Anni fa ai giovani dell’oratorio che gli chiedevano consiglio quando dovevano scegliere l’indirizzo di studio e la futura professione, il curato replicava immancabilmente: «Anzitutto chiediti con sincerità perché vuoi fare quel tipo di scuola ed esercitare quella professione».
Notavo che se uno gli rispondeva: «Perché mi piace» o «perché si fanno più soldi» lo esortava bonariamente a essere meno superficiale. Ma se uno gli diceva: «Voglio fare il politico o il magistrato o il giornalista o il prete per cambiare la società e garantire giustizia, uguaglianza e legalità» allora si faceva serio e fissandolo gli diceva: «Temo che tu non sappia né quel che dici né quel che vuoi e ti esorto a pesare di più le tue parole perché potresti diventare pericoloso».
A quel tempo tanta severità mi pareva fuori luogo nei confronti di giovani animati da così alti ideali e buone intenzioni. Ci sono voluti decenni di esperienza e migliaia di ore passate in confessionale per capire che nella vita l’azzardo più rischioso è la pretesa di giudicare gli altri e la cosa più difficile è il tenace proposito di estirpare vizio, violenza, corruzione, ingiustizia e tutti gli altri mali che affliggono il mondo.
Chi volesse farlo, impari prima a giudicare con onestà sé stesso e inizi a migliorare la sua di condotta per non rischiare di aggiungere al male dei colpevoli, anche il dolore degli innocenti.
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