Martedì 6 febbraio 2024

     

    V Settimana Tempo ordinario

     

    Avvenne il 6 febbraio…

    1819 – Thomas Stamford Raffles fonda Singapore.

    1853 – A Milano scoppia una rivolta anti-austriaca.

    1952 – Elisabetta II diventa regina alla morte del padre Giorgio VI.

    2023 – Forte scossa di terremoto di magnitudo 7.9 tra Turchia e Siria provoca quasi 50.000 morti

     

    Aforisma di M. Teresa di Calcutta

    Quanto meno abbiamo, più diamo. Sembra assurdo, però questa è la logica dell’amore.

     

    Preghiera

    O Dio, forza di tutti i santi, che hai chiamato alla gloria eterna san Paolo Miki e i suoi compagni attraverso il martirio della croce, concedi a noi, per loro intercessione, di testimoniare con coraggio fino alla morte la fede che professiamo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Nato a Kyoto nel 1556 da famiglia benestante e battezzato a 5 anni, Paolo Miki entra in un collegio della Compagnia di Gesù e a 22 anni è novizio, il 1° religioso cattolico giapponese. Diventa esperto della religiosità orientale ed è destinato, con successo, alla predicazione e al dialogo con dotti buddhisti.

    Il cristianesimo è entrato in Giappone nel 1549 con Francesco Saverio. Paolo Miki vive anni fecondi e percorre tutto il Paese. Nel 1582-84 c’è la prima visita a Roma di una delegazione giapponese, autorizzata dallo Shogun Hideyoshi che però capovolge la politica verso i cristiani diventando da tollerante, persecutore.

    Arrestato nel dicembre 1596 a Osaka, Paolo Miki trova in carcere tre gesuiti e sei francescani missionari, con 17 giapponesi terziari di S. Francesco e con loro è crocifisso su un’altura presso Nagasaki.

     

    Parola di Dio Marco 7,1-13

    Si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme. Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».

    Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». E diceva loro: «Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione.

    Mosè infatti disse: “Onora tuo padre e tua madre”, e: “Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte”. Voi invece dite: “Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio”, non gli consentite di fare più nulla per il padre o la madre. Così annullate la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte».

     

    Riflessione dal blog di costanza Miriano

    Chi pensa le mode lo sa. Esse sono un inseguire, un cambiare, un eccitare una voglia per qualcosa che, una volta afferrato, si stinge di banale. È il gioco del cuore inquieto. È la sostanza di cui siamo fatti, sfruttata e abusata. Il desiderio di oggi è la delusione di domani. La realtà non è mai all’altezza.

    Una volta raggiunta la meta, la cima della collina, ci rendiamo conto che più in là ci sono ancora colline e cime più alte. Anche arrivassimo alla più alta di tutte, ancora non ci basterebbe. Il nostro cuore sarebbe già altrove, mai sazio. Ci si può perdere in questa eterna rincorsa, senza mai alzare la testa, senza mai domandarsi perché, o dove ci sia di più. Si può disperare e smettere di inseguire. Diventare di pietra.

    Odiare e disprezzare ciò che non possiamo avere. Cessare di essere umani. Oppure essere consci di una pienezza che è ciò che agogniamo. Il motore immobile che ci spinge. Ciò che non è un qualcosa che non può essere superato, ma la somma di ogni cosa che non ha eguale, il luogo alla fine di ogni strada, ogni salita, ogni sentiero che il cuore inquieto ci spinge a percorrere.

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo perché il Signore non permetta che nel nostro cuore si annidino l’ipocrisia e l’arroganza, ma ci aiuti ad orientarci verso una fede semplice e rispettosa.

     

    Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo

    VINCENT VAN GOGH: TERRAZZA DEL CAFFÈ LA SERA AD ARLES

    1888 – olio su tela – 80,7 x 65,3 cm Otterlo Kröller-Müller Museum 

    Vincent Van Gogh è uno degli artisti più importanti e innovativi dell’arte europea: le sue opere hanno ispirato molti movimenti del XIX secolo e la sua pittura è nota in tutto il mondo. Eppure Van Gogh si dedicò all’arte in un periodo di soli 9 anni, dai primi passi come pittore nel 1881 alla prematura morte a 37 anni nel 1890.

    Terrazza del caffè la sera è un notissimo dipinto di Van Gogh il quale sentiva la necessità di sperimentare nuove soluzioni pittoriche e la piazza di Arles ritratta nel quadro gli diede l’occasione di provare a dipingere di notte. Vincent ritrasse infatti l’esterno di un caffè illuminato dalle luci a gas e fu molto soddisfatto del risultato poiché quest’illuminazione creava un intenso contrasto di complementarietà col blu che insieme al giallo erano i colori preferiti dal pittore.

    Che l’idea gli sia venuta in seguito alla lettura del romanzo “Bel-Ami” di Guy de Maupassant è lo stesso pittore e confermarlo: «…l’inizio di Bel Ami di Maupassant contiene una descrizione di una notte illuminata di stelle a Parigi con i caffè vivacemente illuminati sul boulevard ed è pressappoco lo stesso soggetto che ho appena dipinto…». L’opera coglie il notturno di Place du Forum, ad Arles. La vista interrotta a sinistra dallo stipite blu di un portone, prosegue attraverso una pedana su cui sono disposte tre file di tavolini verdi: vi sono seduti turisti, passanti, abitudinari intenti a godersi la serata, mentre un cameriere raccoglie le ordinazioni.

    In fondo si dipana rue du Palais, delineata dalle vetrine ancora illuminate delle botteghe e da alcuni palazzi addormentati. Per strada troviamo alcuni arlesiani che, avvolti nell’atmosfera gioiosa del caffè, passeggiano sull’acciottolato umido e chiacchierano tra loro, sfiorandosi e caricando la scena di una briosa convivialità. Infine, è dimostrato che le costellazioni rappresentate nel cielo corrispondono a quelle presenti la notte tra il 16 o 17 settembre del 1888. Il tratto di Van Gogh, in genere nervoso e frammentato, qui si rilassa e diventa sognante, complice la serenità di questa notte nel Meridione francese e il raffinato accordo cromatico ivi orchestrato.

     

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