Don R. seccato mi telefona: «Prega i tuoi collaboratori di non mandare da me i casi che non riescono a risolvere». Parla di due uomini che si sono presentati da lui subissandolo di richieste e di cui si è liberato solo svuotandosi le tasche.
I miei collaboratori confermano la storia dei due, ma don R. non sanno nemmeno chi sia. Erano stati i due tizi a sostenere che il don in questione li aveva mandati al prete del Patronato a chiedere l’aiuto di cui avevano bisogno.
Io, che nel frattempo mi ero recato in chiesa per la Messa, non mi sono stupito quando ho visto entrare due tizi che, come segugi, mi hanno puntato e raggiunto nel banco in cui stavo confessando. Con inopportuna familiarità condita da falsa cordialità, hanno interrotto me e il penitente dicendo che don R. (ancora lui, guarda un po’!) aveva detto loro di venire da me che li avrei aiutati.
Cerco di mantenere la calma e li invito ad aspettare la fine della confessione, ma il più tosto dei due non molla: «Ci dia solo due minuti… è una questione di vita o di morte». Siamo ormai giunti al melodramma e le mie scarse riserve di pazienza si stanno esaurendo: invito i due a uscire e a tornare il giorno dopo, che li avrei aiutati.
A questo punto i due melodrammatici gettano la maschera, aggredendo e insultando con me anche chi è in chiesa. Questo dimostra come avessero ragione i nostri vecchi quando ci dicevano che le bugie hanno le gambe corte!
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