VI Settimana di Pasqua
Aforisma di Jules Renard
La vecchiaia arriva brusca, come la neve. Un mattino, svegliandosi, ci si accorge che tutto è bianco.
Preghiera Colletta
O Dio, che hai reso il tuo popolo partecipe della redenzione, fa’ che esulti in eterno per la risurrezione del Signore Gesù Cristo che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per i secoli dei secoli. Amen
Santo del giorno
Felice Porro nacque a Cantalice (Rieti) nel 1515; giovane, si trasferì a Cittaducale dove prestò servizio nella famiglia Picchi come pastore e contadino. Nel 1544 decise di assecondare il desiderio di farsi Cappuccino. Dopo il Noviziato a Fiuggi, nel 1545 emise i voti nel convento di S. Giovanni Campano.
Quindi sostò per poco più di due anni nei conventi di Tivoli e di Viterbo-Palanzana per poi trasferirsi nel convento romano di S. Buonaventura (S. Croce dei Lucchesi sotto il Quirinale), dove per 40 anni fu questuante per i confratelli.
Ebbe temperamento mistico, dormiva due o tre ore e il resto della notte lo trascorreva in preghiera. Per le strade di Roma assisteva ammalati e poveri: devotissimo a Maria era chiamato «frate Deo gratias» per il suo abituale saluto. Venne canonizzato da Clemente XI nel 1712.
Parola di Dio del giorno Giovanni 16,16-20
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?».
Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”?
In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».
Riflessione detti e fatti dei padri del nuovo deserto
La madre Filotea istruiva le sorelle del suo grande monastero: parlava a tutte come si parla a una sola. “Nello spazio tra te e tua sorella, ogni volta che la incontri, inviterai Gesù. Se invece introduci soltanto le tue buone ragioni, che cosa ti distinguerà dal mondo senza Dio? Quando porti solo le tue buone ragioni, porti te stessa.
Apparterresti ancora al mondo iniquo e perverso, dove si litiga anche senza motivo. E chi ti potrà credere?”. Una delle sorelle più anziane pensò bene di replicare: “Ma se io ho ragione, ho ragione e basta”. Filotea la guardò con sguardo severo e dolce insieme: “Conosci la differenza tra avere ragione e avere Spirito Santo?
Se avrai Spirito Santo in te, sarai di Dio Padre e saprai pazientare come lui. Se non hai Spirito Santo non ti servirà a nulla avere ragione”. Da quel giorno in tutto il monastero prese il sopravvento una nuova consapevolezza, molta attenzione l’una per l’altra, e un ascolto reciproco più delicato.
Intenzione di preghiera
Preghiamo con tutto il cuore e tutta l’anima per la pace in Ucraina, Yemen, Sudan, Somalia…e in tutti quei paesi dove si combatte e si uccide.
Storia dei Martiri Cristiani – Martiri Messicani 8.A PARTE
La RIVOLTA dei “CRISTEROS
Lo scontro fu violentissimo. Contro i ribelli – che i governativi disprezzavano come esseri subumani – numerosi ma male armati e privi d’inquadramento militare, il Governo mobilitò le truppe migliori dell’esercito nazionale, inclusa l’aviazione.
Ciononostante, i Cristeros, forti dell’appoggio popolare e praticando la guerriglia, inflissero gravi perdite ai federali e aumentarono, passando a controllare e ad amministrare aree sempre più vaste del territorio nazionale, negli Stati di Durango, Morelia, Jalisco, Zacatecas, Michoacan, Veracruz, Colima e Oaxaca.
Un salto di qualità si ebbe quando, nel 1927, la guida dell’esercito cristero che contava circa ventimila uomini, venne presa dall’ex generale federale Enrique Gorostieta Velarde (1891-1929) –vedi foto sotto a sinistra- che aderì alla rivolta più per spirito anticonformista che per convinzione religiosa, ma che maturerà in consapevolezza, prima di essere ucciso a tradimento il 2-6-1929. Fra il 1927 e il 1928 gli insorti furono in grado di affrontare l’esercito federale in vere e proprie battaglie campali, con impiego dell’artiglieria e della cavalleria.
Gli aiuti ai combattenti provenivano dalla rete creata dalle famiglie, confraternite e organizzazioni di soccorso. In questa sanguinosa guerra clandestina si distinsero le brigate paramilitari femminili, intitolate a S. Giovanna d’Arco (1412-‘31). Il clero (i vescovi, tranne 2 o 3, erano fuggiti all’estero e i preti vivevano in clandestinità) fu pressoché assente fra i combattenti, che dovevano supplire alla mancanza dei sacramenti con la recita del rosario e dei salmi e con la devozione ai santi patroni.
Alla fine del 1928 per i federali cominciò a profilarsi il fantasma della sconfitta sul campo: non riuscivano più a sostenere il peso della guerra civile su tanti fronti e sembravano stanchi del terrore su vasta scala, che avevano scatenato contro il loro popolo. Grandi battaglie ebbero luogo agli inizi del 1929: la maggiore fu quella di Tepatitlán (Jalisco) il 19 aprile e il movimento cristero, che contava 50.000 combattenti, fu molto vicino alla vittoria.
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