Lunedì 1° maggio 2023

     

    IV Settimana di Pasqua

    Giornata festiva

     

    Aforisma del giorno

    “Più si è sofferto, meno si rivendica. Protestare è segno che non si è attraversato alcun inferno.”

     

    Preghiera colletta

    O Dio, che hai chiamato l’uomo a cooperare con il lavoro al disegno della tua creazione, fa’ che per l’esempio e l’intercessione di san Giuseppe siamo fedeli ai compiti che ci affidi, e riceviamo la ricompensa che ci prometti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    S. RICCARDO PAMPURI

    Erminio Filippo Pampuri, da religioso fra’ Riccardo, nacque il 2-10-1897 a Trivolzio (Pavia) da Innocenzo e Angela Campari, e fu battezzato il giorno dopo. Orfano di madre a 3 anni, venne accolto dagli zii materni a Torrino, frazione di Trivolzio.

    Nel 1907 gli morì a Milano il padre. Compiute le scuole elementari, studiò al Collegio S. Agostino di Pavia e si iscrisse alla facoltà di medicina nell’Università cittadina, laureandosi con il massimo dei voti, il 6-7-1921. Nel 1927 entrò nel noviziato dei Fatebenefratelli e vi emise la professione religiosa il 24-10-1928.

    Gli venne affidato il gabinetto dentistico. Purtroppo nella primavera 1929 la sua salute peggiorò per la tubercolosi. Il 18-4-1930 fu trasferito all’Ospedale Fatebenefratelli di Milano dove morì il primo maggio. Proclamato beato da Giovanni Paolo II il 4 ottobre 1981, è stato canonizzato il 1° novembre 1989.

     

    Parola di dio del giorno Mt 13,54-58

    In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria?

    E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.

    Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.

     

    Riflessione “Charles Péguy: L’onore del lavoro”

    Abbiamo conosciuto un tempo in cui…lo si creda o no, abbiamo conosciuto operai che avevano voglia di lavorare. Abbiamo conosciuto operai che, al risveglio, pensavano solo al lavoro. Si alzavano la mattina cantando all’idea di andare al lavoro. E cantavano alle undici, quando si preparavano a mangiare la loro minestra.

    Nel lavoro stava la loro gioia e la radice profonda del loro essere. E la ragione stessa della loro vita. Vi era un onore incredibile del lavoro, il più bello di tutti gli onori, il più cristiano, il solo forse che possa rimanere in piedi. Per questo ho potuto dire come esempio che un libero pensatore di allora era più cristiano di un devoto dei nostri giorni. Un devoto dei nostri giorni è difatti necessariamente un borghese.

    E oggi tutti sono borghesi, tutto il mondo è oggi borghese. Il popolo non esiste più. L’antica borghesia si è trasformata in una borghesia squallida, una borghesia del denaro. Quanto agli operai, hanno ormai un’idea soltanto: farsi borghesi. Ed è proprio ciò che accade, anche se magari dicono di diventare socialisti. Abbiamo conosciuto un onore del lavoro identico a quello che nel Medio Evo governava le braccia e i cuori.

    Proprio lo stesso, conservato intatto nell’intimo. Abbiamo conosciuto l’accuratezza spinta sino alla perfezione, compatta nell’insieme, compatta nel più minuto dettaglio. Abbiamo conosciuto questo culto del lavoro ben fatto perseguito e coltivato sino allo scrupolo estremo.

    Ho veduto, durante tutta la mia infanzia, impagliare seggiole con lo stesso identico spirito, e col medesimo cuore, con i quali quel popolo aveva scolpito le proprie cattedrali. Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore… 

     

    Intenzioni di preghiera per il giorno

    Per i lavoratori perché non trasformino il lavoro in pure rivendicazione salariale, ma custodiscano l’onore e la dignità del lavoro come partecipazione all’attività creatrice di Dio

     

    Don’t Forget! LA FESTA DI S. GIUSEPPE ARTIGIANO

    Fu istituita ufficialmente da Pio XII il 1° maggio del 1955 per aiutare i lavoratori a non perdere il senso cristiano del lavoro così espresso, ma già Pio IX aveva riconosciuto l’importanza di S. Giuseppe come lavoratore quando proclamò il Santo patrono universale della Chiesa.

    Il principio del lavoro come mezzo per la salvezza eterna sarà ripreso da Giovanni Paolo II nell’Enciclica Laborem Exercens, in cui lo chiama “il Vangelo del lavoro”. Sembra, poi, che anche il cardinale Roncalli – futuro Giovanni XXIII – eletto Papa avesse pensato di farsi chiamare Giuseppe, tanto era devoto al padre terreno di Gesù. Infine, devoti di San Giuseppe sono stati anche molti altri Santi, come S. Teresa d’Avila.

    IL 1° MAGGIO è celebrato per non dimenticare tutti quelli che han lottato per condizioni di lavoro e vita umane per tutti e per difendere il diritto al lavoro. In molti Paesi d’Europa la festività del Primo Maggio fu adottata nel 1889, in Italia due anni dopo.

    Ma nel nostro paese (come in altri del resto), questa ricorrenza ha trovato filo da torcere. In epoca fascista tra il 1924 e il 1944 la festa del lavoro fu anticipata al 21 aprile in coincidenza con il Natale di Roma. Nel 1947 tornò a essere festeggiata il 1° maggio e lo continua ad essere tuttora.

     

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