Mercoledì 26 ottobre 2022

     

    XXX Settimana tempo ordinario

     

    Aforisma del giorno di don Bepo Vavassori

    Il prete deve essere il prisma che riflette sul prossimo la luce che arriva dall’esempio di Dio.

     

    Preghiera del giorno Salmo 9 (3.a parte)

    Abbi pietà di me, Signore, vedi la mia miseria, opera dei miei nemici, tu che mi strappi dalle soglie della morte, perché possa annunziare le tue lodi, esultare per la tua salvezza alle porte della città di Sion. Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata, nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.

    Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia; l’empio è caduto nella rete, opera delle sue mani. Tornino gli empi negli inferi, tutti i popoli che dimenticano Dio. Perché il povero non sarà dimenticato, la speranza degli afflitti non resterà delusa. Amen.

     

    Santo del giorno

    I resti di questo santo di origine irlandese sono custoditi nella cattedrale di Pavia, città della quale fu vescovo nel XIII secolo. Folco (o Fulco) nasce intorno al 1165 a Piacenza dalla celebre famiglia, quella degli Scotti, originari dell’Irlanda, che all’epoca è identificata come la patria degli «Scoti» cioè gli scozzesi.

    Folco a 20 anni entra tra i canonici regolari di S. Eufemia. È inviato a Parigi a compiere gli studi di teologia e al rientro viene eletto priore di S. Eufemia, poi canonico, poi arciprete della cattedrale. Infine è consacrato vescovo di Piacenza.

    Sei anni più tardi, rimasta vacante la sede pavese, viene designato vescovo anche di questa città. Piacentino e vescovo di Pavia, Folco fu il grande paciere delle due città, allora divise da un’aspra rivalità. Dopo aver lavorato per la pacificazione interna delle città e delle contese tra i due centri muore nel 1229.

     

    Parola di Dio del giorno Luca 13,22-30

    Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.

    Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”.

    Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

     

    Riflessione del giorno di A. D’avenia

    5 (PARE!) SONO LE COSE CHE UN UOMO RIMPIANGE QUANDO STA PER MORIRE.

    La prima sarà non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli altri. Cadrà la maschera con la quale ci siamo resi amabili, o abbiamo creduto di farlo. La maschera di chi si accontenta di essere amabile. Non amato.

    La seconda sarà aver lavorato troppo, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla rincorsa di qualcosa che non è mai arrivato e di aver trascurato legami e relazioni. La terza è di non aver trovato il coraggio di dire la verità, di non aver detto abbastanza “ti amo” a chi avevamo accanto, “sono fiero di te” ai figli, “scusa” se avevamo torto, o anche se avevamo ragione.

    Come quarta cosa rimpiangeremo di non aver dato tempo a chi amavamo. Di non aver badato a chi avevamo sempre lì, proprio perché era sempre lì. E di aver soffocato il dolore con piccoli e dolci surrogati, ma di essere stati incapaci di fare una telefonata e chiedere come stai.

    E per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici. Ci siamo lasciati schiacciare da abitudine, accidia, egoismo, invece di amare, invece di conoscere. Invece di scoprire quello che ogni bambino vede nelle mappe della sua infanzia: i tesori della vita.

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Per la Ciudad de los Niños di Cochabamba in Bolivia: perché il buon Dio e La Vergine proteggano i piccoli ospiti, aiutino i loro educatori e responsabili e in primis il direttore Fulvio coi suoi cari.

     

    Don’t Forget! Storia dei martiri cristiani

    Martiri della Rivoluzione Francese

    La Vandea 1793 – 1815

    Nel 1793, durante la Rivoluzione francese, si scatenò, in Vandea, il primo genocidio di Stato della storia occidentale. Il regime rivoluzionario di Parigi venne imposto con la forza nelle province ed ebbe in Vandea, la più cattolica di esse, la reazione più coraggiosa e gloriosa.

    I Blanchs (i vandeani) si contrapposero ai Blues (i giacobini): uniti a Dio e al Re, i contadini della Vandea, coi loro preti e generali, si distinsero per la strenua difesa contro la dea ragione e il principio deista dell’essere supremo; perciò, a causa del loro Credo e della fedeltà monarchica, vennero massacrati.

    Per odio ideologico perirono nell’ecatombe, più di 300.000 abitanti. Ma di questo evento storico o si è parlato o per esaltare i “benefici” della Rivoluzione o lo si è del tutto omesso dai libri di storia.

    Ma A. I. Solženicyn ha scritto: «Già due terzi di secolo fa, da ragazzo, leggevo con ammirazione i libri che evocavano la sollevazione della Vandea, così coraggiosa e disperata, ma non avrei mai potuto immaginare che un giorno avrei avuto l’onore di partecipare alla inaugurazione di un monumento agli eroi e alle vittime di questa sollevazione…Gli eventi storici non vengono mai compresi appieno nell’incandescenza delle passioni che li accompagnano, ma a distanza, una volta che il tempo li abbia raffreddati.

    Per molto tempo ci si è rifiutati di capire di accettare quel che gridavano coloro che morivano, che venivano bruciati vivi: i contadini di una contea laboriosa, per i quali la rivoluzione sembrava essere fatta apposta, ma che la stessa rivoluzione oppresse e umiliò fino alle estreme conseguenze: e proprio contro essa si rivoltarono… È stato il XX secolo ad appannare, agli occhi dell’umanità, quell’aureola romantica che circondava la rivoluzione del XVIII secolo…le rivoluzioni distruggono il carattere organico della società; quanto rovinino il corso naturale della vita; quanto annichiliscano i miglioramenti della popolazione, lasciando campo libero ai peggiori; come nessuna rivoluzione possa arricchire un Paese, ma solo qualche imbroglione senza scrupoli; come nel proprio Paese, in generale, essa sia causa di morti innumerevoli, di un esteso depauperamento e, nei casi più gravi, di un decadimento duraturo della popolazione» («Famiglia Cristiana», n. 41/1993, pp.80-81).

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