Lunedì 18 settembre 2023

     

    XXIV Settimana Tempo Ordinario

     

    Aforisma di Nicolàs Gòmez Dàvila

    Ciò che di sicuro minaccia il mondo non è tanto la violenza di moltitudini fameliche quanto la sazietà di masse annoiate.

     

    Preghiera Colletta

    O Dio, creatore e Signore dell’universo, volgi a noi il tuo sguardo, e fa’ che ci dedichiamo con tutte le forze al tuo servizio per sperimentare la potenza della tua misericordia.

    Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    S. Eustorgio

    Eustorgio fu il nono vescovo di Milano. Una leggenda lo presenta come un greco mandato lì dall’imperatore come governatore. Alla morte di Protasio fu eletto vescovo, una vicenda che ricorda quella di Ambrogio.

    Recatosi a Costantinopoli, al ritorno avrebbe eretto la chiesa che porta il suo nome, presso il luogo della primitiva comunità cristiana in zona porta Ticinese. In essa collocò l’arca con le reliquie dei Magi, poi finite a Colonia.

    Morì intorno al 355 e fu sepolto in Sant’Eustorgio. Fa parte di quel gruppo di quattro vescovi (con Dionigi, Ambrogio e Simpliciano) proposti subito al culto pubblico.

     

    Parola di Dio del giorno Luca 7,1-10

    Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafarnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.

    Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito.

    Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

     

    Riflessione Frammenti di vita

    Una vita al limite e il carattere impossibile, lo hanno messo nei guai e attualmente vive per strada in attesa di essere accolto al Patronato. Cercando di capire qualcosa di più di lui e della sua vita gli chiedo se stia lavorando: “Il permesso di soggiorno è scaduto” risponde “ma io faccio il designer” e mi mostra sullo smartphone un lussuoso divano Chesterfield in pelle e un’ancor più sontuosa camera da letto di gusto discutibile, ma dai prezzi esorbitanti: “Io disegno cose come queste” tenta di chiarire in un miscuglio di italiano e inglese.

    Siccome il discorso non sta in piedi, intuendo che la qualifica di “designer” che per noi ha un preciso significato, per lui debba averne un altro, insisto: “Ma cos’è che disegni: divani, letti, poltrone, mobili?” e lui “Mo’ ti faccio vedere” e apre un sacco di plastica dove custodisce sagome di cartone dai disegni originalissimi e dai colori sgargianti che rappresentano schienali di sedie e decorazioni per cuscini.

    Dubito fortemente che a chi acquista divani Chesterfield o camere da letto stile Luigi XIV, interessino i cartoni ritagliati con cura e decorati con gusto di questo designer africano autodidatta, ma a noi sono piaciuti e cercheremo di aiutarlo a trasformare le sue sagome, in sedie, cuscini, magliette e quant’altro…      

      

    Intenzione di Preghiera

    Per i giovani e le ragazze iraniane che lottano per la loro libertà, perché il loro coraggio sia sostenuto dalla preghiera dei credenti e dalla vicinanza e solidarietà di tutti.

     

    Don’t Forget! Mahsa Amini 1999-2022

    e i 500 iraniani vittime della repressione poliziesca del Regime degli Ayatollah

    Il 16-9-2022 la ventiduenne curda Mahsa Amini fu arrestata perché non indossava correttamente il velo e tre giorni dopo morì in ospedale. Un omicidio che mobilitò il Paese attraverso proteste senza precedenti: le strade da Saqqez a Teheran si riempirono di donne che bruciavano gli jihab in nome della libertà. Ma la repressione fu spaventosa: almeno 500 manifestanti uccisi e migliaia gli arresti.

    Quello appena passato è stato un anno di scontri, violenza, morte e repressione, ma anche di grida, sorellanza, speranza e coraggio. Per le donne iraniane lo spartiacque è nel volto di una ragazza dai capelli neri il cui nome, Mahsa Amini, sarà urlato da milioni di donne nel mondo. Di lei sappiamo che nasce a Saqqez, piccola cittadina della provincia del Kurdistan, il 21-9-1999 da una casalinga e un impiegato della pubblica amministrazione e che studia all’università alla facoltà di Diritto, “una ragazza come tante della sua età”. Il 13-9-2022 è a Teheran, la capitale iraniana, dove vive il fratello.

    Si trova nelle vicinanze di una stazione della metropolitana quando è avvicinata da una pattuglia della polizia morale che la ferma. Gli agenti la accusano di indossare il velo in maniera scorretta (mostrava parte dei capelli) e di aver quindi violato l’obbligo dello jihab. Amini viene arrestata davanti al fratello: la polizia spiega alla famiglia che la ragazza sarebbe stata portata in questura per ricevere un “corso di rieducazione morale”. Il fratello si presenta un’ora dopo, ma gli agenti gli comunicano che la ragazza non si trovava più lì: aveva avuto un infarto e un attacco cerebrale, ed era stata portata in ospedale.

    Mahsa Amini entra in coma e tre giorni dopo, il 16-9-2022, muore. A inizio ottobre 2022 il referto del medico legale incaricato della autopsia indica che sarebbe morta per una malattia al cervello e che soffrisse di problemi di salute pregressi. Una tesi sempre smentita a gran voce dalla famiglia: “Riteniamo le autorità iraniane responsabili dell’uccisione di Mahsa per mano delle forze di sicurezza”. Assieme a Mahsa vogliamo rendere omaggio ai 500 coraggiosi giovani e donne iraniane che stanno lottando per la loro dignità e libertà e perché siano sconfitti quei regimi disposti a uccidere i loro giovani pur di mantenere al potere se stessi.

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