Litigioso, aggressivo e cocciuto come un mulo, il giovane ospite africano non ha mai dato retta a consigli e rimproveri, finendo dritto fra le braccia delle forze dell’ordine che alla sua ennesima intemperanza, hanno indagato su di lui scoprendo una condanna non scontata e l’hanno rinchiuso in galera.
Di lì ha iniziato a inviare lettere dai toni sempre più aggressivi fino all’ultima perentoria dichiarazione: «Con voi ho chiuso: non mi vedrete più». Abbiamo tirato un sospiro di sollievo, anche perché era la prima volta che prende- va una decisione.
Ma due mesi dopo a sorpresa il nostro si presenta al Patronato col cappello in mano, gli occhi bassi, i toni di voce smorzati e le lacrime agli occhi a chiedere di essere riaccolto: sebbene i collaboratori siano per il no, decido di riammettere il figliol prodigo, ma senza abbracci, né anello al dito, né tunica nuova o banchetto a base di vitello grasso; solo 5 euro per il kebab e una sistemazione precaria.
Ma in fondo gli è andata bene anche se non ha avuto la fortuna di chi, finito in carcere all’estero, si è visto offrire la possibilità di essere eletto eurodeputato. Ma non ha neppure avuto la sfortuna, lui nero, povero in canna e con un pessimo carattere, di fare la fine dei cinquanta suoi poveri compagni di prigionia che si sono tolti la vita nei primi sei mesi di quest’anno nelle carceri italiane, nel disinteresse della pubblica opinione.
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