Avendogli parlato più volte e non avendo constatato progressi, ricorro a un espediente che potrebbe funzionare. Lo faccio sedere su una sedia con una gamba non sicura: lui come al solito si agita, la gamba cede e quasi finisce per terra.
Cambiata la sedia chiedo: «Perché hai rischiato di farti male?». «Perché la sedia era zoppa» risponde. «Cioè per stare seduto sicuro occorrono 4 punti di appoggio». «È vero» risponde. «Così accade anche nella vita. Proviamo a vedere quali sono».
Dopo un estenuante tiramolla lui concorda che i 4 appoggi sono: «Anzitutto me stesso. Poi gli altri. Quindi i soldi e ciò che occorre per vivere.
E infine (più che altro per mia insistenza) Dio». «Ora dimmi quanti di questi punti di appoggio ci sono nella tua vita». La conta è presto fatta: «Dio è quasi inesistente». «Sei onesto. Te ne rimangono tre».
Quanto a sé stesso come persona affidabile non nutre dubbi e non ammette discussioni: glielo lascio credere e siamo uno a uno. «Sugli altri cosa dici?». E lui: «Non faccio del male a nessuno». «Sarà – obietto – ma neanche del bene, perché l’hai detto tu che vivi soprattutto per te stesso».
È costretto ad ammettere che vuol bene solo a chi gli vuol bene… forse. Rimangono i soldi, i beni: «Sono la cosa più importante della mia vita». Tiriamo le somme: «Tu sei una sedia con due gambe.
Le altre due non ci sono. Chi vuoi che si appoggi a uno come te?». Non replica, ma spero che almeno abbia imparato la lezione.
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