Dopo mesi di siccità che hanno ridotto i grandi fiumi a rigagnoli e dopo giorni di afa insopportabile, l’improvviso e violento acquazzone che si abbatte sulla città è accolto come un dono del cielo: durerà meno di un’ora, ma noi non lo sappiamo e ci fidiamo delle previsioni meteo che annunciano scrosci fino alle 22.
Mentre al riparo aspettiamo che la fase più violenta del temporale passi, mi corre l’occhio sullo smartphone di un giovane ospite che, insieme a me e ad altre due o tre persone, aspetta che la pioggia diminuisca: «Che cerchi?» chiedo. «Il meteo» fa lui. «Voglio controllare che tempo fa a Bergamo».
Davanti al ragazzo la pioggia scende a fiumi e nel cortile l’acqua è già alta una decina di centimetri, ma lui sembra non vedere quel che capita, forse perché non avendo mai staccato gli occhi dal cellulare, non li ha usati per ciò a cui servono e cioè guardare la realtà.
Che nel bel mezzo di un acquazzone uno senta il bisogno di chiedere informazioni meteo a internet, la dice lunga sul nostro modo di leggere la realtà.
Ma non stupiamoci: giorni prima un amico che aveva assistito all’apertura delle cascate del Serio, mi mostrò una foto con centinaia di persone che contemplavano rapite lo straordinario spettacolo… tutte, senza eccezione, attraverso il telefonino.
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