“Ce l’hai una cravatta scura da prestarmi?”. Sono abituato alle richieste più bizzarre, ma questa non mi era ancora capitata. M. è un magrebino ventenne, allampanato, con la faccia pulita da bambino: è arrivato in Italia a tredici anni e dopo qualche anno di affido in comunità ora è solo e da qualche tempo bazzica il Patronato. “Che te ne fai della cravatta?” chiedo. “Devo presentarmi a un colloquio di lavoro: la giacca l’ho trovata, mi manca solo la cravatta per fare una buona impressione.

    E poi –soggiunge- il lavoro va fatto con dignità”. Il lavoro non era altro che volantinaggio e M. nonostante l’elegante completo blu con cravatta in tinta scovati in qualche deposito Caritas non viene accettato. Ma questo ragazzo a cui le vicissitudini della vita non sono riuscite a togliere il senso della dignità e la voglia di un lavoro pulito, merita considerazione e rispetto, così che si fa di tutto per affidargli piccoli incarichi che accetta al volo, esibendo la casacca la lavoro come fosse un‘alta uniforme.

     

    – don Davide –

     

     

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