Ai nostri ospiti africani dotati non solo di permesso di soggiorno, ma anche di regolare contratto di lavoro, chiediamo ogni tanto di fare volontariato a beneficio degli altri. Quel giorno erano arrivati due bancali di frutta e verdura per la mensa e tre ospiti avevano aiutato a scaricare e immagazzinare i prodotti.
Alla fine li invitai in un bar vicino: nel locale c’era solo un’anziana signora seduta al tavolo, che aveva fatto accomodare accanto a sé il suo cagnolino a cui dava da mangiare qualcosa in piccoli bocconi. Quando vide gli africani la signora, mostrando il suo disap- punto, li apostrofò con irritazione: «Che ci fate voi qui dentro?».
Ho deciso di non intervenire, limitan- domi a controllare che piega prendeva la faccenda. Siccome i tre non dicevano nulla, la donna conti- nuò: «Non è qui che dovete stare; il posto giusto è il parco con quelli come voi; andate là e lasciateci in pace». I giovani finirono di consumare il cappuc- cino con la brioche e uscirono ringraziando la bari- sta e salutando la signora.
Una volta fuori, veden- doli così calmi mentre a me ribolliva il sangue per l’irritazione, chiesi: «Ma avete capito ciò che vi ha detto quella donna?». «Of course!» risposero «ma anzitutto si tratta di una “lady” che poi è anche “old” anziana e in Africa siamo stati abituati a rispettare gli anziani, anche se dicono cose sgradevoli».
È vero che non tutti gli stranieri si comportano così, ma questi tre una bella lezione di tolleranza e di rispetto l’hanno data non solo alla signora, ma anche a me.
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