nell’immagine un dipinto di William Vincent Cahill
XXVa Settimana T. Ordinario
Proverbio del giorno (proverbio giapponese)
Alla prima coppa, l’uomo beve il vino; alla seconda, il vino beve il vino; alla terza, il vino beve l’uomo.
Iniziamo la Giornata Pregando (Preghiera della speranza)
Signore, quando ho l’anima piena di amarezza e rischio di essere sopraffatto dallo sconforto, dammi la forza di accettare questa sofferenza che mi fa partecipe della tua passione e del tuo dolore. E se in un istante di debolezza mi dovesse sfuggire un gesto di rivolta, protestando la mia innocenza, ricordami, o Signore, che tu stesso, pur essendo infinitamente buono, sei stato crocifisso. Rinnova in me il coraggio di affrontare quanto mi riserva la legge misteriosa del dolore, che giorno dopo giorno va restaurando nel mondo la forza di vivere e sperare. Amen
Sergio di Radonezh (1322-1392)
fu il più grande leader spirituale e riformatore monastico della Russia medievale e insieme a Serafino di Sarov è il più venerato fra i santi russi. Di famiglia contadina, a vent’anni inizia un’esperienza di eremitaggio insieme al fratello Stefano nella vicina foresta: presto altri si uniscono a loro e nasce così il monastero della SS. Trinità (Troice Lavra) importante centro di spiritualità russo meta di pellegrinaggi del mondo ortodosso.
Ascoltiamo la Parola di Dio Luca 9,18-22
Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».
Riflessione Del Giorno (Cesare Cavalleri)
«Ci preoccupiamo spesso di lasciare una qualche eredità consistente ai nostri figli e nipoti; chi può farlo, sogna di trasmettere un cospicuo conto in banca, ma l’autentico educatore sa che occorre tramandare, soprattutto, due dimensioni: le radici, giacché senza radici non si generano frutti, e le ali per volare innanzi. E trasmettere la speranza come eredità significa proprio questo: offrire alle generazioni più giovani radici per consistere e ali per slanciarsi» (dal libro: La speranza di Giuseppe Goisis).
La pandemia ha accentuato che noi abbiamo bisogno oggi soprattutto di speranza, con la tendenza attuale a considerare il prossimo come pericoloso untore: “homo homini virus”. La speranza nel libro è analizzata da angolazione filosofica e con scientifico rigore. Felicemente anche la speranza cristiana fa capolino e la teologia ha la sua parte. Fra gli autori citati Filone di Alessandria: «la speranza è una gioia prima della gioia»; Dante, cantore della speranza cristiana, che usa un verbo di straordinaria pregnanza: “indiarsi” citando Clemente Alessandrino che aveva scritto: «Il Verbo di Dio si è fatto uomo affinché tu impari come l’uomo possa diventare Dio». Goisis intravede la speranza come «il possibile dentro l’impossibile, rappresentando quell’energia, di origine emozionale ma anche ragionevole e spendibile storicamente e politicamente, che ci trasporta oltre l’evidenza menzognera dell’ostacolo presunto come invalicabile». Ancora: «La speranza è un’autentica passione per il possibile», interpretata da Charles Péguy, poeta amatissimo da Goisis: «La speranza non è una virtù come le altre, è una virtù contro le altre. Quando loro scendono, lei sale, quando tutto scende, solo lei risale e così le doppia, le decuplica, le allarga all’infinito». In ultima analisi, «la speranza è speranza di giustizia; è speranza di tutti e per tutti, o non è». In un rapido passaggio, Goisis riprende la distinzione tra spazio e tempo, cara a papa Francesco. Siamo tutti viandanti pellegrini e «lo spirito del nomadismo, relativizzando lo spazio, afferma per converso un primato del tempo e, in particolare, del tempo disponibile, cioè del futuro». Ed è sempre Francesco ad ammonire, come antidoto alla paura e all’indifferenza: «Non fatevi rubare la speranza».
Intenzione del giorno
Preghiamo per i sacerdoti perché siano fedeli testimoni di Gesù Cristo.
Il ricordo e il grazie… Mario Pagani
L’Ingegnere che ha ridato voce a migliaia di campane Morto il 01 aprile 2020 |
Quante campane ha fatto suonare a festa, Mario. Mario Pagani, 61 anni, vicesindaco di Castelli Calepio, amministratore della ditta Fratelli Pagani che ha restaurato le campane di mezza Italia e non solo. Era un padre affettuoso e sempre presente: spronava i figli a correre in bici o in moto, di cui lui stesso era appassionato, e non si perdeva nemmeno una gara. Si divideva tra famiglia, municipio e azienda: la sua vita era questa. Mancheranno lui, i baffi, il sorriso buono, le battute mai banali, il suo cuore grande. Ma la famiglia, con la moglie Manuela, i figli Stefano con Silvia e Ludovica, Michele con Stefania, Nicolò e Filippo, i parenti e i suoi amici lo ricorderanno con tanta dolcezza, amore e orgoglio
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