Avendo passato più di metà della mia vita di prete tra i poveri della Bolivia (14 anni) e del Patronato (14 anni) ho cercato di far tesoro non solo della testimonianza, ma anche degli insegnamenti di tanti bravi preti, suore e laici incontrati sul cammino: tre in particolare mi sono rimasti impressi.
Il mio parroco don Pietro Balzi all’arrivo in missione mi disse: «Ricorda che tre cose sono indispensabili qui: umiltà… e tanta! Pazienza e tenacia… ancor di più. Capacità di resistere alle difficoltà, a noi stessi e a volte anche alla gente; solo a Dio ci si arrende senza condizioni».
Qualche anno dopo in seguito all’ennesima delusione ricevuta da persone aiutate in tutti i modi, una suora in Bolivia da 30 anni aggiunse: «Per stare a galla in missione bisogna imparà a fa töt per ol Signur».
Infine appena arrivato al Patronato un saggio prete di lungo corso mi consigliò: «Se farai le cose bene, aumenteranno le resistenze sia interne che esterne contro di te, ma non spaventarti: alla fine la realtà sarà costretta a darti ragione». «Cosa vuol dire far le cose bene?» chiesi. E lui: «Non stancarsi di nessuno e volere il bene della gente a te affidata».
Ho scritto questo per don Roberto della Caritas che nei giorni scorsi è stato vittima di un’aggressione da parte di uno di quelli per cui si spende ogni giorno, perché se questi consigli sono veri, certe ferite valgono più di una medaglia.
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