2.a Settimana di Quaresima
Aforisma del giorno di Zenone di Elea
Il bene non consiste nella grandezza, ma la grandezza nel bene.
Preghiera del giorno di S. Bernardo
Inclina verso di te, o Dio, quel poco che hai voluto che io sia. Della mia povera esistenza, ti supplico di prendere gli anni che mi restano da vivere. Quanto a quelli perduti, ne provo umiliazione e pentimento. Non disdegnare i miei rimpianti. Ormai non vi è più in me che il desiderio della tua saggezza e un cuore, che ti offro. Amen.
Santo del giorno
S. Patrizio
Patrizio nasce nel 385 in Britannia da famiglia cristiana; a 16 anni è rapito e condotto schiavo in Irlanda, dove rimane prigioniero per 6 anni durante i quali approfondisce la sua vita di fede. Fuggito dalla schiavitù, ritorna in patria. Trascorre qualche tempo con i genitori, poi si prepara per diventare diacono e prete.
Raggiunge il continente e fa esperienze monastiche in Francia. Ha 40 anni e sente la nostalgia di ritornare in patria dove c’è bisogno di evangelizzatori: egli si prepara, ma la famiglia è restia a lasciarlo partire. Nel 432 è di nuovo sull’isola: sotto scorta, predica, battezza, conferma, celebra, ordina preti, consacra monaci e vergini.
Il successo missionario è grande, ma non mancano assalti di nemici e predoni, e neppure le malignità dei cristiani: scrive la Confessione per respingere le accuse e celebrare l’amore di Dio che l’ha protetto e guidato. Muore nel 461. È il patrono dell’Irlanda e degli irlandesi nel mondo.
Parola di Dio del giorno Luca 16,19-31
Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli.
Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorge dai morti”».
Riflessione del giorno
Con un matrimonio fallito alle spalle, si era lasciato andare: aveva tagliato tutti i legami e intrapreso una lenta, ma inarrestabile discesa verso l’estenuazione personale, chiudendosi in una solitudine che proteggeva in modo aggressivo, con un cane come unico compagno…Non avendo vizi pericolosi era riuscito a sopravvivere fino a diventare quasi centenario.
Nessuno si stupì quando seppe che era stato trovato morto nel suo monolocale, vegliato solo dal cane. Trovarono il foglio con le volontà: niente funerale religioso o civile. Niente eredità: giusto l’occorrente per la cremazione. La sola citazione di un essere vivente riguardava la sua bestiola che chiedeva fosse affidata al canile. Il giorno in cui le ceneri sarebbero state disperse non doveva essere comunicato, ma un prete lo seppe e intervenne rispettando le consegna del silenzio.
Sulle cappelle del cimitero i piccioni erano in attesa: l’incaricato della funeraria li indicò: “Reverendo, stia a vedere quel che succede…”. Non appena le ceneri furono disperse, i piccioni si avventarono su quella povera polvere d’uomo che di sé voleva non rimanesse nulla. E c’era riuscito. Ma non aveva fatto i conti l’invincibile tenacia della pietà divina.
Intenzione di preghiera per il giorno
Preghiamo perché cessino le ostilità tra Russi e Ucraini e inizino dialoghi di pace e di accordo.
Don’t forget!
ore 20,30 Auditorium Casa del Giovane: L’arcivescovo di Bologna Card. MATTEO MARIA ZUPPI propone una riflessione sulla “Carità” in occasione della settimana di ricordo di don FAUSTO RESMINI nel 2° anniversario della scomparsa. Non c’è bisogno di prenotazione.
Santi della carità
Artemide Zatti Coadiutore Salesiano
Reggio Emilia – Italia 1880
Viedma – Argentina 1951
Artemide Zatti nacque a Boretto (Reggio Emilia) il 12-10-1880; a nove anni già si guadagnava la giornata come bracciante. Costretta dalla povertà, la famiglia Zatti, agli inizi del 1897, emigrò in Argentina e si stabilì a Bahìa Blanca dove il giovane Artemide prese a frequentare la parrocchia retta dai Salesiani, trovando nel Parroco Don Carlo Cavalli il suo direttore spirituale.
Fu questi ad orientarlo verso la vita salesiana: a 20 anni entrò nell’aspirantato di Bernal, dove assistendo un giovane sacerdote affetto da tbc, ne contrasse la malattia.
Ospitato presso la Casa salesiana di Viedma dove c’era un clima adatto e un ospedale missionario, su suggerimento del “medico” Padre Evasio Garrone pregò Maria Ausiliatrice e fece una promessa: «Se guarisco, dedicherò la tua vita agli infermi».
Più tardi Artemide dirà: «Credetti, promisi, guarii». Accettò con umiltà di rinunziare al sacerdozio e come confratello laico fece la sua prima Professione l’11-1-1908 e quella perpetua nel 1911. Si consacrò all’Ospedale, occupandosi della farmacia annessa e quando nel 1913 morì Padre Garrone, la responsabilità dell’ospedale cadde su di lui come vicedirettore, amministratore, infermiere stimato da tutti i malati e i sanitari.
Il suo servizio si estendeva anche a tutta la città: in caso di necessità si muoveva a ogni ora del giorno e della notte, con qualunque tempo, raggiungeva i tuguri della periferia e facendo tutto gratis. La sua fama si diffuse e da tutta la Patagonia gli arrivavano ammalati. Non era raro il caso di malati che preferivano la visita dell’infermiere a quella dei medici.
Artemide amava i suoi ammalati in modo davvero commovente. Fedele allo spirito salesiano e al motto di don Bosco «lavoro e temperanza», svolse la sua attività con prontezza d’animo, spirito di sacrificio, distacco da ogni soddisfazione personale, senza prendersi vacanze e riposo. Fu un uomo di facile rapporto umano, con una visibile carica di simpatia, lieto di potersi intrattenere con la gente umile.
Ma fu soprattutto un uomo di Dio che egli irraggiava. Un medico incredulo, dirà: «Quando vedevo il signor Zatti la mia incredulità vacillava». E un altro: «Credo in Dio da quando conosco il signor Zatti». Nel 1950 l’infermiere cadde da una scala e fu in quella occasione che si manifestarono i sintomi di un cancro che egli stesso diagnosticò.
Continuò tuttavia la sua missione ancora per un anno, finché dopo sofferenze eroicamente accettate, si spense il 15 marzo 1951 in piena coscienza, circondato dall’affetto e dalla gratitudine di un’intera popolazione. È stato beatificato dal S. Giovanni Paolo II il 14-4-2002. I suoi resti mortali riposano nella cappella dei Salesiani a Viedma, Argentina.
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