Visitare le Rsa può essere a seconda dei casi, un’esperienza di disagio o di sorpresa come capitò a me anni fa. Un amico prete era stato obbligato dall’età e dai crescenti acciacchi al ricovero in una casa di riposo.
Conoscendo il suo attivismo e la sua intraprendenza, mi aspettavo di vederlo triste e abbattuto e mi chiedevo cosa potessi fare o dire per rasserenarlo. Invece lo trovai segnato nel fisico, ma vivace e sereno.
Gli chiesi come stesse affrontando la nuova condizione e lui rispose: «Ho messo in atto tre cose: la prima è di farmi piacere questa nuova tappa della mia vita e del mio ministero, senza rimpiangere il passato.
E siccome da giovane, oltre a esercitare il ministero in diocesi, avrei voluto fare un’esperienza missionaria e poi una contemplativa in un monastero, sono contento che i primi due intenti li ho realizzati e ora sto vivendo il mio periodo contemplativo in questo ricovero che ormai è il mio convento.
Secondo: la drastica riduzione di attività, mi ha fatto concentrare sui 5 imperativi dei monaci visto che ora sono uno di loro: ora-lege-tace- fuge-quiesce (prega, leggi, fa silenzio, fuggi le tentazioni e riposa).
E devo dire che ci sto riuscendo. Infine non voglio darla vinta alla morte che da me non avrà niente in eredità perché sto dando tutto in anticipo a Dio e al prossimo». Non mi è più capitato di trovarne uno più vivo e contento di questo anziano prete.
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