IV.a Settimana tempo pasquale
Proverbio del Giorno
Quando il pastore è cieco il gregge si disperde. (Isaac B. Singer, Gimpel l’idiota, 1957)
Iniziamo la Giornata Pregando (Preghiera)
O Gesù salvatore, seguendo te noi scegliamo di amare, di non indurire mai il nostro cuore. Tu vuoi per noi la gioia che viene dal Vangelo. E quando le nostre profondità sono invase da nuvole scure, una via resta però aperta, quella di una fiducia serena. Amen
ALBERTO DA VILLA D’OGNA
Nacque nel 1214 a Villa d’Ogna da famiglia contadina. Laborioso e pio, si sposò senza tralasciare le opere di pietà e carità. L’illimitata generosità verso i poveri rese dura la convivenza con la moglie. L’ostilità dei compaesani lo costrinse ad allontanarsi dal paese natio e a riparare a Cremona. Qui entrò nel 3° Ordine secolare e spese la vita in opere di pietà e carità
Parola di Dio del Giorno (Giovanni 13,16-20)
[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: «In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. Non parlo di tutti voi; io conosco quelli che ho scelto; ma deve compiersi la Scrittura: “Colui che mangia il mio pane ha alzato contro di me il suo calcagno”. Ve lo dico fin d’ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io sono. In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato».
La riflessione del giorno (Lettere di Berlicche)
Le lettere di Berlicche (The Screwtape Letters), pubblicato nel 1942 dallo scrittore Clive S. Lewis, è un racconto satirico in forma epistolare in cui un diavolo anziano, “sua potente Abissale Sublimità il Sottosegretario Berlicche”, istruisce il nipote Malacoda, un giovane diavolo apprendista tentatore su come assicurare la dannazione dell’anima di un giovane essere umano a lui assegnato, indicato come il “paziente”, di fronte al Nemico (Dio). Si noti l’attualità profetica dello scritto!
“E come hai fatto a portare così tante anime all’inferno all’epoca?
– Per la paura.
Oh, sì. Strategia eccellente; vecchia e sempre attuale. Ma di cosa avevano paura? Paura di essere torturati? Paura della guerra? Paura della fame?
– No. Paura di ammalarsi.
Ma allora nessun altro si ammalava all’epoca?
– Sì, si ammalavano.
Nessun altro moriva?
– Sì, morivano.
Ma non c’era cura per la malattia?
– C ‘era.
Allora non capisco.
– Dal momento che nessun altro credeva o insegnava sulla vita eterna e sulla morte eterna, pensavano di avere solo quella vita, e si sono aggrappati a lei con tutte le loro forze, anche se gli costava il loro affetto (non si abbracciavano né salutavano, non avevano alcun contatto umano per giorni e giorni!); i loro soldi (hanno perso il lavoro, speso tutti i loro risparmi, e si credevano ancora fortunati essendo impediti di guadagnarsi il pane!; la loro intelligenza (un giorno, la stampa diceva una cosa e il giorno dopo si contraddiceva, eppure credevano a tutto! ), la loro libertà (non uscivano di casa, non camminavano, non visitavano i loro parenti). Era un grande campo di concentramento per prigionieri volontari! Ahahahahah! Hanno accettato tutto, tutto, purché potessero prolungare le loro vite miserabili un altro giorno. Non avevano più la minima idea che Lui, e solo Lui, è colui che dà la vita e la finisce. E’ stato così! Facile come non era mai stato.”
Intenzione del giorno
Preghiamo perché la santità continui a fiorire nella nostra terra.
Don’t Forget…Santi della Carità
Nel 1587 Giuseppe che aveva presentato da anni la domanda, sostituì uno che all’ultimo momento non poteva più partire. A Costantinopoli i missionari ripararono una cadente chiesa e cominciarono a svolgere il ministero tra gli occidentali là residenti. A Costantinopoli, Fra Giuseppe aveva compiuto un gesto veramente da folle: aveva tentato di entrare nel palazzo per predicare davanti al Sultano, sperando di convertirlo ed era stato giudicato reo di lesa maestà. I Turchi lo avevano lasciato libero di predicare in città, dopo aver assistito i cristiani prigionieri. L’estrema povertà del frate e dei suoi compagni lasciava perplessi i rappresentanti del potere e della religione ufficiale. Era difficile vedere in quegli umili stranieri, sprovvisti di tutto dei pericolosi cospiratori contro la sicurezza dello Stato. Dopo la condanna era stato per tre giorni appeso a una croce per un piede e una mano, ma non era morto: Dio solo sa come riuscisse a sopravvivere e come si rimarginassero le sue ferite. Si parlò di un Angelo che avrebbe sostenuto il suo corpo e curato le sue piaghe. E quasi un miracolo fu il fatto che il Sultano, forse ammirato per l’accaduto, commutasse la pena di morte con l’esilio perpetuo. Rientrato in Italia, riprese con rinnovato fervore il ministero della predicazione, accompagnandolo con costanti ed eroici esercizi di penitenza. Chiamava il suo corpo «frate asino», e come un asino lo trattava, con poca paglia e molte frustate. Si nutriva di legumi e pane macerato nell’acqua; dormiva su due sassi e un sacco di paglia, e continuava nella sua attività instancabile, arrivando a tenere anche 8 prediche la giorno in luoghi diversi e distanti. Favorì la pacificazione degli animi e il sollievo dei poveri, istituendo Monti di Pietà e Monti Frumentari (1), erigendo e riparando ospedali. Dio lo favorì del dono dei miracoli, della discernimento dei cuori, e di particolari grazie di orazione. Nella comunità ebbe l’ufficio di superiore locale e di segretario provinciale. A 53 anni, s’infermò, ritirandosi nel convento d’Amatrice. Gli venne diagnosticato un tumore e si tentò di operarlo. Fu quello il suo secondo supplizio, ma rifiutò di essere legato, come suggerivano i medici. E non si sollevò più dal lettuccio chirurgico. Come anestetico si era stretto al petto, lungamente, il Crocifisso.
- I monti frumentari (detti anche dei grani o di soccorso) sorsero alla fine del Quattrocento come istituzione benefica – prevalentemente per iniziativa dei francescani – accomunati ai Monti di pietà per movente ideologico e finalità: sottrarre i contadini, al prestito usurario.
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