Innumerevoli: laboratorio con i detenuti per dare forma alla propria identità

     

    Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni.

    Fëdor Dostoevskij

     

    Nei primi mesi del 2020, come Cooperativa Sociale Patronato San Vincenzo, abbiamo avviato un progetto presso la Casa Circondariale di Bergamo con un finanziamento del Ministero della Giustizia. Il COVID l’ha interrotto, ve lo raccontiamo proprio nel momento in cui stiamo per riprenderlo e portarlo a compimento.

    Il tema centrale è quello del raccontare e del raccontarsi, siamo partiti dal presupposto che narrare è un esercizio fondamentale per dare un senso a ciò che accade, per collegare i diversi eventi della nostra esistenza, per dare una forma alla nostra identità.

    Se i ricordi vengono troppo frammentati o riattraversati in modo ossessivo in solitudine finiscono col diventare cupi e opprimenti. E questa doppia solitudine di chi vive un’esperienza di reclusione, sentirsi privati della propria libertà e il non riuscire a mettere in comune i propri ricordi, può anche produrre una sorta di confusione mentale dove il passato si mescola al presente, una vera e propria difficoltà a pensare.

    E’ necessario un luogo dove ciascuno si senta incoraggiato ad assumere la propria identità e a concepirla come la somma delle proprie diverse appartenenze senza confonderla con una sola che spesso di esaspera e diviene strumento di esclusione.

    Ognuno può riconoscersi come appartenente a una nazione, originario di una certa regione, uomo o donna, giovane o adulto, appartenente a un determinato ambiente, a una determinata religione, a un certo tipo di professione. Ognuno può convivere con molteplici identità, maneggiando, come un giocoliere, questa pluralità. E’ solo questione di esercizio. La prima azione che abbiamo messo in campo è il Laboratorio Innumerevoli che arriverà a coinvolgere circa un’ottantina di detenuti.

    Innumerevoli è un laboratorio creativo, narrativo e serigrafico. Le persone sono accompagnate nella realizzazione di un proprio autoritratto contenente elementi narrativi frutto delle molteplici esperienze di vita che ognuno si sente di raccontare. Innumerevoli, come le esperienze che ci caratterizzano, come le identità che ci rappresentano. Ogni autoritratto viene stampato con tecnica serigrafica direttamente dai partecipanti. Ogni partecipante conserva un proprio auto-ritratto, un’altra copia viene invece utilizzata per la produzione di una mostra che consenta una restituzione pubblica del lavoro svolto.

    La prima parte del laboratorio viene utilizzata per conoscersi, rompere il ghiaccio e costruire, anche attraverso esercizi ad hoc, un clima di apertura, fiducia e disponibilità a mettersi in gioco.

    Oltre all’approccio verbale, è centrale il lavoro sul segno: utilizzare il segno grafico come mezzo di espressione libero dai vincoli e dagli stigmi della parola; una forma di comunicazione istintuale, scarsamente mediata, che necessità solamente di essere esercitata.

    Dopodiché si parte da una fotografia in primo piano della persona; questa viene stampata in formato A3 e, con l’utilizzo di un lucido, la persona ricalca il contorno del proprio volto. Sempre lavorando sul lucido viene fatto il vero e proprio autoritratto, ognuno è chiamato a comporre il proprio volto utilizzando segni, simboli, oggetti che in qualche modo raccontano della propria vita, del proprio percorso o viaggio.

    Una volta realizzato l’autoritratto si passa alla stampa: verrà dimostrato ai partecipanti il processo di stampa serigrafica e successivamente ciascuno verrà guidato alla stampa del proprio autoritratto.

    Nell’estate del 2020 siamo riusciti a portare a compimento la seconda azione del progetto, ovvero un laboratorio di arte pubblica che ha coinvolto una decina di detenuti della Casa Circondariale. L’artista professionista Nemo’s è stato chiamato a partecipare ad una serie di incontri con i detenuti durante i quali hanno identificato il tema da trattare, ne hanno discusso e sono arrivati ad un’idea grafica condivisa.

    Si è ragionato intorno a ciò che significa stare in carcere, ciò che comporta e ciò che manca. Il disegno realizzato da Nemo’s e dai detenuti su uno dei muri interni alla Casa Circondariale nasce da un racconto riportato da uno dei partecipanti al laboratorio: un detenuto, recluso da diversi anni, dopo un incendio scoppiato in una cella, è stato trasferito in un’altra ala.

    Durante il trasferimento è passato, per la prima volta, davanti ad un pezzo di prato interno alle mura del carcere. Non ha resistito, si è tolto le scarpe ed è corso nel prato. E­­­rano anni che non sentiva l’erba sotto i piedi nudi.

    Questo è ciò che si è deciso di rappresentare sul muro, simbolo di una mancanza profonda e semplice, di un desiderio di libertà fatto di piccole cose che è facile dare per scontate.

    Per concludere il progetto, si spera nel 2022, realizzeremo ancora delle sessioni di laboratori Innumerevoli. Una volta terminate, allestiremo una mostra con gli auto-ritratti prodotti dai detenuti. La mostra verrà presentata una prima volta all’interno della Casa Circondariale di Bergamo e verrà poi riallestita presso Officine Tantemani, lo spazio di Cooperativa Sociale Patronato San Vincenzo in via Suardi 6 a Bergamo. La mostra è una forma di restituzione del lavoro svolto alla popolazione carceraria in primis e, in un secondo momento, alla città.

     

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