La domenica alle 8,30 si celebra nella chiesa del Patronato la Messa in inglese per gli africani ospiti. Ultimamente ho notato che dopo due anni e mezzo di guerra in Ucraina e un anno di conflitti in Terra Santa, a parte I. P. che conclude sempre la sua preghiera dei fedeli con l’augurio di «peace and love», nessuno prega più per la pace.

    Così per risvegliare l’interesse su queste tematiche, nell’omelia ho chiesto cosa si poteva fare noi per mettere fine ai conflitti. «Sono stato a una manifestazione» fa uno. Un altro sosteneva che solo l’eliminazione fisica del nemico avrebbe procurato la pace. «Sì, ma quella eterna!» ho fatto notare.

    Ma mi ero proposto di lasciar parlare tutti e insistevo perché ognuno dicesse la sua: «Da due anni prima della Messa recito il Rosario con alcune persone» e assicuro che è stato fedele all’impegno. «Io faccio fasting (digiuno) un giorno alla settimana» fa un altro, mentre alcuni informano di aver fatto una colletta per i bimbi di Gaza e mi consegnano l’importo.

    Anche M. prende la parola: «Ho sempre pensato solo a me stesso, ma vedendo cosa provocano le guerre, ho deciso che avrei fatto esattamente il contrario: così se due litigano cerco di calmarli, se uno ha bisogno, l’aiuto; se uno mi ha offeso, lo perdono… queste sono piccole cose che non faranno terminare le guerre in atto, ma forse aiuteranno a non crearne altre».

     

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