Lunedì 23 giugno 2025

     

    12.a settimana tempo ordinario

     

    Avvenne il 23 giugno…

    1607 – Apparizione della Madonna ad Ardesio (Bergamo).

    1894 – Il Comitato Olimpico Internazionale viene costituito alla Sorbona (Parigi) su iniziativa del barone Pierre de Coubertin.

    1940 – La Francia si arrende alla Germania nazista: Hitler fa la sua unica “breve visita” a Parigi.

    1994 – Il Sudafrica, dopo aver abolito le leggi sull’Apartheid, è riammessa all’Assemblea ONU

    2016 – Nel Regno Unito si vota la “Brexit” che stabilisce l’uscita dall’Unione Europea

     

    Aforisma dal Vangelo

    “Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio col quale giudicate sarete giudicati”.

     

    Preghiera Colletta

    Donaci, o Signore, di vivere sempre nel timore e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

     

    Santo del giorno

    Nato a Gropello (Pavia) da nobile famiglia forse nel 1124, fu consacrato vescovo della sua città da Alessandro III. Amabile coi buoni, ma energico coi cattivi, pio, caritatevole ed esemplare, dovette lottare contro le autorità locali che volevano appropriarsi dei beni ecclesiastici.

    Per questo fu costretto a lasciare Pavia e a recarsi a Roma, ove trovò conforto e sostegno nel papa. Ritornato a Pavia, si ritirò nel monastero vallombrosano di S. Sepolcro ove morì il 23-6 del 1198. La prima biografia del santo, è stata scritta dal suo successore, Bernardo.

    La festa ricorre il 23 giugnoe di solito viene raffigurato in abiti pontificali e in atto benedicente. uomo di pace, patì per favorire riconciliazione e concordia. Come appare nel dipinto di Cima da Conegliano (vedi immagine a lato)

     

    Parola di dio del giorno Matteo 7,1-5

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?

    O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».

     

    Riflessione di don Arturo Bellini

    «Non sappia la sinistra ciò che fa ciò che fa la tua destra». (Salmo citato da don Bepo)

    Gesù stigmatizza un difetto diffuso in ogni tempo e oggi particolarmente esondante. La Scrittura mette in guardia dalla vanità, peccato capitale, radice di molti vizi. È nota la massima del Qohelet: “Vanità delle vanità, tutto è vanità”. È questa è anche la preoccupazione di don Bepo. Don Roberto Pennati in uno studio sulla spiritualità del Fondatore del Patronato scrive: «Leggendo gli scritti e le lettere di don Bepo impressiona quanto il tema della virtù dell’umiltà sia centrale nella sua spiritualità.

    Nello schema a forma di croce, proposto più sopra per comprendere sinteticamente l’anima di don Bepo, l’umiltà è messa come il fondamento e la base di tutto. L’umiltà è una virtù oggi molto trascurata; utile, secondo il pensare comune, solo per monaci e suore di clausura. Per Don Bepo fare il vuoto dentro di sé per fare posto prima a Dio e poi ai fratelli era quasi una lotta quotidiana, perché il suo amor proprio tendeva a prendere il sopravvento.

    Il proprio io, quando ingigantisce dentro di noi e si autocompiace di sé stesso, alla lunga può farci dimenticare Dio ed estrometterlo dalla nostra vita; fino al punto da misconoscere che tutto è grazia e dono. Risulta infatti che l’orgoglio, derivante dai numerosi successi da lui ottenuti, era una forte tentazione».

    Filippo Neri, un santo caro a don Bepo, compose una poesia in rima sulla vanità.

    «Vanità di vanità. Ogni cosa è vanità. Tutto il Mondo, e ciò che ha. Ogni cosa è vanità.

    Se del mondo i favor suoi t’alzeran fin dove vuoi. Alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se regnassi ben mill’anni sano, lieto, senz’affanni. Alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se tu avessi tutt’intorno mille servi, notte e giorno, Alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se tu avessi più soldati che non ebbe Serse armati, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se tu avessi ogni linguaggio, e tenuto fossi saggio, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se starai con tutti gli agi, nelle ville, e ne’ Palagi, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    E se in feste, giuochi e canti, passi i giorni tutti quanti, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Sazia pur tutte tue voglie sano, allegro e senza doglie, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se a Dio rivolgi il cuore, dona a lui tutto l’amore, questo mai non mancherà, tutto il resto è vanità.

    Se godessi a tuo volere ogni brama, ogni piacere, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se tu avessi ogni tesoro di ricchezze, argento e oro, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se vivessi in questo mondo sempre lieto, ognor giocondo, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità. Se lontan da pene e doglie sfogherai tutte le voglie, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Se qua giù starà il tuo cuore giubilando a tutte l’ore, alla morte, che sarà? Ogni cosa è vanità.

    Dunque frena le tue voglie, Corri a Dio, che ognor t’accoglie, questo mai non mancherà.

    Tutto il resto è vanità».

     

    Intenzione di preghiera: 1000 quadri più belli del mondo

    GEROLAMO INDUNO (1825-1890): LA PARTENZA DEI COSCRITTI

    1881 – dipinto a olio su tela, firmato e datato – 94.8 x 135,5 cm – Museo Borgogna Vercelli

    La prima versione di quest’opera era stata eseguita su commissione del Re Vittorio Emanuele II ed era stata inviata all’Esposizione Universale di Parigi del 1878 con il titolo “Italie 1866”. Nel 1881 Induno ridipinse questo soggetto su una tela di proporzioni minori e la presentò all’Esposizione Nazionale di Milano dove fu acquistata dal collezionista Antonio Borgogna.

    La scena si svolge in un villaggio prealpino, della Brianza o della Valtellina, di fronte alla scalinata della chiesa e alla scuola comunale. Un gruppo di coscritti si accinge a partire per la 3.a guerra di Indipendenza del 1866, sotto lo sguardo del sindaco, del parroco e del maestro di scuola, salutando le proprie famiglie. Al centro della scena, animata da teatrale coralità, campeggia la bandiera italiana, simbolo dell’unità nazionale.

    Gerolamo Induno, assieme al fratello Domenico, era infatti stato pittore-soldato, che partecipò attivamente alle battaglie per l’indipendenza nazionale nelle file dei garibaldini e più volte affrontò nelle sue opere tematiche storiche legate ai moti risorgimentali. In questo quadro l’attenzione della vita reale e del quotidiano popolare, si associa allo sguardo amaro e disincantato agli ideali del Risorgimento, trasponendo il soggetto attraverso una personale, malinconica e intima poetica.

     

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