Mercoledì 18 settembre 2024

     

    XXIV settimana T. Ordinario

     

    Avvenne il 18 settembre…

    1851 – Il New York Times inizia le pubblicazioni.

    1860 – Le truppe sabaude sconfiggono quelle pontificie nella battaglia di Castelfidardo.

    1906 – Un ciclone tropicale, seguito da uno tsunami, uccide circa 10.000 persone a Hong Kong.

    1931 – Il Giappone, a seguito dell’incidente di Mukden, occupa la Manciuria.

    1938 – Trieste: Mussolini annuncia l’imminente promulgazione delle Leggi razziali fasciste.

     

    Aforisma di Ennio Flaiano

    L’italiano ha un solo vero nemico: l’arbitro di calcio, perché emette un giudizio.

     

    Preghiera

    Dio, creatore e Signore dell’universo, volgi a noi il tuo sguardo e fa’ che ci dedichiamo con tutte le forze al tuo servizio per sperimentare la potenza della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te e lo Spirito Santo, per i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Giuseppe Maria Desa nacque il 17-6-1603 a Copertino (Lecce) in una stalla. Il padre fabbricava carri. Rifiutato da alcuni Ordini per «la sua poca letteratura» (aveva dovuto abbandonare la scuola per povertà e malattia), venne accettato dai Cappuccini e dimesso per «inettitudine» dopo un anno.

    Accolto come Terziario e inserviente nel convento della Grotella, riuscì ad essere ordinato sacerdote. Aveva manifestazioni mistiche che continuarono per tutta la vita e che, unite alle preghiere e alla penitenza, diffusero la sua fama di santità. Giuseppe levitava da terra per le continue estasi.

    Così, per decisione del S. Uffizio venne trasferito di convento in convento fino a quello di S. Francesco in Osimo. Giuseppe da Copertino ebbe il dono della scienza infusa, per cui gli chiedevano pareri perfino i teologi e seppe accettare la sofferenza con estrema semplicità. Morì il 18-9-1663 a 60 anni; fu beatificato il 242-1753 da papa Benedetto XIV e proclamato santo il 16-7-1767 da papa Clemente XIII.

     

    Parola di Dio del giorno

    Il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”.

    È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».

     

    Riflessione

    Il testo medievale “SPECULUM ASCETICUM” attribuito a S. Bernardo e ripreso da S. Giovanni XXIII fa ai monaci cinque raccomandazioni sorprendenti:

    NOLI CREDERE OMNIA QUAE AUDIS (= non credere a tutto ciò che senti).

    NOLI JUDICARE OMNIA QUAE VIDES (= non giudicare tutto ciò che vedi). 

    NOLI FACERE OMNIA QUAE POTES (= non fare tutto ciò che puoi).

    NOLI DARE OMNIA QUAE HABES (=non dare tutto ciò che possiedi).

    NOLI DICERE OMNIA QUAE SCIS (= non dire tutto ciò che sai).

    Non si tratta solo di un invito alla prudenza (che è la 1.a fra le 4 virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza, in quanto virtù cardine della vita buona), ma anche di un perentorio richiamo alla necessità di mettersi dei limiti e di assegnarli a sé stessi prima che agli altri…Un messaggio in controtendenza rispetto al verbo imperante: quello del “No-limit”, cioè del non mettere limiti a niente, ma soprattutto a sé stessi. Nei prossimi giorni rifletteremo su ognuna di questa raccomandazioni per capirle meglio visto che conservano una grande attualità…

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo per coloro che a ogni età soffrono a causa della malattia mentale, perché ad essi siano offerte le cure necessarie dalle strutture sanitarie e l’amore dei fratelli.

     

    Don’t Forget! Dante Alighieri

    Divina Commedia Inferno 1° Canto

    conclusioni

    IL VIAGGIO DI DANTE

    LA VITA UMANA = CAMMINO DI REDENZIONE. Fin dal 1° Canto dell’Inferno emerge chiara l’idea della vita umana come itinerarium mentiscammino di redenzione ed espiazione dei peccati in un percorso di ascensione verso Dio. Dante, paradigma dell’umanità intera, intraprende il suo viaggio ultraterreno partendo dal basso, dal buio della selva, per poi giungere alla visione di Dio. Il poeta raffigura sé stesso, al pari di ogni uomo, come viatorpellegrino in cammino verso la salvezza eterna, essere imperfetto alla ricerca della perfezione divina. Per questo, nel Canto I dell’Inferno prevalgono immagini e lessico appartenenti al viaggio e al movimento.  

    LA «SELVA OSCURA»

    SELVA OSCURA COME ALLEGORIA DEL PECCATO. Quello della selva è un motivo ricorrente nella cultura occidentale, sia classica che medioevale, in quanto luogo misterioso, intricato e pieno di sorprese/pericoli. In particolare, la connotazione negativa che Dante le dà proviene da una tradizione biblico-patristica, e in particolar modo da S. Agostino. È in quest’ottica che la «selva» diviene, per il poeta, allegoria del peccato in cui un uomo può cadere nel corso della propria vita; essa è «oscura» perché non vi splende la luce divina. Si tratta, nello specifico, della «selva erronea di questa vita» (Convivio IV, XXIV, 12), nella quale è difficile «tenere lo buono cammino».

    LA PROFEZIA DEL VELTRO: SIGNIFICATO ALLEGORICO E SPIEGAZIONE

    A partire dal verso 100 del 1° Canto Dante inserisce la 1.a profezia della Commedia, la più celebre e problematica dell’intero poema: quella del Veltro. Uno dei mezzi con i quali Dante tenta di dare una dimensione divina alla sua opera è la profezia. L’intera Commedia è costellata da predizioni, visioni, sogni anticipatori, capaci di dare al lettore la sensazione di trovarsi di fronte ad un qualcosa scritto per ispirazione di Dio. Bisogna stare ben attenti a non confondere la finzione con il reale: infatti tra il viaggio di Dante nei mondi ultraterreni e la stesura del poema intercorrono vari anni. Risulta quindi facile per l’autore “profetizzare” nel tempo della storia narrata qualcosa che, nel tempo della scrittura, è già accaduto. Perciò, sono state suddivise le profezie della Commedia in due diverse tipologie:

    1. Le profeziepost eventum: sono le “predizioni” che si riferiscono a momenti compresi tra la primavera 1300 e la messa per scritto e che giocano quindi sull’espediente della retro-datazione.
    2. Le profezie ante eventum:si tratta di pochi ed isolati casi in cui le predizioni fanno riferimento a fatti che, al momento della scrittura dell’opera, devono ancora accadere.

    La profezia del Veltro (veloce e agile cane da caccia o levriero), del Canto I, appartiene alla seconda tipologia. In essa viene predetto l’arrivo del Veltro, cane che si nutre di «sapienza, amore e virtute» e che salverà «l’umile Italia» uccidendo la bestia che è causa dei mali dell’intero Paese: la Lupa, una delle 3 fiere che appaiono a Dante nella selva.  Identificare questo cane, destinato secondo la profezia a salvare l’Italia, con un personaggio o evento storico è difficile: diversi sono stati i commentatori e i critici che, nel corso dei secoli, hanno cercato invano di dargli un volto. La profezia del Veltro perciò resta indefinita, aperta a letture multiple e forse era questa la volontà di Dante

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