XXIV Settimana tempo ordinario
Aforisma del giorno di Bruce Marshall
La misericordia di Dio è una fune lunga e forte, e non è mai tardi per aggrapparvisi.
Preghiera del giorno di don Tonino Bello
O Gesù, che con la tua risurrezione hai trionfato sul peccato e sulla morte, e ti sei rivestito di gloria e di luce immortale, concedi anche a noi di risorgere con te, per poter incominciare insieme con te una vita nuova, luminosa, santa. Amen.
Santo del giorno
S. Guido di Anderlecht
Uno dei santi più venerati del Belgio, è nato da contadini del Brabante e fu dapprima sagrestano a Laken, nei presso Bruxelles. Divenne quindi commerciante, con l’obiettivo di aiutare i poveri, ma la prima nave che armò affondò nella Senna.
Decise allora di indossare gli abiti del pellegrino. Per sette anni si mise in cammino lungo le strade d’Europa. Si recò a Roma e a Gerusalemme. Di ritorno dal lungo pellegrinaggio fu ospitato da un sacerdote di Anderlecht, dove poco dopo morì. Era il 12 settembre 1012.
Sulla sua tomba si verificarono numerosi miracoli e il culto di Guido crebbe rapidamente. Le sue spoglie si trovano nella Collegiata di Anderlecht. L’iconografia ritrae Guido come pellegrino o con gli abiti del contadino. Frequentemente accanto a lui c’è un bue. Il culto popolare lo vuole protettore dei sagrestani, dei contadini, dei cocchieri, ma anche di stalle, scuderie e cavalli.
Parola di Dio del giorno Luca 7,1-10
Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafarnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro.
Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito.
Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
Riflessione del giorno
“Furono le piccole offerte, donate dai meno abbienti, la parte più cospicua delle entrate per la edificazione del Duomo di Milano. È la rivelazione sorprendente che emerge dalla ricerca di Martina Saltamacchia, della Rutgers University (New Jersey, Usa), che ha esaminato i Registri delle offerte del Duomo di Milano e ha raccolto i risultati delle sue ricerche nel libro: “Milano, un popolo e il suo Duomo”.
È a una folla di gente comune che si deve l’edificazione del Duomo di Milano, uomini e donne ben lieti di dare tutto ciò che avevano per un’opera che, ben sapevano, mai i loro occhi avrebbero potuto contemplare ultimata. Uomini e donne ricchi soltanto di un’incrollabile fede, certi soltanto di dove fissare il proprio cuore.
Come Caterina di Abbiateguazzone, una poverissima vecchietta che da tempo si adoperava per aiutare gli operai del cantiere, trasportando i materiali da costruzione nella gerla che portava sulle spalle. In una fredda mattina del novembre 1387 va a deporre come offerta, sull’altare, la sua unica, logora pelliccetta con cui si riparava dal gelo.
Sopraggiunge di lì a poco un uomo, Manuele, che riconoscendo la pelliccia subito l’acquista, per poi deporgliela nuovamente sulle spalle. E l’amministrazione della Fabbrica, venuta a conoscenza del gesto di quella povera donna, la premia, dopo qualche mese, pagandole l’affitto della casupola in cui viveva.”
Intenzione di preghiera per il giorno
Preghiamo perché la chiesa non perda mai il contatto con il popolo che è il vero custode della fede.
Don’t forget! Vite straordinarie
Apor Vilmos Vescovo martire 1892-1945
Vilmos Apor de Altorja nacque a Sighișoara, in Romania, il 28-2-1892, sesto di otto figli dai nobili barone Gábor Apor (1851–1898) e dalla contessa Fidelia Pálffy ab Erdöd (1863–1934). Nel 1909 entrò nel seminario di Györ (in Ungheria) e in seguito venne mandato a Innsbruck a studiare presso l’università dei Gesuiti dove si laureò in teologia.
Nel 1915 fu ordinato sacerdote e fin dagli inizi del suo ministero fu il “parroco dei poveri”. Nel 1941 Pio XII lo ordinò Vescovo di Györ dove proseguì il suo coraggioso ministero durante gli anni bui del secondo conflitto mondiale, operando come generoso benefattore dei bisognosi e difensore di quanti venivano perseguitati.
Non temette di alzare la voce per stigmatizzare, in nome del Vangelo, le ingiustizie e i soprusi contro le minoranze, specie contro gli ebrei. Quando, dopo l’approvazione delle leggi razziali, iniziarono le deportazioni di massa, Apor mobilitò gruppi di cattolici e organizzò l’assistenza ai deportati salvano da morte certa migliaia di persone.
A inizio 1945 i soldati dell’Armata Rossa occuparono l’est della diocesi e vi rimasero 15 giorni compiendo atrocità inenarrabili, uccidendo e violentando innumerevoli donne, ma vennero cacciati da una controffensiva tedesca. A metà marzo però ritornarono e si ripeterono le violenze. Il 28 marzo (mercoledì della settimana santa) i sovietici si presentarono al palazzo vescovile dove avevano trovato rifugio in 300 fra cui molte giovani donne.
Ma sulla soglia trovarono ad attenderli il Vescovo che con atteggiamento calmo e fermissimo, li respinse assicurando gli assediati sotto la sua tutela. Due giorni dopo, venerdì santo, i sovietici si ripresentarono e iniziarono a prelevare con forza le giovani: con coraggio incredibile, il Vescovo Apor si gettò fra loro per liberarle, ma fu raggiunto alla fronte e all’addome da tre colpi di pistola sparati dai militari.
I sovietici che non si aspettavano tale reazione, abbandonarono il luogo e le donne si salvarono. Portato in ospedale, il Vescovo morì il 2 aprile 1945 dopo aver ricevuto i sacramenti. Venne beatificato da Giovanni Paolo II a Roma il 9-11-1997. Vilmos Apor: una straordinaria figura di Vescovo che ha dato la vita per Dio e per le persone che gli erano state affidate.
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