Mercoledì 5 novembre 2025

     

    31.a settimana tempo ordinario

     

    Avvenne il 5 novembre…

    333 a.C. – Battaglia di Isso, le forze di Alessandro Magno sconfiggono i Persiani di Dario III

    1605 – Viene sventato il tentativo di Guy Fawkes di far esplodere il Parlamento d’Inghilterra.

    1911 – L’Italia, dopo aver dichiarato guerra all’Impero ottomano, annette Tripoli e la Cirenaica.

    1914 – Il Regno Unito annette Cipro, e, assieme alla Francia, dichiara guerra all’Impero ottomano.

    1940 – Franklin Delano Roosevelt viene rieletto presidente degli Stati Uniti d’America.

    1989 – Muore il celebre pianista Vladimir Horowitz.

    2024 –Elezioni Usa: il repubblicano Donald Trump eletto per la 2.a volta, a 8 anni dal primo mandato.

     

    Aforisma di Karl Kraus

    “La libertà di pensiero ce l’abbiamo. Adesso ci vorrebbe il pensiero.”

     

    Preghiera Colletta

    Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che corriamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per i secoli dei secoli. Amen.

     

    Santo del giorno

    Nato a Parma nel 1865, i malanni fisici che lo afflissero sin da ragazzo impedirono a Guido Maria Conforti di seguire la strada che il padre voleva per lui (dirigente agricolo), ma anche la via della missione «ad gentes». Non per questo il futuro fondatore dei Saveriani si perse d’animo. Acquistò una casa per formare giovani missionari.

    Nacque così la «Pia società saveriana». I primi andarono in Cina nel 1899, ma la missione fu stroncata nel sangue dalla rivolta dei Boxers. Essi però non si fermarono. Conforti era intanto divenuto, nel 1902, arcivescovo di Ravenna. Dovette, però, lasciare due anni dopo per gravi motivi di salute.

    In seguitò migliorò, tanto che il Papa lo mandò vescovo a Parma, diocesi di cui era stato già vicario generale. La resse per 25 anni, compiendo 5 visite pastorali nelle 300 parrocchie. Andò a trovare anche i missionari nel Celeste Impero. Morì nel 1931. E’ beato dal 1996 e santo dal 2011.

     

    Parola di Dio del giorno

    In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

    Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.

    Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».

     

    Riflessione don Arturo commenta don Bepo

    «Comincia oggi il 57° anno della mia vita. Anche se posso campare ancora, sono sempre sul declino e vicino alla morte! Desidero di far tesoro del tempo, quanto più me ne rimane poco. Evitare tutto quello che dispiace a Dio, vivere in Lui e per Lui». don Giuseppe Vavassori (diario 19 luglio 1944).

    Otto mesi prima, don Bepo aveva vissuto l’esperienza della prigione, luogo dove i pensieri si affollano e l’anima vive una condizione esistenziale più dolorosa della stessa morte. Don Bepo non nasconde a sé stesso la morte. La sente vicino e sa che occorre essere vigilanti, con la lampada accesa, evitando cioè quello che dispiace a Dio, vivendo in Lui e per Lui. Sono passati 80 anni dalla seconda guerra mondiale e il modo di sentire diffuso ha voltato pagina. Intrappolati dalla paura abbiamo preso la china sempre più ripida che ha portato a irridere o a nascondere la morte.  Da Napoleone in poi i cimiteri sono stati allontanati dai paesi, in luoghi recintati e quasi nascosti, attorniati da cipressi. 

    Una scelta opposta a quella cristiana, testimoniata dalle piccole comunità delle nostre montagne, in particolare del Trentino e dell’Alto Adige, che depongono i loro morti nel piccolo cimitero accanto alla Chiesa. Altrove, vi sono cimiteri profondamente mutati per creare loculi sopra e sotto terra… e così pian piano, si viene allentando la tradizione di portare il 2 novembre i fiori ai propri morti, di pregare per loro, di far celebrare Messe in loro suffragio, di ringraziare Dio per l’amore che ci hanno donato, amore che, come vento, ha messo in movimento le pale del mulino della nostra vita.

    Il ricordo dei nostri cari defunti fa affiorare alla coscienza ciò che più vale nella vita. «Nell’ora dell’addio, o meglio, dell’arrivederci – ha scritto papa Giovanni XXIII – richiamo a tutti ciò che più vale nella vita: Gesù Cristo benedetto: la sua Santa Chiesa, il suo Vangelo, e, nel Vangelo, soprattutto il Pater noster e, nello spirito e nel cuore di Gesù e del Vangelo, la verità e la bontà, la bontà mite e benigna, operosa e paziente, invitta e vittoriosa».

    ll cristianesimo non “festeggia” la morte, ma la Resurrezione di Cristo, la vittoria su quella morte che sconvolge chi viene lasciato solo…Commemorando i morti rinnoviamo ogni volta la fede in Dio che ha vinto la morte e ci ha dato la speranza che essa è un passaggio verso la pienezza della vita eterna. Nell’ottavario di morti facciamo nostro il pensiero di San Paolo: «Non conformatevi alla mentalità di questo mondo».

     

    Intenzione di preghiera

    Perché ci asteniamo dal pronunciare e diffondere, con troppa facilità, giudizi e pareri, ma ci sentiamo fratelli con tutti quelli che con onestà e sofferenza ricercano la verità. 

     

    Don’t Forget!

    José María Rubio (1864-1929), comunemente conosciuto come l’apostolo di Madrid, visitava

    regolarmente le zone più povere della città per assistere gli abbandonati e i senzatetto.

     

    Santi e beati della carità

    S. JOSÉ MARIA RUBIO PERALTA

    GESUITA FONDATORE 1864-1929

    José Maria Rubio nacque a Dalías, provincia di Almería in Spagna, il 22-7-1864 da umili e pii genitori contadini; la sua famiglia era composta da 6 figli viventi, altri 6 erano morti da piccoli. Trascorse una felice infanzia e nel 1875 iniziò gli studi medi ad Almería, per poterli proseguire nel seminario della diocesi, perché era chiara la chiamata al sacerdozio. Nel 1878 si trasferì nel Seminario maggiore di Granada per gli studi di filosofia, teologia e diritto canonico e nel 1886 a Madrid completò gli studi laureandosi e venne ordinato prete il 24-9-1887 a Madrid. Per due anni fu viceparroco a Chinchón e parroco per un anno a Estremera; nel 1890 fu chiamato dal vescovo a ricoprire vari incarichi nella Curia di Madrid: esaminatore sinodale, professore di metafisica, latino e teologia pastorale in Seminario, notaio curiale e cappellano delle monache di S. Bernardo.

    Fece anche nel 1905 un pellegrinaggio in Terra Santa, Nel 1906 egli volle entrare nella Compagnia di Gesù come desiderava da tempo. Entrò a 42 anni nel noviziato dei Gesuiti di Granada, emise i voti il 12-10-1908; dopo un anno di studi e un breve periodo fra i Gesuiti di Siviglia, svolse il suo ministero pastorale a Madrid, dove rimase fino alla morte. Formato alla scuola degli Esercizi Spirituali di S. Ignazio di Loyola, aveva una profonda vita spirituale alimentata dall’amore all’Eucaristia e la devozione al Cuore di Gesù.

    Fin dalle prime ore del mattino, lunghe file di fedeli assediavano il suo confessionale; come predicatore era un disastro, eppure le sue prediche erano capite e seguite da tutti e convertivano molti, come il Curato d’Ars. Abitualmente cercava gli straccivendoli, radunava i ragazzi di strada, faceva catechismo alle ragazze povere. Bastarono pochi mesi in parrocchia perché la gente lo ritenesse un santo; tutti erano ammirati nel vederlo pregare tanto e nel sapere che correva tutto il giorno per aiutare qualcuno.

    Quando poi non si sapeva più dove trovarlo bisognava andare a cercarlo nel confessionale. Fu ricercatissimo per gli esercizi spirituali a ogni categoria di persone e per l’assistenza spirituale alle comunità religiose. Con coraggio si dedicò alla cura pastorale dei quartieri più poveri ed abbandonati della città, si meritò l’appellativo di ‘apostolo di Madrid’, particolare impegno profuse nella formazione dei laici, affinché si comportassero da buoni cristiani in famiglia, nelle loro professioni e nella vita sociale. Negli ultimi anni di vita, la sua attività pastorale fu contrassegnata da numerosi fatti prodigiosi, che gli valsero il titolo di taumaturgo. La gente diceva, anche sotto giuramento, che attorno a lui si verificano cose prodigiose: bilocazioni, telepatie, preveggenze, profezie.

    Tutto ciò si spiega perché quel prete aveva messo la sua vita nelle mani di Dio, voleva sempre “fare quello che Dio vuole e volere quello che Dio fa”, pregava ininterrottamente e si lasciava “mangiare” dagli altri. Fondò una comunità di “Marie” in costante adorazione davanti al tabernacolo, si fece formatore di coscienze che nella persecuzione degli Anni Trenta gli faranno onore anche fino al martirio. I suoi ultimi anni furono contrassegnati dalle incomprensioni dei superiori, che lo isolarono sempre più. Morì il 2-5-1929, dopo aver strappato tutti i suoi appunti spirituali nel tentativo illusorio di farsi dimenticare presto. Invece, Giovanni Paolo II° lo beatificò nel 1985 e lo canonizzò nel 2003, perché di simili luci il mondo ha bisogno sempre. 

     

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