Sabato 28 settembre 2024

     

    XXV settimana T. Ordinario

     

    Avvenne il 28 settembre…

    551 a.C. – Nasce in Cina, Confucio il filosofo cinese, maestro di etica e di rispetto dell’autorità.

    1066 – Guglielmo il Conquistatore invade l’Inghilterra.

    1938 – Inizia la conferenza di Monaco tra Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia.

    1958 – La Francia ratifica una nuova costituzione; si forma la quinta repubblica

    2000 – Scoppia la seconda intifada

    2003 – L’Italia rimane al buio a causa di un colossale black out

     

    Aforisma di Albert Einstein

    «La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre».

     

    Preghiera

    O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti possiamo giungere alla vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli. Amen

     

    Santo del giorno

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    Maria che scioglie i nodi è rappresentata in un dipinto del 1600 di Georg M. Schmidtner (immagine a fianco) conservato nella chiesa di S. Pietro ad Augusta (Augsburg), tenuta dai gesuiti.

    È qui che è stato ammirato dal giovane Jorge Maria Bergoglio, l’attuale Papa Francesco, che allora, nel 1986, si trovava in Germania per un soggiorno di studio. Rimase così affascinato dalla storia del dipinto che descrive il miracolo fatto dalla Madonna a una coppia di giovani in procinto di sposarsi, che una volta tornato in Argentina diffuse il culto della Madonna rappresentata, in America Latina e poi in tutto il mondo.

    Papa Francesco di quest’immagine ha detto: “Tutti abbiamo nodi nel cuore e attraversiamo difficoltà. Il nostro Padre buono, che distribuisce la grazia ai suoi figli, vuole che ci fidiamo di Lei, che le affidiamo i nodi dei nostri mali, i grovigli delle nostre miserie che ci impediscono di unirci a Dio, affinché Lei li sciolga e ci avvicini al suo figlio Gesù.”

     

    Parola di Dio del giorno Qoelet 11,9-12,8 e Luca 9,43-45

    Godi, o giovane, nella tua giovinezza, e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù. Segui pure le vie del tuo cuore e i desideri dei tuoi occhi. Sappi però che su tutto questo Dio ti convocherà in giudizio. Caccia la malinconia dal tuo cuore, allontana dal tuo corpo il dolore, perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.

    Ricordati del tuo creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni tristi e giungano gli anni di cui dovrai dire: «Non ci provo alcun gusto»; prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle e tornino ancora le nubi dopo la pioggia; quando tremeranno i custodi della casa e si curveranno i gagliardi e cesseranno di lavorare le donne che macinano, perché rimaste poche, e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre e si chiuderanno i battenti sulla strada; quando si abbasserà il rumore della mola e si attenuerà il cinguettio degli uccelli e si affievoliranno tutti i toni del canto; quando si avrà paura delle alture e terrore si proverà nel cammino; quando fiorirà il mandorlo e la locusta si trascinerà a stento e il cappero non avrà più effetto, poiché l’uomo se ne va nella dimora eterna e i piagnoni si aggirano per la strada; prima che si spezzi il filo d’argento e la lucerna d’oro s’infranga e si rompa l’anfora alla fonte e la carrucola cada nel pozzo, e ritorni la polvere alla terra, com’era prima, e il soffio vitale torni a Dio, che lo ha dato. Vanità delle vanità, dice Qoèlet, tutto è vanità.

     

    Riflessione – una parola al giorno: Malinconia

    MALINCONIA. Significato: secondo la medicina ippocratica, è la bile nera che determina un temperamento triste; tristezza vaga e delicata, anche esistenziale. Etimologia: dal greco melankholía ‘bile nera’, composto di mélas ‘nero’ e khólos ‘bile’.

    Avercene, di parole così, che sappiano leggere in maniera complessa e fertile un sentimento che l’esperienza ci indica come piuttosto negativo. L’ambito della malinconia sembra essere quello della tristezza, ma non di una tristezza qualunque, anzi di una tristezza paradossale. Victor Hugo, ne Les Travailleurs de la mer, la spiega così: «La mélancolie, c’est le bonheur d’être triste» (‘La malinconia, è la felicità d’esser tristi’). In effetti, è una tristezza vaga, intima e…contenta di sé. È un’emozione comoda, da starci dentro. Alla lettera, malinconia (in greco melankholía) è la bile nera, uno dei quattro umori fondamentali insieme a bile gialla, flemma e sangue.

    Dal loro equilibrio dipendono i caratteri e le condizioni di salute. Quando l’umor nero prevale sugli altri, determina un temperamento triste o malinconico. Triste, introspettivo, contemplativo, variamente inquieto. Ma curiosamente più di altri caratteri come il flemmatico, il sanguigno o il collerico, il malinconico ha sfumature che gli danno una consistenza differente e proteiforme. Col tempo il termine ‘malinconia’ (rispetto a melancolia ecc.) ha finito per prevalere anche in virtù dell’attrazione di ‘male’. Ha avuto un carattere di affezione medica, diciamo pure di malattia, ancora in un paradigma più moderno, sei-settecentesco (un po’ al modo della nostalgia), senza contare il ruolo che ha avuto in fasi posteriori, in psicologia e psichiatria.

    Ma è col romanticismo ottocentesco che riesce a sviluppare una grande complessità e a diventare un grande tema letterario. Nell’uso comune si è caratterizzata non come tristezza desolata, che avvilisce e addolora, tristezza tetra, opprimente, insoddisfatta, ma come tristezza consapevole, ricca di empatia, comprensione, contemplazione. Può essere una tristezza dolce, a cui ci si abbandona, perfino con una dimensione esistenziale. Possiamo leggere pagine malinconiche di divulgazione storica, su città gloriose finite là dove sono finite le nevi di un tempo; nella cerimonia festosa una riflessione malinconica dà profondità e prospettiva; e il pomeriggio malinconico ci dà uno spazio di respiro e di pensiero. È sorprendente che una sola parola riesca a rappresentare una vastità di sfumature interiori così precisa e priva di contorni insieme.

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo perché la situazione delle due guerre in Palestina e Ucraina che si fa di giorno in giorno più crudele e più incontrollabile, lasci il posto alla volontà di intraprendere percorsi di pace.

     

    Don’t Forget!

    DANTE ALIGHIERI: DIVINA COMMEDIA – INFERNO – 2° CANTO

    Il secondo canto (che in realtà è il primo, in quanto il 1° fa da prologo) è una pausa di riflessione tra la selva oscura e l’ingresso tormentato fra i gironi infernali. Davanti all’impresa che Virgilio gli propone, Dante che da una parte si appella al suo alto ingegno e dall’altra dubita di essere degno del suo arduo compito (è un conflitto tutto interiore fra superbia e umiltà) teme di non esserne degno (vv.1-42).

    Virgilio lo rimprovera («l’anima tua è da viltade offesa»), ma i dubbi di Dante sono giustificati dal fatto che questo arduo viaggio non è possibile senza l’intervento della grazia divina. Per questo Virgilio dopo averlo rimproverato, lo rinfranca spiegandogli che il suo viaggio è voluto direttamente da tre donne benedette: la Madonna, che avendolo visto in difficoltà, ha mandato S. Lucia ad avvisare Beatrice, la quale a sua volta è scesa nel Limbo ad avvisare Virgilio e a chiedergli di andare in soccorso di lui, smarritosi nella selva oscura (vv. 43-126). Dante a queste parole del suo maestro e guida riprende coraggio e decide di partire (vv. 127-142). È evidente a come il viaggio raccontato nella Divina Commedia sia l’allegoria del difficile percorso (la via stretta del Vangelo) che tutti i cristiani sono chiamati a intraprendere nel mondo e attraverso la storia verso la salvezza e la vita eterna.

    Dopo aver riassunto in modo succinto i contenuti del secondo canto, ne proponiamo il testo poetico e la sua traduzione in prosa comprensibile a tutti. 

     

     

    vv. 1-9. Cala la notte e Dante invoca l’aiuto delle Muse, del suo ingegno e della sua memoria, perché riesca nell’arduo compito di descrivere l’aldilà. 

    vv. 10-42. Dante rivela a Virgilio i dubbi sul viaggio che sta per intraprendere. Si confronta con Enea e S. Paolo, che – in vita – avevano viaggiato nell’aldilà sapendo il bene che ne sarebbe derivato: per Enea, la città di Roma, sede dell’Impero e della Chiesa; per Paolo la forza del Cristianesimo. Dante non crede di essere degno di tale impresa, anzi, teme che il viaggio nell’aldilà possa risultare empio.

    vv. 75-114. Virgilio racconta a Dante di aver promesso a Beatrice di obbedirle e d’averle chiesto come mai non temesse a scendere tra i dannati. Lei aveva spiegato come la sua natura divina le impedisse di essere sfiorata dall’Inferno e aveva aggiunto che il viaggio di Dante era voluto dalla Vergine Maria la quale, per mezzo di S. Lucia, aveva chiesto a Beatrice di prestargli soccorso. 

    vv. 115-142. Terminato il suo racconto, Virgilio esorta Dante a mettere da parte timori e incertezze, dal momento che può contare sul sostegno di «tre donne benedette». Dante, ritrovato l’ardore e la voglia di intraprendere il viaggio, si affida a Virgilio e lo segue per il difficile sentiero.

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