6.a settimana di Pasqua
Avvenne il 26 maggio…
1538 – La città di Ginevra espelle Giovanni Calvino
1595 – Muore a Roma San Filippo Neri, fondatore dell’oratorio
1805 – Napoleone Bonaparte, a Milano, viene incoronato re d’Italia.
1897 – Il romanzo Dracula, di Bram Stoker, viene messo in vendita a Londra.
1940 – Le forze alleate in Francia iniziano una gigantesca ritirata da Dunkerque.
1966 – La Guyana Britannica ottiene l’indipendenza e assume il nome di Guyana.
Aforisma di S. Filippo Neri
“Chi vuole altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che vuole. Chi domanda altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che domanda. Chi non opera per Cristo, non sa quello che fa”.
Santo del giorno

Figlio di un notaio fiorentino di buona famiglia. Ricevette una buona istruzione e poi fece pratica dell’attività di suo padre; ma a 18 anni abbandonò gli affari e andò a Roma dove visse come laico per 17 anni e si guadagnò da vivere facendo il precettore, scrisse poesie e studiò filosofia e teologia.
A quel tempo la città era in uno stato di grande corruzione, e nel 1538 Filippo Neri cominciò a lavorare fra i giovani della città e fondò una confraternita di laici che si incontravano per adorare Dio e per dare aiuto ai pellegrini e ai convalescenti, e che diedero vita al grande ospizio della Trinità.
Nel 1551 Filippo Neri fu ordinato prete e andò a vivere nel convitto ecclesiastico di S. Girolamo, dove si fece un nome come confessore; gli fu attribuito il dono di leggere nei cuori.
Ma la sua occupazione principale era ancora il lavoro tra i giovani: Filippo era assistito da altri giovani chierici e nel 1575 li organizzò nella Congregazione dell’Oratorio; per la sua società, costruì la Chiesa Nuova, a S. Maria “in Vallicella”. La sua influenza sui romani del tempo fu incalcolabile.
Preghiera Colletta
O Dio, che sempre esalti i tuoi servi fedeli con la gloria della santità, infondi in noi il tuo santo Spirito, che infiammò mirabilmente il cuore di san Filippo Neri. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Parola di Dio Giovanni 15,26-16,4
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi.
Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto».
Riflessione aneddoti della vita di S. Filippo Neri
Un episodio racconta di una nobildonna che andava spesso alla Messa celebrata da San Filippo Neri. Dopo aver preso la Comunione, ella se ne andava mancando di fare un adeguato ringraziamento. La cosa si verificava spesso. Un giorno, prima di iniziare la celebrazione della Messa, san Filippo disse a due chierichetti: “Ad un mio cenno seguite con le candele accese una donna che io vi indicherò”.
Iniziò la Messa, dopo la Comunione, la solita nobildonna, ricevuta l’ostia, lasciò la Chiesa. San Filippo fece cenno ai due chierichetti che, con due grosse candele accese, seguirono la donna. Questa ovviamente si girò e chiese loro il perché. I fanciulli dissero la verità e la donna, innervosita, tornò in chiesa per chiedere spiegazioni al sacerdote.
“Come vi siete permesso?” disse a S. Filippo, ma questi di rimando: “Signora, mi sono permesso perché stava portando la SS. Eucaristia in processione per le strade di Roma. Lo sa o non lo sa che ogni qualvolta riceviamo Gesù Sacramentato diventiamo per un po’ di tempo dei tabernacoli viventi?”. La nobildonna capì tutto e non osò replicare.
Un giorno andò dal santo una contadina che in confessione si accusò di parlare male del prossimo. S. Filippo le dette l’assoluzione. La contadina tornò dopo pochi giorni accusandosi dello stesso peccato. Filippo le diede nuovamente l’assoluzione. Passarono ancora pochi giorni e la donna tornò dal Santo accusandosi dello stesso peccato. Allora san Filippo le disse: “Ti assolvo, ma come penitenza devi prendere la gallina più grande che possiedi, spennala, getta le penne nell’aria e poi con questa fatti un buon brodo”. La contadina sbalordì per quella penitenza così poco “penitenziale”, ma ubbidì.
Dopo qualche giorno ritornò da san Filippo, ancora con lo stesso peccato. A che il Santo le disse: “Ti ricordi di quella gallina che spennasti qualche giorno fa per farti un buon brodo?” La donna annuì. “Bene – riprese san Filippo – adesso come penitenza vai a raccogliere tutte le penne di quella gallina che gettasti all’aria”. La contadina protestò: “Ma, padre, come faccio adesso? Le ha portate via il vento!” San Filippo concluse: “Ecco cosa sono le chiacchiere cattive, sono come le penne gettate all’aria, non possono essere più riprese. Come si fa riparare il danno di parlare male del proprio prossimo?”.
Intenzione di preghiera
Preghiamo perché in un mondo che non crede più a nulla i cristiani non si stanchino di dare esempi concreti di vita buona a tutti.
Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo
EGON SCHIELE AUTORITRATTO
1912 – olio su tela, 32,2 × 39,8 cm Leopold Museum, Vienna
EGON SCIELE nato a Tulln, cittadina austriaca nei pressi di Vienna nel 1890, ha la vita segnata fin dall’infanzia dalla malattia mentale del padre. Un’esperienza traumatica che lascerà nel giovane profonde ferite ed un’idea di mondo fosca e malinconica. Quella stessa visione che convoglia poi a pieno nelle sue opere. Il 1905, anno della morte del padre, segna per Egon una svolta a livello artistico.
Nel 1907 al Café Museum incontra colui che rivoluzionerà il suo modo di fare arte: Gustav Klimt, maggior rappresentante della secessione viennese. In questo periodo l’artista inizia a dipingere la natura e soprattutto ritratti che rappresentano la parte più consistente e genuina della sua produzione. In soli dieci anni di attività (mori a 28 anni) Egon Schiele dipinse 250 autoritratti tra oli, acquerelli e disegni, indagando con esasperata crudezza la propria fisicità.
I dettagli del volto, il corpo spesso esibito nella sua nudità, furono il manifesto di una dolorosa condizione interiore, il sintomo di un malessere radicato nel profondo. L’autoritratto perde con Schiele la funzione auto celebrativa e acquista quella di specchio dell’interiorità. In essi si riflette tutto il disappunto, il senso di fallimento e inadeguatezza dell’artista che getta in faccia ai propri contemporanei i fantasmi della sua mente, che sono poi quelli dell’uomo contemporaneo: impotente e sopraffatto dalla perdita di sé stesso.
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