1a Settimana di Quaresima
Avvenne il 10 marzo…
241 a.C. – Battaglia delle Egadi: la flotta romana distrugge la cartaginese: fine 1.a guerra punica
1208 – Innocenzo III chiama a intraprendere la Crociata contro gli albigesi (1209-1229)
1302 – Dante Alighieri viene esiliato da Firenze
1945 – 2.a guerra mondiale: il bombardamento USA su Tokyo provoca la distruzione di 267.000 edifici, pari al 25% della città, uccidendo più di 100.000 persone
2023 – Fallimento della Silicon Valley Bank
Aforisma dal libro del Levitico
“Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”
Preghiera
Convertici a te, o Dio, nostra salvezza, e formaci alla scuola della tua sapienza, perché l’impegno quaresimale porti frutto nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Santo del giorno

Macario che fu vescovo di Gerusalemme dal 313 al 334 lo conosciamo solo appunto come vescovo di Gerusalemme. Ma al suo tempo Gerusalemme non c’era più. Già nell’anno 70 il Tempio era stato distrutto.
Nel 135, poi, la città stessa venne rasa al suolo: sulle sue rovine era sorta Aelia Capitolina, col suo Campidoglio costruito sul luogo della sepoltura di Gesù. Macario vive come vescovo un momento importantissimo. La “pace costantiniana” si era estesa a tutto l’Impero. Macario ottenne dall’imperatore Costantino il consenso per abbattere il Campidoglio, e così fece tornare alla luce l’area del Calvario e del Sepolcro.
Macario, inoltre, si oppose alla dottrina ariana, e intervenne poi nel maggio del 325 al Concilio celebrato a Nicea. Si ritiene che il vescovo Macario sia stato uno degli autori del Simbolo niceno, ossia del Credo che ancora oggi pronunciamo nella Messa della domenica.
Parola di Dio del giorno Matteo 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
Riflessione del giorno
di don Arturo Bellini: riflessione della serva di Dio Madeleine Delbrêl.
Nel libro «La gioia di credere» si sofferma sul sacrificio di sé stessi. Lo fa con uno stile inconfondibile mettendo a fuoco le passioni che attendiamo e le pazienze che arrivano. «Come un ceppo nel fuoco, così noi sappiamo di dover essere consumati. Come un filo di lana tagliato dalle forbici, così dobbiamo essere separati. Come un giovane animale che viene sgozzato, così dobbiamo essere uccisi. La passione, noi l’attendiamo.
Noi l’attendiamo, ed essa non viene. Arrivano invece le pazienze, queste briciole di passione, che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria, di ucciderci senza la nostra gloria. Fin dal mattino esse vengono davanti a noi: sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti, è l’autobus che passa affollato, il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono, i bambini che imbrogliano tutto.
Sono gl’invitati che nostro marito porta a casa e quell’amico che, proprio lui, non viene; è il telefono che si scatena; quelli che noi amiamo e non ci amano più; è la voglia di tacere e il dover parlare, è la voglia di parlare e la necessità di tacere; è voler uscire quando si è chiusi; è rimanere in casa quando bisogna uscire; è il marito al quale vorremmo appoggiarci e che diventa più fragile dei bambini; è il disgusto della nostra parte quotidiana; è il desiderio febbrile di tutto quanto non ci appartiene…
Così vengono le nostro pazienze, in ranghi serrati o in fila indiana, e dimenticano sempre di dirci che sono il martirio preparato per noi. E noi le lasciamo passare con disprezzo, aspettando – per dare la nostra vita – un’occasione che ne valga la pena. Perché abbiamo dimenticato che come ci son rami che si distruggono col fuoco, così ci son tavole che i passi lentamente logorano e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che se ci son fili di lana tagliati netti dalle forbici, ci son fili di maglia che giorno per giorno si consumano sul dorso di quelli che l’indossano. Ogni riscatto è un martirio, ma non ogni martirio è sanguinoso: ce ne sono di sgranati da un capo all’altro della vita. È la passione delle pazienze».
Intenzione di preghiera
Preghiamo per la salute di Papa Francesco e di tutte le persone che soffrono, affinché il Signore lo sostenga e aiuti per il bene di tutta la chiesa
Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo
NIKOLAY PETROVIČ BOGDANOV-BELSKY: ALLA PORTA DELLA SCUOLA
1897 – olio su tela – 58 cm x 36 cm. – Museo Russo S. Pietroburgo
Alla porta della scuola di Bogdanov-Belsky è un’opera di straordinario valore emotivo e sociale. Il dipinto raffigura un ragazzo contadino, vestito di abiti laceri e con una borsa di tela sulle spalle, fermo sull’uscio di una scuola di campagna. La porta aperta fa da cornice alla scena interna, dove un gruppo di studenti segue la lezione.
Il giovane osserva con un misto di timore e desiderio, suggerendo la sua esclusione dal mondo scolastico e, al contempo, la sua aspirazione a farne parte. L’artista utilizza un forte contrasto tra il ragazzo, in primo piano, e l’interno della scuola, illuminato da una luce calda e avvolgente. Il ragazzo, con i suoi vestiti logori e i sandali di corda, rappresenta la dura realtà della povertà rurale russa di fine 1800.
La scuola, invece, è ritratta come un luogo di ordine e speranza, con mappe e una lavagna che simboleggiano il progresso e la conoscenza. La posizione del ragazzo – a metà strada tra il mondo esterno e l’interno della classe – crea una tensione narrativa, invitando l’osservatore a riflettere sulla sua condizione: entrerà o rimarrà escluso? Questo momento sospeso rafforza l’impatto emotivo del dipinto.
L’opera è stata dipinta in un periodo in cui l’istruzione era un privilegio di pochi in Russia, soprattutto nelle aree rurali. Lo stesso Nikolai Bogdanov-Belsky, cresciuto in una famiglia contadina, conosceva le difficoltà di accesso all’istruzione e usò spesso la sua arte per sensibilizzare il pubblico su queste tematiche.
Alla fine del XIX secolo, le riforme zariste avevano cercato di promuovere l’istruzione per le classi più basse, ma il processo era ancora lento e inadeguato. La figura del ragazzo rappresenta quindi non solo un individuo, ma una classe sociale intera, relegata ai margini del progresso. Bogdanov-Belsky utilizza una tecnica realista, con pennellate precise e grande attenzione ai dettagli. Gli abiti strappati, la texture del legno della porta, la morbida luce che illumina l’interno della scuola: ogni elemento è reso con maestria, conferendo autenticità alla scena.
Il realismo dell’opera non è mai freddo o distaccato, ma intriso di profonda empatia per il soggetto. Oltre al contesto storico, quest’opera ha un significato universale: essa parla del desiderio di apprendimento, della lotta contro le disuguaglianze e del potere trasformativo dell’istruzione.
Il dipinto tocca corde emotive ancora attuali, ricordandoci l’importanza di garantire a tutti i bambini, indipendentemente dalla loro origine, l’accesso all’istruzione e alle opportunità che essa offre. Il dipinto “Alla porta della scuola” con le sue misure contenute contribuisce a creare un senso di intimità e vicinanza con la scena, permettendo allo spettatore di concentrarsi sui dettagli e sull’emozione del momento rappresentato.
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