mercoledì Santo nell’immagine Gesù conferma il tradimento di Giuda Iscariota
Mercoledì della Settimana Santa
Proverbio del giorno
Nemmeno il cavallo più veloce può raggiungere una parola detta con rabbia.
Preghiera del giorno
Padre, tu hai offerto il Figlio unigenito come vittima del tradimento per operare la nostra redenzione.
Concedici di identificarci con tutte le vittime, di sperare il perdono di tutti i traditori e di lodarti per la meravigliosa provvidenza per mezzo della quale tutte le cose, per chi ti ama, procedono verso il bene.
Signore, nella tua passione, tu, che sei l’amore, sei stato tradito dal segno stesso dell’amicizia.
Liberaci dal vizio; purificaci da una virtù finta, perché, come il ladrone pentito, ci confessiamo a te.
Ricordati di noi quando verrai nella tua potenza regale.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.
GUIDO DI POMPOSA, ABATE.
Nativo di Casamari (Ravenna) nella seconda metà del X sec. da giovane si dedicò agli studi.
La sua vita ebbe una svolta quando decise di donare i suoi abiti ai poveri e di ricoprirsi di un saio.
Fece un pellegrinaggio a Roma e da lì in Terra Santa; ma una volta tornato a Ravenna si ritirò a vita eremitica sotto la guida dell’eremita Martino, abate di Pomposa, di cui fu successore nel 998.
Sotto la sua guida il monastero conobbe un periodo florido, per il gran numero di monaci presenti.
Collaborò con l’arcivescovo Gebeardo alla riforma, favorì le nuove teorie sul campo musicale liturgico, ebbe fra i suoi monaci Guido d’Arezzo, inventore del pentagramma.
Aderendo all’invito dell’imperatore Enrico III di recarsi a Piacenza, non poté raggiungere il luogo: malato dovette fermarsi a Borgo San Donnino, dove morì il 31 marzo 1046.
La Parola di Dio del giorno Mt 26,14-25
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?».
E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”».
I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici.
Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?».
Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».
Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
Riflessione del giorno (carlo acutis: così si ascolta la voce di dio)
«Invocare Dio? Si fa presto a dirlo, ma ci vuole tanta energia, fiducia, amore, assiduità, diligenza, sofferenza, se si vuole invocare con profitto il Signore.
È vero, si può farlo spontaneamente, istintivamente, emotivamente, ma si corre il rischio di non riuscire. Si può fare un buco nell’acqua.
Se umanamente ci si mette in ghingheri per parlare con un’autorità, perché non cercare di fare altrettanto quando ci si vuol mettere in contatto con il Signore?
Certamente i canoni non sono gli stessi, ma i sistemi di approccio possono benissimo somigliarsi.
Dunque rivolgersi. E come? Pensando chi? L’Essere.
Un piccolo essere si rivolge all’Essere. Un finito all’Infinito. Un momento all’Eterno. Un ignorante all’Onnisciente.
Questo pensiero fa tremare le vene e i polsi. Mi si dice che Dio vuole essere chiamato Padre.
Ha pensato l’uomo, l’ha voluto, l’ha creato, l’ha elevato e adottato.
Rimescolio di sentimenti, confusione di parole, farfugliamenti, balbettii. E poi…?
E poi ci si rivolge. Il migliore modo per rivolgersi a Dio è il «silenzio». Silenzio di eternità. Silenzio di attesa. Silenzio di amore. Grande cosa è il pregare.
Accolgo dalla bocca del Signore la parola di consolazione. Parola di consolazione, parola che consola. Parola che conforta, parola che fortifica, parola che illumina, parola che riscalda, parola che rinsavisce, parola che risuscita».
Intenzione di Preghiera del giorno
Perché in questi giorni di grazia speciale lasciamo spazio alla preghiera, al silenzio, all’incontro con Dio nell’ascolto e nella comunione.
Don’t Forget! – Santi e beati della carità: BEATA ELISABETTA VENDRAMINI
Elisabetta Vendramini, nata a Bassano del Grappa il 9-4-1790 da famiglia aristocratica, studia dalle Suore Agostiniane.
È una 17enne corteggiatissima in Bassano, ma delude tutti, e solo a 22 anni trova il tipo giusto: un ragazzo di Ferrara.
Vince la resistenza dei suoi (per le modeste condizioni di lui), ma poco prima delle nozze tronca tutto. E ha 27 anni.
Resta in casa fino ai 30, poi va a fare la maestra nell’orfanotrofio locale, tenuto dalle Terziarie francescane.
Ma l’Istituto è un disastro per colpa di una superiora dispotica, così che Elisabetta allora all’istituto degli “Esposti” in Padova, che accoglie bambini abbandonati.
Ma dura poco anche qui, perché non condivide l’impostazione pedagogica troppo aristocratica, a suo giudizio.
Va a finire, sempre a Padova, in un luogo dal nome deprimente: “Casa degli sbirri”.
“Nel novembre 1828 fui posta da Dio con una compagna in una splendida reggia della santa povertà, priva persino del letto”.
In due aprono una scuola gratuita lì, tra bambini abbandonati e vecchi infermi, cosicché devono farsi bambinaie, maestre, infermiere.
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E la situazione ispira a Elisabetta il disegno di un istituto di religiose addestrate all’intervento su più fronti.
Comincia a raccogliere le prime giovani sotto il nome di Francescane Elisabettine (in onore di santa Elisabetta d’Ungheria.
Un’agile istituzione che si modella su necessità e situazioni diverse, agganciata ai bisogni di ciascun momento.
Dal 1835 in poi, le Elisabettine si moltiplicano, aprono scuole, vanno a servire emarginati, vecchi, infermi.
Fronteggiano un’epidemia di colera, creano asili d’infanzia. Tante necessità, tanti interventi.
Struttura e stile dell’Istituto si rivelano adatti ai tempi e alla fine del XX sec. le suore saranno 1.500, attive in Europa, Africa, Medio Oriente, America latina.
La fondatrice è morta prima delle approvazioni, appena dopo aver dato slancio alla sua opera.
Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 4 novembre 1990.
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