giovedì 30 settembre ’21

     

    26a Settimana del tempo ordinario

     

    Aforisma del giorno Gandhi

    Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre.

     

    Preghiera del giorno – Salmo 90

    Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo. Saziaci al mattino con la tua grazia: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. Dacci gioia per i giorni di afflizione, per gli anni in cui abbiamo visto la sventura.

    Si manifesti ai tuoi servi la tua opera e la tua gloria ai loro figli. Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l’opera delle nostre mani, l’opera delle nostre mani rafforza.

     

    Santo del giorno

    S. SOFIA. Sposata col ricco senatore Filandro, dall’unione nacquero tre figlie: Fede, Speranza e Carità. Dopo la morte del marito, lasciò Milano e distribuite le sue ricchezze ai poveri, partì per Roma.

    A Roma si recava spesso nelle prigioni dove erano rinchiusi i cristiani, un atteggiamento il suo che non passò inosservato agli occhi di Adriano, imperatore che chiamò in tribunale Sofia e le figlie. Le donne professarono la fede in Cristo, il che costò loro il martirio.

    Sofia, dopo essere stata torturata, fu costretta ad assistere alle sofferenze e al martirio delle sue figlie, uccise una dopo l’altra. La povera madre ne recuperò i corpi e li fece seppellire fuori dalle mura della città: ma il dolore fu così grande che morì solo 3 giorni dopo di crepacuore, raggiungendo le figlie in cielo.

    Oggi si ricorda anche S. GIROLAMO il padre della Chiesa autore della traduzione latina della Bibbia nota come Vulgata

     

    Parola di Dio del giorno

    Gesù designò altri 72 e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.

    Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”.

    Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sodoma sarà trattata meno duramente di quella città».

     

    Riflessione del giorno – Mattutino di Mons. Ravasi

    La ferma convinzione religiosa, la sua angoscia, la sua fiducia, il suo senso del peccato, tutto scivola molto lentamente nella laicità e si confonde fin quasi a sparire. Quello che una volta era importante, ora sembra lontano.

    Non è una rottura drammatica, scivola solo via. Questa citazione è tratta da un libro di uno dei più noti scrittori svedesi contemporanei, Per Olov Enquist.

    Il filo narrativo parte dal 1934 in uno sperduto villaggio puritano della Svezia settentrionale, nel silenzio delle nevi e del cielo stellato, e procede percorrendo l’Europa con la storia tormentata del secondo ‘900. Una delle tappe è quella della perdita della fede, istillata dalla madre, maestra elementare, nel cuore e nella carne del figlio.

    Ma quest’anima così radicata lentamente si dissolve e non è un trauma etico o metafisico o storico a creare questa dissipazione, ma è un puro e semplice «scivolar via». Pensando a un avverbio per rappresentare la crisi sceglierei: «insensibilmente». In esso si racchiude la storia di tanti giovani e forse anche di alcuni di noi. Non è stata una ribellione contro Dio e neppure un evento scandaloso a cancellare la fede.

    È stato solo un progressivo disfacimento a cui non si è fatto caso e che in modo impercettibile –insensibilmente– ha cancellato Dio: in questo modo fede, grazia, peccato, colpa sono diventate parole senza senso e senza riscontri vitali. Sono «scivolati via» ed è rimasto solo il vuoto. Fermiamoci e riflettiamo prima che tutto si dissolva.

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Per tutte le persone che ogni giorno si raccomandano alla preghiera dei sacerdoti e collaboratori del Patronato S. Vincenzo.

     

    Don’t Forget! Santi e beati della carità

    Beato Federico Albert 1820-1876

    Federico Albert nacque il 16 ottobre 1820 a Torino, primo dei sei figli di Lucia Riccio e del generale Luigi Albert dello Stato Maggiore del Regno Sabaudo. Raggiunti i 15 anni, la famiglia era convinta che fosse inclinato alla carriera militare, ma Federico mentre un giorno stava pregando presso la tomba del Beato Valfré, sentì l’ispirazione di diventare sacerdote.

    Il padre fu sorpreso e contrariato, ma non oppose difficoltà e a 16 anni Federico indossò l’abito talare e cominciò la formazione presso la Facoltà Teologica dell’Università di Torino: nel 1843 si laureò e fu ordinato prete. Per la posizione del padre e per le sue spiccate doti, fu nominato dal re Carlo Alberto Cappellano di Corte, compito che Padre Federico esercitò senza isolarsi dal ministero ordinario e impegnandosi a sollevare i bisogni dei poveri e derelitti che a Torino in via di industrializzazione erano numerosi.

    Ma l’insoddisfazione di non poter esercitare a tempo pieno il suo ministero sacerdotale, gli fece lasciare l’incarico a Corte per cui era molto apprezzato dai regnanti: si presentò a s. Giovanni Bosco, che l’accolse tra i suoi collaboratori e gli diede l’incarico nel 1848, di predicare gli Esercizi spirituali ai giovani dell’Oratorio di Valdocco. Ancora per due anni dal 1850 al 1852 si dedicò al ministero presso la parrocchia di S. Carlo; nel 1852 ebbe l’incarico di vicario e poi come parroco a Lanzo Torinese.

    Padre Albert fece diventare Lanzo, il centro delle istituzioni scolastiche e sociali della valle. Il programma di parroco è racchiuso nella scritta apposta nell’atrio della casa parrocchiale “Il Buon Pastore dà la vita per le sue pecorelle”. Fondò l’asilo infantile nel 1858; nel 1859 l’Orfanotrofio per le fanciulle abbandonate e nel 1866 realizzò l’educandato femminile con la scuola elementare, con corsi di francese, di disegno, di musica e per la preparazione a diventare maestre.

    La sua opera ebbe diffusione e apprezzamento, perché all’epoca era impedito alle ragazze di accedere all’istruzione; nel 1864 si adoperò affinché don Bosco aprisse a Lanzo un Oratorio, che poi diventò un Collegio per i ragazzi. Grande predicatore tenne varie volte gli esercizi spirituali per clero e laici. Alla fine nel 1869, per assicurare la continuità delle sue opere educative, p. Albert fondò l’Istituto delle “Suore Vincenzine di Maria Immacolata” oggi note come “Suore Albertine” che esercitano il ‘servizio’ nei campi dell’educazione, istruzione, assistenza. Rifiutò le proposte di diventare vescovo, per restare accanto alle sue opere.

    Sulla scia della “questione operaia” esplosa in quel periodo, padre Albert capì l’importanza di aprire una “questione contadina” e nel 1873 fondò una Colonia Agricola per formare agricoltori onesti, religiosi ed esperti.

    E fu proprio nei pressi della Colonia Agricola, che padre Federico cadde da un’impalcatura da sette metri d’altezza; resisi conto della gravità del suo stato, gli furono amministrati i sacramenti e al suo capezzale accorse anche s. Giovanni Bosco; padre Albert morì due giorni dopo, la mattina del 30-9-1876. È stato beatificato da papa Giovanni Paolo II il 30 settembre 1984.

     

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