Per capire gli africani non basta conoscere la loro vita, problemi e progetti, ma occorre anche scavare nel passato dove affondano le radici delle loro società e culture. Così studiando ho scoperto che c’è anche la terra dei faraoni neri (la Nubia) con un numero di piramidi superiore all’Egitto.
Che in Etiopia a Lalibela c’è un luogo sacro con chiese monolitiche scavate nella roccia e con obelischi (ad Axum) più belli di quelli egizi. Che nell’est Africa già dall’XI sec. il regno del gran Zimbabwe ha lasciato impressionanti rovine e con Zanzibar e altri siti di Kenya e Tanzania era al centro di un intenso commercio di oro e spezie con arabi, persiani e cinesi.
Che l’impero del Benin nel XIV sec. produsse sculture in bronzo che potrebbero competere con la migliore arte europea e stupì i portoghesi che descrissero la sua capitale più grande e bella di Lisbona. Che nel XIII sec. l’imperatore del Regno del Mali, Mansa Musa era così ricco da provocare il crollo del prezzo dell’oro e la sperduta Timbuktù custodisce una biblioteca con decine di migliaia di preziosi manoscritti.
E che la prima università del mondo non è nata in Italia, ma 150 anni prima a Fez, nell’attuale Marocco. Si tratta solo di un assaggio che però potrebbe bastare a smentire i luoghi comuni di noi Europei e a restituire un po’ di orgoglio a tanti africani.
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