24.a settimana T. Ordinario
Avvenne il 18 settembre…
324 – Costantino I sconfigge Licinio a Crisopoli, diventando unico imperatore dell’Impero romano
1851 – Il New York Times inizia le pubblicazioni.
1860 – Le truppe sabaude sconfiggono quelle pontificie nella battaglia di Castelfidardo.
1906 – Un ciclone tropicale, seguito da uno tsunami, uccide circa 10.000 persone a Hong Kong.
1931 – Il Giappone, a seguito dell’incidente di Mukden, occupa la Manciuria.
1938 – Trieste: Mussolini annuncia l’imminente promulgazione delle Leggi razziali fasciste.
1943 – Gli ebrei di Minsk vengono massacrati a Sobibór
Aforisma di G. K. Chesterton
“Ci si lamenta del trambusto della nostra epoca; ma in verità la caratteristica principale di quest’epoca è la sua profonda pigrizia e stanchezza, ed è questa effettiva pigrizia la causa del trambusto. Un caso evidente: le strade sono piene del rumore di taxi e automobili, dovuto non all’attività, ma alla pigrizia umana. Ci sarebbe meno trambusto se la gente andasse a piedi. Il nostro mondo sarebbe più silenzioso se fosse più energico.”
Santo del Giorno

Giuseppe Maria Desa nacque il 17-6-1603 a Copertino (Lecce) in una stalla del paese. Il padre fabbricava carri. Rifiutato da alcuni Ordini per «la sua poca letteratura» (aveva abbandonato la scuola per povertà e malattia), venne accettato dai Cappuccini, ma dimesso per «inettitudine» dopo un solo anno.
Accolto come Terziario e inserviente nel conventino della Grotella, riuscì a essere ordinato sacerdote. Aveva manifestazioni mistiche che continuarono per tutta la vita e che, unite alle preghiere e alla penitenza, diffusero la sua fama di santità. Giuseppe si sollevava da terra per le continue estasi. Così, per decisione del Sant’Uffizio venne trasferito di convento in convento fino a quello di San Francesco in Osimo.
Giuseppe da Copertino ebbe il dono della scienza infusa, per cui gli chiedevano pareri perfino i teologi e seppe accettare la sofferenza con estrema semplicità. Morì il 18-9-1663 a 60 anni; fu beatificato il 24 febbraio 1753 da papa Benedetto XIV e proclamato santo il 16 luglio 1767 da papa Clemente XIII.
Preghiera Colletta
O Dio, creatore e Signore dell’universo, volgi a noi il tuo sguardo, e fa’ che ci dedichiamo con tutte le forze al tuo servizio per sperimentare la potenza della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Parola di dio del giorno Luca 7,36-50
Uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa».
Egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.
Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
Riflessione Da: “I giorni perduti” di Dino Buzzati
“…Si avvicinò all’uomo e gli chiese: “Ti ho visto portar fuori quella cassa dal mio parco. Cosa c’era dentro? E cosa sono tutte queste casse?”. Quello lo guardò e sorrise: “Ne ho ancora sul camion, da buttare. Non sa? Sono i giorni”. “Che giorni?”. “I giorni tuoi”. Rispose. “I miei giorni?”. E lui: “I tuoi giorni perduti. I giorni che hai perso. Li aspettavi, vero? Sono venuti. Che ne hai fatto? Guardali, intatti, ancora gonfi. E adesso?”. Scese giù per la scarpata e ne aprì uno.
C’era dentro una strada d’autunno, e in fondo Graziella, la sua fidanzata, che se n’andava per sempre. E lui neppure la chiamava. Ne aprì un secondo. C’era una camera d’ospedale, e sul letto suo fratello Giosuè che stava male e lo aspettava. Ma lui era in giro per affari. Ne aprì un terzo. Al cancelletto della vecchia misera casa stava Duk, il fedele mastino, che lo attendeva da due anni, ridotto pelle e ossa. E lui non si sognava di tornare. Si sentì prendere da una certa cosa qui allo stomaco. Lo scaricatore stava diritto sul ciglio del vallone, immobile come un giustiziere. “Signore!” gridò Kazirra. “Mi ascolti.
Lasci che mi porti via almeno questi tre giorni. La supplico. Almeno questi tre giorni. Io sono ricco. Le darò tutto quello che vuole”. Lo scaricatore fece un gesto con la destra, come per indicare un punto irraggiungibile, come per dire che era troppo tardi e che nessun rimedio era più possibile. Poi svanì nell’aria, e all’istante scomparve anche il gigantesco cumulo di casse misteriose. E l’ombra della notte scendeva…”
Intenzione di preghiera
Preghiamo tanto perché solo Dio può aiutare il nostro mondo sconvolto dalla prepotenza e ferocia più disumana a trovare la via della fede e della ragionevolezza che portano alla pace.
Don’t Forget! Lettura spiegata Della Divina Commedia
DIVINA COMMEDIA INFERNO CANTO 5° 6.a parte

Il canto 5° dell’inferno è uno dei più famosi e commentati dell’intera Commedia di Dante, ma è anche uno dei più impegnativi perché mette a tema la questione decisiva della vita umana: quella dell’amore. La lettura di questo canto infatti subito fa sorgere un perché? Perché se Dio è amore e se l’amore è l’esperienza fondamentale della vita, quei due (Paolo e Francesca) sono finiti all’inferno? Anzitutto va precisato che Dante colloca i lussuriosi all’inferno, ma nel punto più lontano da Lucifero che sta conficcato nel fondo dell’abisso infernale.
Dante infatti dispone i peccati secondo un ordine preciso: più le colpe sono gravi e più i dannati sono vicini a Lucifero. In questo caso i lussuriosi sono i più lontani al capo dei diavoli. Perché? Perché l’amore è ciò che tutti più profondamente desideriamo e di conseguenza la lussuria, che è traviamento dell’amore, è la tentazione più immediata e universale. Ma chi sono i lussuriosi? Dante risponde: quelli che “la ragion sottomettono al talento” (v.39).
La ragione – cioè il giudizio, la capacità di decidere delle proprie azioni in base a un criterio e a un giudizio di valore – è contrapposta al talento cioè a ciò che piace e aggrada, al piacere immediato e all’attrattiva del momento. Ma la gente di oggi risponderebbe a Dante: “Ma come, l’amore è o non è un sentimento? Appartiene esclusivamente alla sfera emotiva…e allora che c’entra la ragione?”. Quest’obiezione nasconde un equivoco: la convinzione che l’amore sia tutto e solo sentimento. Pensare che il sentimento basti e che quando è finito, è finito anche l’amore oggi è opinione diffusa a tal punto che molte crisi matrimoniali nascono dal fatto che uno dei due coniugi dice all’altro: “Non sento più niente per te e perciò ti lascio!” (a questi facevo notare che durante il covid19 pure io non sentivo più né i sapori, né gli odori, ma era il segno evidente che ero malato).
L’amore, quello vero, è pieno di ragione e continua a interpellare la ragionevolezza per sapere se quel che il sentimento prova e mette in atto è davvero il bene della persona amata. Dante lo precisa nel suo scritto la “Vita Nova”: “nulla volta sofferse che amore mi reggesse senza lo fedele consiglio della ragione”. Questa idea unitaria della persona (sentimento e ragione non contrapposti, ma complementari) è stata bene formulata e spiegata da S. Agostino che si chiede: dov’è che si vede la somiglianza fra Dio e l’uomo? E ancora lui risponde: “Dio è Uno e Trino, è tre persone nell’unità di una sola sostanza: il Padre esprime l’essere di Dio, la sua identità; il Figlio esprime la conoscenza (non a caso è detto Logos cioè Verbo) e lo Spirito esprime l’amore.
Così avviene anche nell’animo umano nel quale troviamo 1) la “memoria” cioè la facoltà che mantiene le cose nell’essere; 2) la ragione che genera la conoscenza 3) l’amore. Ebbene nell’animo umano, a immagine di quel che avviene in Dio, quello che avviene in una i queste tre sfere è inestricabilmente legato a quel che avviene nelle altre due. Cioè la memoria ha bisogno della ragione e la ragione e la memoria hanno bisogno dell’amore. Ma questo lo dice la fede cristiana di cui Agostino e Dante sono due grandi rappresentanti: nell’antichità greca l’ideale infatti era quello dell’apatia (ἀπάθεια, apátheia) impassibilità ovvero assenza di passioni perché queste sono nemiche del comportamento equilibrato e perciò il saggio è colui che non si lascia condizionare dai sentimenti.
Dopo il Medioevo segnato in profondità dalla fede, l’epoca moderna ha rinnovato la netta separazione fra ragione e sentimenti con René Descartes (Cartesio) il che ha prodotto da una parte l’illuminismo che esaltava la ragione e dall’altra il Romanticismo che esaltava il sentimento. Ma la realtà è che l’uomo rimane pur sempre uno e queste due tendenze dell’animo umano (cioè gli stati d’animo e la riflessione razionale) vanno sempre tenuti uniti nella persona. Il che non è stato fatto non solo da Paolo e Francesca, ma da anche tutta la serie di personaggi che Dante incontra nell’inferno: Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena (moglie di Menelao), Achille, Paride, Tristano, in compagnia di più di mille altre anime. Ora nel discorso di Francesca ci sono tre versetti famosissimi che val la pena di spiegare brevemente per capire il senso di quanto detto finora:
100: AMOR, CH’AL COR GENTIL RATTO S’APPRENDE…
Chi può dire il contrario? Amore e cuor gentile formano un binomio indissolubile e fin qui tutti siamo d’accordo, non c’è niente da eccepire
103: AMOR, CH’A NULLO AMATO AMAR PERDONA
cioè quando uno è amato non può non ricambiare, sembra ovvio, ma spesso non lo è. Infatti come è possibile che un coniuge con anni di matrimonio sulle spalle e due o tre figli a carico dica: “Mi sono innamorato/a…che ci posso fare?”. “Usa la testa (cioè la ragione) perché se a 40 anni non capisci che la tua vita vera non è quella che ti suggerisce il sentimento, ma quella che ti conferma la realtà (coniuge e figli) allora vuol dire che sei un irresponsabile cioè “la ragione hai sottomesso al talento” e sei colpevole.
106: AMOR CONDUSSE NOI AD UNA MORTE
Gli antichi greci dicevano che l’amore possedeva una parte luminosa (Eros) che però aveva anche una controparte oscura (thanatos = morte). Quella che era nata come una storia di bene, vita e felicità si è capovolta nel suo contrario: la morte che li colpisce tutti e due insieme.
Insomma il motivo per cui Paolo e Francesca si trovano all’inferno non è perché hanno disobbedito a un comandamento di Dio, ma perché hanno tradito sé stessi; hanno permesso che il sentimento che è la giusta scintilla che accende il fuoco dell’amore, si impadronisse di loro escludendo ogni altro aspetto della loro personalità, sia la ragionevolezza, sia la responsabilità.
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