Venerdì 7 luglio 2023

     

    XIII settimana Tempo Ordinario

     

    Aforisma di Blaise Pascal

    «L’uomo non è né angelo né bestia e la disgrazia vuole che chi vuole fare l’angelo finisca col fare la bestia».

     

    Preghiera Colletta

    O Padre, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, dona ai tuoi fedeli una gioia santa, perché, liberati dalla schiavitù del peccato, godano della felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    ODINO BARROTTI nacque a Fossano (Cuneo) nel 1334. Dopo l’ordinazione, fu nominato rettore della chiesa della città natale, dove si guadagnò la stima del popolo, per l’amore ai poveri e l’austerità della vita: il vescovo dovette ordinargli di mangiare carne per la sua salute e di tenere per sé una parte delle decime, per sostentarsi e mantenere la chiesa (Odino donava tutto ai bisognosi).

    Nel 1374 si fece terziario francescano e trasformò la sua casa in ricovero per i poveri, e nel 1381 si recò in Terra Santa. Prigioniero dei turchi si dice abbia compiuto miracoli mentre era in prigione. Al ritorno fu nominato direttore di un’associazione di devoti che si occupavano dei malati e dell’ospitalità ai pellegrini (la Corporazione della Croce).

    Costruì un ospedale gratuito con un ospizio annesso che restò aperto fino al XIX secolo. Si manifestarono molti miracoli a dimostrare l’appoggio divino e quando la peste colpì la città nel 1400, continuò ad assistere i malati e a distribuire i sacramenti ai morenti, tanto da contrarre l’infezione e morirne nel luglio 1400, «una morte appropriata per una persona che aveva dedicato tutta la sua vita agli altri».

     

    Parola di dio del giorno Matteo 9,9-13

    In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli.

    Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

     

    Riflessione del giorno

    Abba Felice leggeva a voce alta le parole di Gesù: «Dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza» (Mc 7,21-22). Si fermò, sollevando il capo dal testo. Abba Paolo, che ascoltava, intervenne: “Abba, mentre leggevi ho contato il numero dei propositi di male elencati da Gesù: sono dodici. Può avere un significato?”.

    Rispose Felice: “Tutto può avere un significato, anche il fatto che ciò che ha a che fare con la sessualità precede gli altri comportamenti, come se questi ne fossero la conseguenza”. Sorpreso, abba Paolo controllò: “È vero: impurità, adultèri, dissolutezza. Lo hai notato anche nei colloqui con chi confessa da te i suoi peccati?”. Dopo un momento di silenzio, abba Felice rispose: “Le frane e le valanghe cominciano per un sassolino che si muove.

    Le frane umane per giovani e adulti cominciano sovente con atti sessuali fuori posto, senza benedizione. Inganni, menzogne, furti, superbie, ribellioni e omicidi seguono quel sassolino che non è da sottovalutare, perché la purezza di cuore e mente è troppo importante!”. Paolo soggiunse: “Sì, abba: «Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione» (1Ts 4,7).

    E i due insieme si dissero l’un l’altro: “Pregheremo Gesù che ci mantenga un cuore puro e ci dia lo Spirito Santo per avere il dominio del nostro corpo e per aiutare i nostri fratelli”. I due abba in ginocchio pregarono insieme facendo un segno di croce solenne.

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Perché coltiviamo la purezza di cuore che ci permette di contemplare già sulla terra il volto di Dio.

     

    Don’t Forget! Asia News

    P. Stan Swamy – IL GESUITA CHE INGIUSTAMENTE INCARCERATO CANTAVA LA SUA LIBERTÀ

    Mumbai (AsiaNews) – Ricorrono i due anni dalla morte di p. Stan Swamy, il gesuita indiano morto a 84 anni dopo oltre 9 mesi di carcere perché falsamente accusato di terrorismo per le sue attività a sostegno dei diritti delle popolazioni tribali in Jharkhand. Tra i tanti ricordi di p. Stan è molto significativo un racconto di un suo compagno di carcere, Vernon Gonsalves, anche lui tra gli attivisti imprigionati nel penitenziario di Taloja a Mumbai per la vicenda politica del Bhima Khoregaon (1).

    Egli prende spunto da un verso scritto da p. Swamy: “Anche in gabbia un uccello può cantare” e lo riprende per raccontare che l’anziano gesuita in carcere cantava. E in questo gesto riassumeva tutta la sua vita spesa per gli ultimi. “Poco dopo essere entrato in carcere Stan ha iniziato a cantare. Era alloggiato nell’ospedale della prigione, un labirinto di celle e baracche. In quel momento, un altro accusato del caso Bhima Koregaon, il poeta VV Rao, era in una cella vicina in condizioni critiche a causa di due anni di abbandono e del Covid.

    Arun Ferreira e io eravamo stati assegnati come suoi assistenti e ci trovavamo nella stessa cella. VV non poteva fare da solo e doveva essere spostato su sedia a rotelle”. “Stan poteva camminare, anche se era un po’ instabile, perciò veniva a trovare VV negli orari consentiti. Il periodo dopo il tè delle 15 era l’ora delle canzoni. Stan veniva, si sedeva accanto a VV e cantava”. “Il suo repertorio era ampio e la sua voce era dolce e forte.

    Ogni canzone veniva introdotta da una spiegazione del suo contesto, dal suo legame personale con essa o del motivo per cui voleva cantarla e noi ci univamo al coro e immaginavamo che le nostre voci superassero le sbarre e le alte mura della prigione, raggiungendo popoli e terre lontane”. Gonsalves specifica che cantando p. Stan compiva un gesto vietato dal regolamento carcerario e quindi si esponeva. Cita ad esempio un caso: “il litigio di un detenuto nigeriano con un agente, portò a vietare in tutto il carcere, gli inni e le preghiere della domenica mattina, una punitiva di massa per tutti i detenuti africani, che sono per lo più cristiani”.

    Ma è il canto a unire tra loro i detenuti nelle carceri indiane: “Nonostante gli ufficiali vietino alcuni canti e ne promuovano altri – osserva Gonsalves – i canti dei prigionieri coesistono in armonia. Basti dire che le celle affollate, di notte sono il luogo di molti mehfil (ritrovi artistici ndr), dove l’anima repressa e sofferente del carcere trova sfogo ed espressione”. “Stan, un uccello in gabbia può ancora cantare – conclude l’articolo – gli uccelli in gabbia continuano a cantare, e tu, io, tutti noi, in prigione o fuori, canteremo in coro”.

     

    (1)Quella del Bhima Khoregaon è una squallida montatura del governo indiano volta a stroncare ogni opposizione agli attuali governanti e al premier Modi: in seguito a questa montatura parecchi sono finiti in carcere sulla base di semplici sospetti tra cui P. Stan Swamy e le altre persone citate in questo articolo

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