Lunedì 24 aprile 2023

     

    III Settimana di Pasqua  

     

    Aforisma di Ennio Flaiano

    “Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso”.

     

    Preghiera colletta

    Dio onnipotente, fa’ che, spogliati dell’uomo vecchio con le sue passioni ingannevoli, viviamo come veri discepoli di Cristo, al quale ci hai resi conformi con i sacramenti pasquali. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Marco Reyd (il futuro fra’ Fedele) nacque a Sigmaringen, Germania nel 1578, si laureò in filosofia e in diritto all’università di Friburgo in Svizzera e intraprese la carriera forense a Colmar in Alsazia. Accolse con entusiasmo l’invito del conte di Stotzingen, che gli affidava i figli e un gruppo di giovani perché li avviasse agli studi.

    Impartì ai giovani allievi insegnamenti che lo qualificarono come “filosofo cristiano”. A 34 anni, lasciò tutto e tornò a Friburgo come guardiano al convento di Weltkirchen. In piena crisi protestante da Propaganda Fide fu incaricato di recarsi in Rezia.

    Le conversioni furono numerose, ma attorno al santo predicatore si creò un’ondata di ostilità. Nel 1622, a Séwis, durante la predica, si udì qualche sparo. Fra Fedele portò ugualmente a termine la predica e si riavviò a casa, ma una ventina di soldati gli intimò di rinnegare quanto aveva predicato e, al suo rifiuto, lo uccisero con le spade.

    Parola di dio del giorno Giovanni 6,22-29

    Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberiade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie.

    Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati.

    Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

     

    Riflessione Frammenti di vita

    La vicenda della preside insignita nel 2020 col titolo di cavaliere della Repubblica per il suo impegno antimafia, che è stata sorpresa con le dita nella marmellata, mi ha fatto venire in mente la (piccola in confronto) disavventura di due fidanzatini che, dopo essersi giurati amore eterno, si erano dichiarati incondizionata fiducia reciproca: “Mi fido totalmente di te”.

    Fino a che, dopo essersi lasciata andare a un’effusione con un amico (un bacio, niente più) lei per eccesso di scrupolo frutto di inesperienza, l’aveva detto al fidanzato, pensando che la sincerità le avrebbe garantito il perdono. Ma lui la liquidò con due parole: “Hai tradito la mia fiducia e finisce qui”. L’incondizionata reciproca fiducia (a parole) non ha retto né da una parte, né dall’altra all’unica prova che conta: quella dei fatti. Gesù nel vangelo (Lc 16,1-13) dice: “Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti”.

    Si badi bene: fedele in cose, non in parole; in cose di poco conto cioè nei gesti di ogni giorno che sono umili, ripetuti, nascosti…non nei gesti eclatanti che piacciono all’opinione pubblica e procurano i premi delle autorità. La fretta è nemica della verità: i due innamorati infatti si sono promessi ciò che non erano ancora in grado di mantenere, mentre la preside è stata premiata per cose troppo importanti e nessuno ha badato a come stava facendo quelle piccole.

     

    Intenzioni di preghiera per il giorno

    Preghiamo per il Sudan afflitto da conflitti interni perché ritrovi la via della pace e della convivenza.

     

    Don’t forget! Personaggi famosi è vero credenti

    Nato a Bilbao nel 1864, dopo aver compiuto gli studi secondari nella città natale, nel 1880 entra all’Università di Madrid, dove quattro anni dopo, consegue il dottorato in filosofia e lettere. In questo periodo, Miguel de Unamuno legge voracemente libri di filosofia, psicologia e storia e a 20 anni conosce e parla 11 lingue per leggere gli autori stranieri nella lingua originale.

    Nel 1889 fa un viaggio in Francia e Italia. Nel 1891 diventa titolare della cattedra di lingua e letteratura greca dell’Università di Salamanca di cui nel 1901 è nominato rettore: ma viene destituito nel 1914 per la sua attività contro la monarchia.

    Dieci anni dopo è condannato al confino nelle Canarie, a Fuerteventura, a causa della sua opposizione alla dittatura di Primo de Rivera. Ciò provoca la protesta di illustri intellettuali europei, tra cui Einstein, Rolland, Thomas Mann. Fugge su una nave francese, vive in esilio a Parigi e poi a Hendaye località al confine con la Spagna.

    Prima dell’avvento della seconda repubblica, nel 1930, torna in patria e riprende il suo incarico di rettore, ma viene di nuovo destituito nei primi giorni della guerra civile, in seguito a dissensi con i militari nazionalisti e falangisti. Inizialmente favorevole a Francisco Franco, prende poi le distanze dal governo dittatoriale che si è costituito in Spagna dopo la guerra civile. De Unamuno esprime il suo dissenso in modo chiaro in un discorso ufficiale il 12 ottobre 1936, all’apertura dell’anno accademico dell’Università di cui era rettore, alla presenza di tutte le autorità politiche: «Vincerete perché avete forza bruta in abbondanza, ma non convincerete.

    Per convincere bisogna persuadere e per persuadere avreste bisogno di qualcosa che vi manca: ragione e diritto nella lotta.» Puntualmente il 22 ottobre, Franco firma il decreto di destituzione del rettore Unamuno che muore a Salamanca il 31 dicembre 1936. La prima cosa che salta agli occhi nel nostro personaggio è il suo splendore espressivo, la sua immensa capacità di espressione.

    Fu un autentico genio dell’espressione e della rivelazione attraverso la parola. Se pure entrò nella cultura europea, riuscì a non perdere la chance della natura ispanica, con la sua corsa sfrenata nello spazio senza confini. Unamuno voleva innanzitutto risvegliare l’ansia di vivere, la volontà di esistere, la fede nella resurrezione, fu poeta del sentimento tragico. Quanto alla fede, quello del grande pensatore spagnolo è un cristianesimo che non smette mai di camminare, adulto e insieme bambino perché capace di tornare allo stupore davanti alle domande sulla vita. De Unamuno passò per eretico ed eterodosso ma fu uno dei cristiani più autentici del suo tempo, soprattutto nella Spagna della sua epoca. Perché, lo ricordiamo a proposito: «per un viandante non c’è cammino, si cammina solo andando».

     

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