martedì 13 luglio ’21

     

    15a Settimana del tempo ordinario

     

    Proverbio del giorno (Orientale)

    Avere buoni vicini di casa è come avere una casa più grande.

     

    Preghiera del giorno (di Gregorio di Nazianzo)

    All’inizio del giorno offro a Dio la mia destra nella promessa di non compiere né permettere nulla di male, ma di dedicarti, o Signore, questo nuovo giorno, rimanendo fermo nei propositi e dominando le passioni.

    L’essere ancora così mediocre, mi rende vergognoso, soprattutto per la mensa santificata cui io partecipo. Queste sono le mie intenzioni, o mio Cristo: e tu guidami sulla retta via. Amen.

     

    Santo del giorno

    ENRICO II IMPERATORE. (973 – 1024) Enrico II è esempio di rettitudine nell’arte del governo: per questo è patrono delle teste coronate. Nato nel 973 vicino a Bamberga, Baviera, crebbe in un ambiente cristiano.

    Il fratello Bruno divenne vescovo di Augsburg, una sorella si fece monaca e l’altra sposò un futuro santo, il re d’Ungheria Stefano.

    Enrico venne educato prima dai canonici di Hildesheim e, in seguito, dal vescovo di Regensburg (Ratisbona), san Wolfgang.

    Si preparò così all’esercizio del potere, cosa che avvenne dapprima quando divenne Duca di Baviera, e poi nel 1014 quando ” già re di Germania e d’Italia ” Papa Benedetto VIII, lo incoronò a guida del Sacro Romano Impero. Enrico morì nel 1024. Fu lui a sollecitare l’introduzione del Credo nella Messa domenicale.

     

    La Parola di Dio del giorno – Matteo 11,20-24

    Gesù rimproverò le città in cui era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidone fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi.

    E tu, Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sodoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Sodoma sarà trattata meno duramente di te!».

     

    Riflessione del giorno (Mons. Galatino Abitare le parole)

    RAMMARICO

    Rammaricare dal latino amaricare = rendere amaro in riferimento all’amarezza, in un mix di delusione e rimpianto.

    Il rammarico infatti non è un sentimento neutrale: influisce sulla qualità della vita e delle relazioni che può contribuire a migliorare, ma può anche sviluppare risentimento o insoddisfazione.

    Questi atteggiamenti riesce a evitarli solo chi è consapevole di aver scelto uno scopo di vita definito e desiderato. Che è tutt’altro rispetto alla vita vissuta come gli altri si aspettano da te.

    Del rammarico di una vita lontana dai propri desideri e possibilità, Isacco di Ninive afferma che è l’unico inferno da cui non c’è speranza di uscire, perché ha per madre l’insoddisfazione e tende a trasformarsi in accusa verso gli altri e in solitudine.

    E cos’è l’inferno se non l’esperienza dell’isolamento e dell’esclusione? Ma c’è un rammarico che aiuta a rendere migliore la vita e che è conveniente coltivare.

    È il rammarico frutto dell’esame delle esperienze di vita, che fa capire di non avere osato abbastanza o di non aver detto la parola giusta quando sarebbe stato opportuno dirla.

    Ma che ci fa capire anche di avere ancora il tempo, le occasioni e le energie per farlo.

    Questo rammarico può aiutare a fissare con realismo e chiarezza d’intenti altri obiettivi o a raddrizzare i percorsi sbagliati e diventa stimolo per decidere e puntare dritto al fine, mettendo in guardia dagli errori passati.

     

    Intenzione di preghiera del giorno

    Perché la meditazione sul fine della vita e sulla sua fine, ci aiuti a non vivere di rimpianti e risentimenti.

     

    Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo

    JACQUES LOUIS DAVID: MARAT ASSASSINATO

    1793 – olio su tela – 165 X 127 cm – Musée Royaux de Beaux Arts – Bruxelles Belgio

    La morte di Marat di Jacques L. David, raffigura la tragica morte del rivoluzionario avvenuta nella sua vasca da bagno, poiché una malattia della pelle costringeva il rivoluzionario francese a trascorrere parecchie ore del giorno immerso in acqua calda per recare sollievo all’epidermide.

    Marat aveva dato vita al giornale L’Ami du peuple nel quale esprimeva pensieri radicali in merito alla Rivoluzione Francese scoppiata nel 1789.

    Assunta la carica di Presidente dei Giacobini, egli pubblicò una serie di articoli che incitavano il popolo francese a ribellarsi contro i girondini. Il 7-6-1793 fu eletto un governo giacobino e lo stesso anno, la rivoluzionaria Charlotte Corday, si recò a Parigi per uccidere Marat e si fece ricevere grazie a una falsa lettera di supplica.

    Il 13-7-1793 la Corday pugnalò Marat in petto con un coltello: lo fece perché convinta che stesse tradendo gli ideali della Rivoluzione Francese scatenando la guerra civile e vedendo in lui la personificazione del Terrore.

    E poiché Marat e David erano legati da profonda amicizia, l’artista decise di accettare l’incarico da parte della Convenzione per ricordare l’assassinio, raffigurando nell’ottobre 1793, dopo 3 mesi di lavoro, il momento della morte di Marat.

    Fin da subito il quadro attirò l’attenzione del pubblico sia per la modalità della raffigurazione dell’omicidio sia per l’effetto sullo spettatore chiamato a immedesimarsi nella sofferenza del protagonista per l’atroce destino subito.

    La tela ha pochi colori: predomina il bianco delle lenzuola e dell’asciugamano che copre il capo, il verde olivastro del panno e la carnagione chiara dell’uomo.

    È visibile anche una cassa in legno grezzo con un foglietto al quale il pittore affida la dedica: «A Marat, David. 1793. L’an Deux».

    Sul davanti della cassa è inciso: “Non avendo potuto corrompermi, mi hanno assassinato”. Altri oggetti sono il coltello insanguinato sul pavimento, il calamaio con l’inchiostro e i fogli sulla panca utilizzata da Marat come scrittoio.

    La testa dell’uomo è chinata sul lato, la morte è recente come dimostra il sangue di un rosso vivace. Il braccio destro cade a terra, ma la mano stringe ancora la penna; il braccio sinistro è appoggiato sul bordo della vasca con in mano la lettera ricevuta dalla Corday: «13 luglio 1793. Marie Anne Charlotte Corday al cittadino Marat.

    Basta che io sia tanto infelice per aver diritto alla vostra benevolenza…». La postura del corpo richiama quella del Cristo morto di Caravaggio nella Pinacoteca Vaticana.

    Ormai assurto a icona pubblica, il quadro di David ha ispirato molti artisti del Novecento: tra gli ammiratori troviamo Edvard Munch e Pablo Picasso.

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