo vederli con gli occhi della sua compassione. Ma non possiamo avere una vera compassione degli altri se non siamo disposti a essere oggetto di pietà e a ricevere perdono per i nostri peccati. Non sappiamo realmente perdonare se non conosciamo che cosa sia essere perdonati. Dovremmo dunque essere contenti che i nostri fratelli ci possano perdonare. È il perdono scambievole che rende manifesto nella nostra vita l’amore che Gesù ha per noi, perché nel perdonarci a vicenda ci comportiamo nei confronti degli altri così come Gesù fa con noi.
Intenzione del giorno
Preghiamo per il Papa Francesco e per il suo difficile ministero nella Chiesa e nel mondo
Don’t forget! Foto della settimana: Felice Gimondi
Felice Gimondi era un uomo generoso che, umilmente, voleva che il suo valore fosse ammesso dai rivali e capito da tutti. La sua ragione era pratica: poche scuse, tanti fatti. Netto e combattivo, come la scorza semantica del suo ciclismo. Duro e svelto come l’estetica della strada. Gimondi fu l’ultimo mito di un’epoca sportiva in cui il ciclismo era amato da tutti, con un tessuto sociale e la sua passione identitaria. Amaramente, diceva che «se oggi non è più così, è perché il ciclismo rispecchia la situazione del nostro paese». Quando lo chiamai per gli auguri di buon compleanno, mi disse che alle corse non ci sarebbe andato più: «Perché ho mal di schiena e soffro a stare al palo senza correre in bici!». Piango, rido e non sai perché. Ciao Felice, piena di te è la curva del silenzio. (FABIO DISINGRINI)
Sopra: due campioni e fieri avversari, poi diventati grandi amici si stringono la mano: Felice Gimondi ed Eddy Merckx. Sotto: Felice Gimondi visita il Patronato su invito di don Bepo ed è festeggiato dai ragazzi per le sue imprese sportive. Nella foto si riconoscono fra gli altri don Capelli e don Minelli.
i borghi d’Italia – Vernazza
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