Giovedì 26 maggio 2022

     

    Sesta settimana di pasqua

     

    Aforisma del giorno di Helen Keller

    L’eresia di un’epoca diventa l’ortodossia di quella successiva.

     

    Preghiera del giorno di Edith Stein

    Benedici i cuori che si ottenebrano, dona sollievo, Signore, ai malati, agli afflitti che portano i loro cari alla tomba. Pace a loro. Insegnaci a dimenticare. Non lasciare sulla terra cuori nell’angoscia per il peccato. Benedici coloro che sono felici, Signore: custodiscili sotto la tua protezione. Amen.

     

    Santo del giorno

    S. Filippo Neri

    Figlio di un notaio fiorentino, ricevette buona istruzione e poi fece pratica dell’attività di suo padre; ma a 18 anni abbandonò gli affari e andò a Roma dove visse come laico per 17 anni e si guadagnò da vivere facendo il precettore, scrivendo poesie e studiando filosofia e teologia.

    Nel 1538 Filippo cominciò a lavorare fra i giovani della città e fondò una confraternita di laici che adoravano Dio e per davano aiuto ai pellegrini e ai malati. Filippo passava molto tempo in preghiera e nel 1544 sperimentò un’estasi di amore divino.

    Nel 1551 fu ordinato prete e presto si fece un nome come confessore; gli fu attribuito il dono di saper leggere nei cuori. Ma la sua occupazione principale era ancora il lavoro tra i giovani: assistito da altri giovani chierici, li organizzò nella Congregazione dell’Oratorio; per la sua società costruì la Chiesa Nuova, a S. Maria “in Vallicella”. Diventò famoso in e la sua influenza sui romani del tempo fu incalcolabile.

     

    Parola di Dio del giorno Giovanni 16,16-20

    Disse Gesù ai discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?».

    Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia».

     

    Riflessione del giorno dalla vita di S. Teresa di Calcutta

    Un giorno, in un vicolo fangoso, madre Teresa di Calcutta trova una donna rosicchiata dai topi. Sta per morire. Madre Teresa se la carica sulle braccia e la porta al più vicino ospedale. Non l’accettano, «non c’è posto».

    Mentre si reca a un altro ospedale, la donna le muore tra le braccia. Madre Teresa non si dà pace. Deve trovare un luogo spazioso per ospitare coloro che stanno morendo per fame, per malattie che non sono mortali ma che uccidono i deboli… Non molto lontano alza le sue cupole e i suoi colonnati il Kalighat, tempio della dea Kalì, protettrice di Calcutta.

    Nel recinto del tempio ci sono due vaste sale, destinate a dormitorio per i pellegrini che in ottobre giungono da ogni parte della regione. Le due sale, una per gli uomini e una per le donne, sono vuote 11 mesi all’anno.

    Madre Teresa chiede alle autorità cittadine di poter usare le sale per ospi­tare i morenti: è una domanda rischiosa, ma le auto­rità, che fanno ogni sforzo per arginare le mi­serie della periferia, le concedono il permesso.

    I fanatici indù, appena conoscono la faccenda, organiz­zano tumulti, dichia­rando che «Una suora cattolica che apre un ricovero nel sacro recinto è una profanazione». «D’accordo – rispondono le autorità. – Mandate vo­stra madre o sorella a curare i moribondi e i lebbrosi al posto di madre Teresa, e noi la manderemo via». Natu­ralmente nessuno si fa vivo, e la suora viene lasciata in pace. 

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Perché Dio ci doni occhi e cuore capaci di vedere la sua presenza nei poveri e diseredati.

     

    Don’t Forget! Storia dei martiri cristiani

    Martiri canadesi USA e CANADA 1642 – 1649

    Nel XVII secolo, tra il 1642 ed il 1649, otto missionari di origine francese subirono il martirio nel Nord America: sei sacerdoti Gesuiti e due coadiutori laici che si mettevano al servizio dei Gesuiti in cambio del sostentamento. I primi tre furono uccisi dagli Irochesi ad Ossenon, odierna Auriesville, nei pressi di Albany e New York, quindi oggi in territorio USA.

    Gli altri cinque invece, tutti sacerdoti, subirono il martirio in Uronia, a 200 km a nord di Toronto, in territorio oggi canadese. Ispirati dai racconti dei primi missionari, questi religiosi avevano chiesto ai loro superiori di poter essere inviati nell’allora cosiddetta “Nuova Francia” per farsi portatori del Vangelo ai popoli autoctoni del Canada.

    Coscienti dei pericoli a cui si esponevano, vivendo in seno a nazioni spesso soggette agli attacchi nemici, parecchi di loro avevano infatti lucidamente previsto e accettato la possibile prospettiva del martirio in odio alla fede. Attenti ad annunziare il Vangelo nel rispetto della cultura degli Uroni e degli Irochesi, vivevano con loro, imparando la loro lingua e, durante i repentini attacchi, non esitando a mettere a rischio la loro vita.

    Fu in particolare a partire dal 1640 che gli Uroni presero a essere fieramente attaccati dalla tribù degli Irochesi, decisamente più bellicosi e feroci, più mobili sui loro veloci cavalli e più intelligenti, nel bene e nel male.

    Il 16-3-1649 la nascente missione di S. Ignazio fu assalita da oltre mille Irochesi che uccisero moltissimi Uroni, altri furono torturati senza pietà e un gran numero di donne e bambini furono rapiti per essere schiavizzati nella tribù dei vincitori.

    Tra le due popolazioni indigene era scoppiata una guerra di sterminio, che terminò con l’annientamento degli Uroni e di conseguenza con (l’apparente) annullamento dell’opera missionaria cristiana. Fu nel contesto di questa sanguinosa guerra che si collocarono le vicende del martirio degli otto Gesuiti francesi, sottoposti ad acutissime sofferenze, data la raffinata crudeltà degli Irochesi nel torturare i loro nemici, seviziati per ore e ore, a volte addirittura per giorni interi sino alla morte.

    Basti ricordare che, ad alcune delle loro vittime, gli Irochesi divorarono il cuore, e ciò non per ferocia, bensì per ammirazione. L’eroismo dei missionari cristiani nel sopportare i tormenti e la morte colpì così tanto la loro rozza fantasia di guerrieri, che cercarono di acquistare altrettanta forza di animo ingerendo il cuore di quei forti, quale sede del loro coraggio.

    Comunque un po’ del cuore dei martiri restò davvero nell’anima degli Irochesi, poiché l’insegnamento cristiano non si estinse tra le popolazioni canadesi e nei decenni successivi la colonia cattolica riprese vigore e fiorì di nuove opere. Con il passare degli anni l’evangelizzazione di padre Jean de Brébeuf e dei suoi compagni, cominciò a dare i primi frutti, al punto che nel 1649, anno in cui egli fu ucciso, gli Uroni battezzati erano quasi settemila. Come dicevano i cristiani dei primi secoli: «Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani».

     

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