Confessarsi faceva la differenza

     

    Valle Imagna anni 1950: sul territorio tra Roncola e Valcava sono aperte miniere di quarzo che danno lavoro agli abitanti della zona segnata da forte emigrazione a causa delle difficili condizioni di vita di un’economia di sussistenza.

    Due minatori, parenti tra loro, dopo aver collocato la dinamite in una galleria di quarzo, si mettono al riparo in attesa del botto e cominciano a contare, ma non succede nulla. Quanto più cresce l’attesa, tanto più aumenta l’ansia: se i candelotti non esplodono uno dei due dovrà andare a controllare, col rischio altissimo di rimetterci le penne.

    Fra i due inizia la discussione a chi tocchi il rischioso compito, finché uno propone: “Sei d’accordo che ci vada quello di noi due che si è confessato più di recente?” L’altro, un cinquantenne padre di famiglia, ci sta e risponde: “Io mi sono confessato ieri e tu?”. “Vari mesi fa” risponde. Il designato si avvia e pochi secondi dopo un tremendo botto insieme alla roccia dilania anche il corpo dell’uomo.

    Questa terribile disgrazia rivela di che pasta erano fatti i nostri vecchi: quel papà ha accettato il patto pur sapendo che sarebbe toccata a lui, perché un uomo d’onore mantiene la parola anche a suo rischio. E quelli erano tempi in cui l’essersi o no confessati, faceva ancora la differenza.

     

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