(G. Gaber commentato dal Card. Ravasi)
“Il futuro è qualcosa che ciascuno raggiunge alla velocità di sessanta minuti all’ora, qualunque cosa faccia, chiunque sia”. Nelle parole di Giorgio Gaber c’è una verità indiscussa: la verità che il fluire del tempo avanza inesorabile su tutto e su tutti. La scansione di secondi, minuti, ore, giorni, mesi, anni macina le realtà belle e quelle brutte, spande lacrime e le asciuga, ospita crimini e illumina gesti nobili e gloriosi. C’è, però, una riserva da fare. Se è vero che il tempo oggettivo non guarda in faccia a nessuno e tutto consuma come «vorace cormorano» (Shakespeare) è altrettanto vero che il tempo soggettivo è diverso per ciascuno di noi, anzi per ogni stato della nostra esistenza. Sessanta minuti di noia non sono uguali a un’ora trascorsa tra due innamorati. Il filosofo americano William James osservava che «l’uso migliore della vita è di spenderla per qualcosa di più duraturo della vita stessa». Solo così il tempo acquista durata, sapore e colore diverso per ciascuno.
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