31.a settimana tempo ordinario
Avvenne il 7 novembre…
1504 – Cristoforo Colombo torna dal suo quarto ed ultimo viaggio per le Americhe
1659 – La pace dei Pirenei, stipulata tra Francia e Spagna, pone fine alla guerra franco-spagnola.
1917 – In Russia esplode la rivoluzione d’ottobre.
1929 – Il Museum of Modern Art di New York apre al pubblico.
1931 – Fondazione della Repubblica Sovietica Cinese
2020 – Joe Biden vince le elezioni presidenziali degli Stati Uniti d’America
Aforisma di Karl Kraus
“Il potere dell’agitatore è di rendersi stupido quanto i suoi ascoltatori, in modo che questi credano di essere intelligenti come lui.”
Preghiera Colletta
Dio onnipotente e misericordioso, tu solo puoi dare ai tuoi fedeli il dono di servirti in modo lodevole e degno; fa’ che corriamo senza ostacoli verso i beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per i secoli dei secoli. Amen.
Santo del giorno

È onorato, dalla tradizione, come 1° vescovo di Padova, patrono della città e secondo la opinione di vari studiosi, probabile evangelizzatore di tutta la Venezia occidentale. Anche la più bella immagine di S. Prosdocimo fu dipinta dal padovano Andrea Mantegna. Fa parte di un polittico intitolato a S. Giustina, altra celebre martire di Padova, che si trova nella Pinacoteca di Brera, a Milano.
In questo, Prosdocimo appare col tipico attributo della brocca, simbolo della sua infaticabile attività di battezzatore. Inviato dallo stesso san Pietro, Prosdocimo a Padova avrebbe compiuto prodigi e miracoli. Dopo la sua morte si trova citata, fuori dalle mura di Padova, una «Ecclesia Sancti Prosdocimi», nota più tardi come basilica di Santa Giustina. Il vescovo, infatti, avrebbe convertito proprio Giustina, e la donna cristiana seppe mantenere intatta la sua fede, affrontando il martirio nella persecuzione di Nerone.
Parola di Dio del giorno luca 16,1-8
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno.
So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”.
Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
Riflessione di Monsignor Ravasi: Mattutino
Il nonno stava per morire. Figli e nipoti erano al suo capezzale angosciati. Egli aprì gli occhi ed essi approfittarono per fargli capire che desideravano che non morisse. Allora il nonno con pacata serenità disse lentamente: «Quello che è veramente vivo deve morire. Guardate i fiori: solo quelli di plastica non muoiono mai!». Riescono a farli così simili a quelli veri da costringerci a toccarli per scoprire che in verità sono finti.
Che sia questo un simbolo del nostro tempo, fatto di artificiosità e di inganno? Certo è che il fiore o la pianta di plastica non appassiscono né muoiono; eppure noi tutti li consideriamo come un segno di cattivo gusto e di kitsch. Questa volta la nostra riflessione va, però, nella direzione che ci è suggerita dall’episodio sopra citato. L’ho ritrovato nel riquadro di una rivista americana ove si mettono le “battute di spirito” in senso non umoristico ma “spirituale”.
La morte, comunque, ha sempre due volti, uno tragico e uno liberatorio. Persino in Cristo si ritrova questa duplicità: per Matteo e Marco egli lancia quell’urlo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»; per Luca si rivolge serenamente a Dio: «Padre, alle tue mani affido il mio spirito». Vita e morte sono due passi costanti nella nostra esistenza. Ogni minuto è un istante pieno di vita, ma è anche un avanzare verso la morte.
C’è un verso indimenticabile messo in bocca a Beatrice da Dante che parla «del viver ch’è un correre a la morte» (Purgatorio XXXIII, 54). È, quindi, necessaria la lezione di Leonardo da Vinci che confessava nei suoi Pensieri: «Quando io crederò a imparare a vivere, io imparerò a morire». Una lezione di sapienza che permette alla fine di condividere la frase di quel nonno. Una frase che si carica di luce ulteriore per il credente che vede la morte come una soglia aperta sull’eternità di Dio.
Intenzione di preghiera
Perché in questo mese di novembre manteniamo vivo il dovere della memoria e della riconoscenza nei confronti dei nostri defunti e si impegniamo a meditare sulla nostra morte.
Don’t Forget! 6° CANTO 5.A PARTE

91-93
E ‘l duca disse a me: “Più non si desta
di qua dal suon de l’angelica tromba,
quando verrà la nimica podesta:
94-96
ciascun rivederà la trista tomba,
ripiglierà sua carne e sua figura,
udirà quel ch’in etterno rimbomba”.
97-99
Sì trapassammo per sozza mistura
de l’ombre e de la pioggia, a passi lenti,
toccando un poco la vita futura;
100-102
per ch’io dissi: “Maestro esti tormenti
crescerann’ei dopo la gran sentenza,
o fier minori, o saran sì cocenti?”.
103-105
Ed elli a me: “Ritorna a tua scienza,
che vuol, quanto la cosa è più perfetta,
più senta il bene, e così la doglienza.
106-108
Tutto che questa gente maladetta
in vera perfezion già mai non vada,
di là più che di qua essere aspetta”.
109-111
Noi aggirammo a tondo quella strada,
parlando più assai ch’i’ non ridico;
venimmo al punto dove si digrada:
112 quivi trovammo Pluto, il gran nemico.
TRADUZIONE in ITALIANO CORRENTE
91-93 La guida mi disse: «Non si alzerà più dal sonno, prima del suono della tromba dell’angelo [che annunzia il giudizio universale], quando verrà il nemico dei malvagi (=Cristo). 94-96 Allora ciascuno troverà la sua tomba trista, riprenderà la sua carne e il suo aspetto, udrà la sentenza finale [di Dio], che echeggerà in eterno». 97-99 A passi lenti attraversammo quella sozza mescolanza fatta di ombre e di pioggia, ragionando un po’ della vita futura. 100-102 Io dissi: «O maestro, dopo il giudizio universale questi tormenti cresceranno, diventeranno minori o resteranno così cocenti?». 103-105 Ed egli a me: «Ritorna con il pensiero alla scienza [di Aristotele che hai fatto] tua. Essa insegna che, quanto più una cosa è perfetta, tanto più sente il bene e, ugualmente, il dolore. 106-108 Sebbene non possa raggiungere mai la vera perfezione [che consiste nella comunione con Dio], questa gente maledetta si avvicina maggiormente alla perfezione dopo il giudizio universale [quando il corpo è riunito all’anima] piuttosto che prima». 109-111 Noi percorremmo la strada circolare parlando molto di più di quanto riferisco. Venimmo al punto in cui si scende nel cerchio sottostante. 112. Qui trovammo Pluto, il grande nemico degli uomini
CONDIZIONE DEI DANNATI DOPO IL GIUDIZIO UNIVERSALE. PLUTO (94-115)
Virgilio prende la parola per spiegare a Dante che Ciacco non si solleverà più fino al giorno del Giudizio Universale, quando udrà il suono della tromba angelica. Allora i trapassati si rivestiranno del corpo mortale, ascoltando la sentenza finale che fisserà in eterno il loro destino ultra-terreno. Mentre i due poeti attraversano la fanghiglia tra le anime, Dante chiede a Virgilio se i tormenti dei dannati aumenteranno dopo il Giudizio, oppure saranno attenuati o resteranno uguali.
Virgilio risponde a Dante invitandolo a pensare alla Fisica di Aristotele, in base alla quale quanto più una cosa è perfetta, tanto più è in grado di percepire il dolore e il piacere. I dannati non saranno mai perfetti, tuttavia è logico supporre che dopo la sentenza finale raggiungeranno la pienezza del proprio essere (essendosi riappropriati del loro corpo), quindi implicitamente afferma che le loro pene aumenteranno. I due poeti aggirano a tondo il Cerchio, parlando di altri argomenti che Dante non riferisce.
Quando giungono al punto in cui si scende dal III al IV Cerchio, trovano il gran nemico: PLUTO che è il custode del IV Cerchio infernale (avari e prodighi). L’identificazione è problematica, dal momento che potrebbe essere Pluto, dio greco delle ricchezze, figlio di Iasione e Demetra (immagine a destra), oppure Plutone, dio classico degli Inferi e sposo di Proserpina (immagine a sinistra). È più probabile la seconda ipotesi, anche perché Plutone (detto anche Dite) era spesso interpretato nel Medioevo come figura diabolica ed era accostato alle ricchezze che sono custodite sottoterra.










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