mercoledì 18 novembre ’20

     

     

     

    nell’immagine un dipinto di Emile Friant

     

     

    XXXIIIa Settimana t. Ordinario

     

    Proverbio (Bibbia)

    Buona è la ricchezza onesta, pessima la povertà dell’empio

     

    Preghiera del giorno (preghiera colletta)

    O Dio, che vegli sulle sorti del tuo popolo, accresci in noi la fede che quanti dormono nella polvere si risveglieranno; donaci il tuo Spirito, perché operosi nella carità attendiamo ogni giorno la manifestazione gloriosa del tuo Figlio, che verrà per riunire tutti gli eletti nel suo regno. Amen

     

    DEDICAZIONE BASILICHE APOSTOLI SS.PIETRO E PAOLO A ROMA

    Pietro e Paolo, sono sempre associati nella liturgia della Chiesa Romana. Le due basiliche, trofei del martirio di Pietro e Paolo, furono erette sul sepolcro dei due apostoli. Meta di ininterrotto pellegrinaggio attraverso i secoli, sono segno dell’unità e della apostolicità della Chiesa di Roma

     

    La Parola di Dio del giorno Dio Luca 19,11-28.

    Gesù disse una parabola: «Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare. Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno. Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un’ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi. Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine. Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città. Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine. Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città. Venne poi anche l’altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto; avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato. Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi. Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci Gli risposero: Signore, ha già dieci mine! Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

     

    Riflessione del giorno (Roberto Mussapi)

    «L’amore dona a chi ama un occhio così acuto/ che se un’aquila lo fissa ne è abbacinata. / L’orecchio che ama ode ogni impercettibile suono, / quello che elude anche l’orecchio del ladro. / Il tatto di chi ama diviene delicato e sensibile/ come le antenne di una lumachina. / Il palato di chi ama è più fine di quello di Bacco, / e il suo valore eguaglia quello di Ercole».

    Tutti li miei pensier parlan d’amore, leggendario verso dello Stil Novo, veritiero. Amore è al centro del mondo e quindi dell’opera che artisti e poeti creano a felice imitazione del mondo, nel suo splendore e nella sua realtà tragica. Shakespeare ci ha insegnato tutto sull’amore, ma non solo nelle tragedie supreme, come Romeo e Giulietta, bensì, fatto ancor più prodigioso, nelle commedie. E in una leggerissima, fatata commedia come Pene d’amor perdute, un giovane fino a ieri scanzonato e ora di colpo innamorato, recita parole smaglianti sull’amore come felice passione, che supera ogni dote, talento, virtù, ogni visione o sogno. Meravigliosamente Shakespeare ci svela, sorridendo, come l’amore renda infallibilmente acuta la vista, sensibilissimo l’udito, inarrivabile il tatto… L’amore non acceca, come recita un luogo comune. Esalta, come recita Shakespeare.

     

    Intenzione del giorno

    Preghiamo per le vocazioni sacerdotali e religiose nella nostra diocesi e in tutta la chiesa.

     

    Don’t forget! – Santi e Beati della carità

     

    Elisabetta d’Ungheria

    1207-1231

     

    A 4 anni è già fidanzata: suo padre, il re Andrea II d’Ungheria e la regina Gertrude sua madre l’hanno promessa in sposa a Ludovico, figlio ed erede del langravio (Re) di Turingia. E subito viene condotta nel regno del futuro marito, per vivere e crescere lì, tra la città di Marburgo e Wartburg il castello presso Eisenach. Nel 1217 muore il langravio di Turingia, Ermanno I e gli succede il figlio Ludovico il quale nel 1221 sposa Elisabetta (di soli 14 anni) che viene chiamata “Elisabetta di Turingia”. Nel 1222 nasce il primo figlio, Ermanno; seguono due bimbe: nel 1224 Sofia e nel 1227 Gertrude. Ma quest’ultima viene al mondo già orfana di padre. Ludovico si è adoperato per la sesta crociata in Terrasanta, ma lo uccide un male contagioso a Otranto. Vedova a 20 anni con tre figli, Elisabetta riceve indietro la dote, e c’è chi fa progetti per lei: può risposarsi o entrare in monastero come altre regine. Ma lei dà retta a voci francescane e per i poveri offre il denaro della dote (costruirà un ospedale) e ai poveri offre l’intera sua vita. Visita gli ammalati 2 volte al giorno e raccoglie aiuti facendosi mendicante, il tutto rimanendo nella sua condizione di vedova, di laica. La scelta di povertà scatenò la rabbia dei cognati che arrivarono a privarla dei figli.

    Dopo la sua morte, il confessore rivelerà che, ancora vivente il marito, lei si dedicava ai malati, anche a quelli ripugnanti:” Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle sue spalle, prodigandosi sempre, senza mettersi tuttavia in contrasto con suo marito”. Si faceva dare del tu dalle donne di servizio ed era attenta a non eccedere con le penitenze personali, che potessero indebolirla e renderla meno pronta all’aiuto. Ma vive da povera e da povera si ammala, rinunciando a tornare in Ungheria, come vorrebbero i genitori, re e regina. Muore in Marburgo a 24 anni, subito “gridata santa” e in pochi anni si arriva alla canonizzazione nel 1235 a opera di papa Gregorio.  E’ compatrona dell’Ordine Francescano secolare assieme a S. Ludovico.

     

     

     

     

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