Ho notato come la perdita della fede e la rinuncia alla pratica religiosa, stiano provocando nella gente insieme a grande tolleranza per le proprie mancanze, anche l’esponenziale aumento di attese e pretese nei confronti degli altri di cui non si tollerano più nemmeno i minimi errori.
È come se, dopo aver eliminato «l’unico buono» (cfr. Mc 10,18), «l’unico perfetto» (cfr. Mt 5,28) che è solo Dio, si cercasse la perfezione là dove è impossibile trovarla cioè nell’uomo…una bella pretesa, non c’è che dire! È evidente infatti come basti poco per far saltare un matrimonio, per squalificare l’educazione ricevuta, per aggredire l’insegnante o il medico per veri o presunti (ma umanissimi!) errori, per trasformare lo screzio in conflitto e il conflitto in dramma con morti e feriti.
Ed è curioso che mentre dagli altri si pretende la perfezione, per sé stessi ci si accontenti del minimo livello: tempo fa un tale confessava di tradire sua moglie, «ma –diceva convinto – non faccio mancare niente né a lei né ai figli». «E se fosse sua moglie a tradire lei?» chiesi. Rispose ancor più convinto: «Chiederei il divorzio».
Non è che un tempo mancassero in chi praticava la fede (preti compresi) comportamenti sbagliati e incoerenti, ma almeno non ci si nascondeva dietro a un dito e si ammetteva senza problemi di essere dei «poveri peccatori».
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