Arrivato in Italia più o meno 6 anni fa a soli sedici anni, attraverso la trafila consueta (Africa sub-sahariana, deserto, Libia, barcone e Lampedusa) era giunto a Bergamo e quindi al Patronato, dove si era dato subito da fare imparando la nostra lingua, frequentando le scuole fino a conseguire il diploma di 3a media e, una volta avuto il permesso di soggiorno, ha lavorato di giorno e studiato di notte per fare la patente e trovare più facilmente un impiego. Dopo averlo trovato, ha fatto di tutto per non perderlo (e i datori di lavoro si sono guardati bene dal perdere lui) il che gli ha permesso in soli tre anni di dare alla famiglia in Africa la prima casa nuova e di proprietà della loro vita. Qualche giorno fa mi ha detto: «Domani vado al mio paese a sposarmi». Gli chiedo: «Ma tu quanti anni hai?». «Ventidue», risponde. «E la tua ragazza?». «Diciannove». Partito che era adolescente dal suo paese, vi torna sei anni dopo che è un uomo. «Ho fatto tutto contando – sono parole sue – su Dio, su me stesso e sull’affetto della mia famiglia». A differenza di noi occidentali, uno così sa chi è e non ha paura di decidere, perché lui crede nella vita e vuole che essa abbia un futuro.
Nessun commento
È possibile postare il commento di prima risposta.