Lunedì 17 febbraio 2025

     

    VI Settimana Tempo Ordinario

     

    Avvenne il 17 febbraio…

    197 – L’imperatore romano Settimio Severo sconfigge il rivale Clodio Albino a Lugdunum e si assicura il pieno controllo sull’Impero romano.

    1600 – Giordano Bruno, accusato di eresia, viene messo al rogo a Roma.

    1801 – Thomas Jefferson viene eletto presidente degli Stati Uniti

    1867 – La prima nave attraversa il canale di Suez.

    2011 – La “giornata della collera” dà il via alle sommosse in Libia contro Mu’ammar Gheddafi

     

    Aforisma dal libro del Siracide

    “Non essere come un leone in casa tua, sospettoso con i tuoi dipendenti. La tua mano non sia tesa per prendere e chiusa invece nel restituire”.

     

    Preghiera

    O Dio, che hai promesso di abitare in coloro che ti amano con cuore retto e sincero, donaci la grazia di diventare tua degna dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Nel 1233 Firenze era sconvolta da lotte fratricide: 7 mercanti, membri di una compagnia laica di fedeli devoti della Vergine, decisero di ritirarsi per far vita comune nella penitenza e nella contemplazione.

    Lasciate attività, case e beni ai poveri, verso il 1245 si ritirarono sul Monte Senario, nei pressi di Firenze, dove costruirono una piccola dimora e un oratorio dedicato alla Madonna.

    Molti si rivolgevano a loro per risolvere dubbi e angosce, tanto che essi decisero di dare inizio ad un Ordine dedicato alla Vergine, l’Ordine dei Servi di Maria, adottando la Regola di S. Agostino. Il 1-12-1717 Clemente XI confermò il culto di Alessio Falconieri e il 30-7-1725 Benedetto XIII fece lo stesso con gli altri sei: S. Bonfiglio, guida e poi priore della comunità; S: Bonagiunta; S. Manetto che fece le prime fondazioni in Francia; S. Amadio, anima della comunità; S. Sostegno e S. Uguccione, amici tra loro; S. Alessio, zio di santa Giuliana Falconieri.

     

    Parola di Dio del giorno Marco 8,11-13

    In quel tempo, vennero i farisei e si misero a discutere con Gesù, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova.

    Ma egli sospirò profondamente e disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno». Li lasciò, risalì sulla barca e partì per l’altra riva.

     

    Riflessione del giorno

    I burocrati sono numerosi come i granelli di sabbia in riva al mare. Con la differenza che la sabbia non prende lo stipendio. «Presentano al direttore generale il progetto per lo snellimento della burocrazia. Ringrazia vivamente. Deplora però l’assenza del modulo H. Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, all’ufficio competente, che sta creando».

    Con sarcasmo sferzante a tutti noto, così lo scrittore Ennio Flaiano nel suo Diario notturno bollava lo stile burocratico che imperversa negli uffici statali o pubblici o curiali di tutto il mondo. Questa universalità è talmente vera che noi l’abbiamo oggi convalidata ricorrendo a un’osservazione ironica dello scrittore israeliano Ephraim Kishon che colpisce la burocrazia di uno Stato ancora giovane, com’è il suo, nella commedia Paradiso come nuovo affittasi.

    A essere sinceri, un po’ di quello spirito fatto di inerzia, di rigidità nei comportamenti, di sclerosi nelle idee, di mancanza di rispetto per gli altri ce lo portiamo tutti dentro noi stessi. Sì, è vero: passano gli anni, si moltiplicano le riforme, cambiano i governi, si evolve la società, ma i burocrati sono sempre lì, pietrificati e immobili davanti alle loro scrivanie.

    C’è, però, anche una rassegnazione da parte dei cittadini che, al di là della sfuriata momentanea, accettano la moltiplicazione dei cavilli, l’eccesso documentario, i ritardi amministrativi. E questo accade perché il virus burocratico, in misura diversa, alligna un po’ in tutti (anche i burocrati sono stati prima semplici cittadini”).

    Esso si rivela nello scarso senso civico, nel disprezzo delle regole vere, nella pigra pedanteria, nella superiorità che si prova a causa di una carica o anche solo di una greca sul berretto e di una predella più alta. In questo modo siamo un po’ tutti burocrati”

     

    Intenzione di preghiera

    Preghiamo per le popolazioni della regione di Gomà in Repubblica democratica del Congo che stanno subendo orribili stragi ad opera dei ribelli e dei soldati ruandesi che hanno invaso il paese.

     

    Don’t Forget!1000 quadri più belli del mondo

    ANTONIO MANCINI (1852–1930): IL PREVETARIELLO

    1870, Olio su tela, altezza: 66 cm; larghezza: 53 cm

    Museo Nazionale di S. Martino, Napoli

    Nella Napoli di metà ‘800 visse e si formò artisticamente il pittore Antonio Mancini, uno dei massimi esponenti della corrente verista italiana. L’opera che oggi presentiamo (prevetariello è il pretino o seminarista) fu realizzata da un Mancini poco più che 17enne, quando arrivò a Napoli per frequentare i corsi di Morelli, Postiglione e Maldarelli, presso l’Accademia delle Belle Arti. Il Mancini non si cimentò mai nei temi accademici, ma seguì gli esempi degli artisti Lista e Gemito per realizzare opere che si rifacessero alla sua realtà circostante, ovvero quella popolare.

    Lontano dai toni dell’Accademia, Mancini infatti prediligeva raffigurare la quotidianità delle strade di Napoli, le misere condizioni di vita del popolo e in particolare dei bambini, insieme alle suggestioni del mondo del circo: sono di quegli anni due capolavori, Lo scugnizzo (1868, oggi in collezione privata) e O PREVETARIELLO (1870, Certosa di S. Martino, Napoli) il quadro che presentiamo.

    In questo dipinto Mancini rappresentò un bambino realmente esistito: era il piccolo sagrestano che prestava aiuto al sacerdote, durante le funzioni celebrate nella Cappella dei fratelli Rotondo.

    Il ritratto è ridotto all’essenziale: i colori anche e la composizione è semplicissima…ma l’impatto che quello sguardo, quegli occhi grandi e penetranti è così grande da provocare nell’osservatore una profonda commozione e insieme un senso di inquietudine che testimoniano l’incredibile capacità del giovanissimo pittore nel rendere non solo la personalità del ragazzino, ma anche il suo amore per la gente del popolo. Un ritratto indimenticabile, fra i più belli e intensi della pittura italiana della seconda metà del 1800. 

     

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