21.a settimana tempo ordinario
Avvenne il 25 agosto…
1259 – Bologna: in piazza Maggiore è proclamato il Liber Paradisus, grazie al quale vennero liberati 5.855 servi della gleba e venne abolita la schiavitù nel Comune.
1609 – Galileo Galilei presenta il suo primo telescopio al Senato di Venezia
1825 – L’Uruguay dichiara l’indipendenza dal Brasile
1830 – Il Belgio si rivolta contro i Paesi Bassi
1991 – La Bielorussia dichiara l’indipendenza dall’Unione Sovietica
2006 – Libano: il vertice europeo di Bruxelles stabilisce l’invio di 7000 militari nella parte meridionale del Paese
Aforisma di Fëdor Dostoevskij
“Con l’amore tutto si riscatta, si salva tutto. Se io, che sono un peccatore come te, mi sono commosso e ho avuto pietà di te, tanto più ne avrà Dio.”
Preghiera Colletta
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché tra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Santo del giorno

Nato nel 1557 a Peralta de la Sal, Spagna, Giuseppe diventa sacerdote a 26 anni. Ricopre importanti mansioni in diverse diocesi. A Roma, colpito dalla miseria in cui vivevano i ragazzi abbandonati, fonda un nuovo ordine religioso per dare istruzione ai più poveri e combattere l’analfabetismo, l’ignoranza e la criminalità.
Nascono le «Scuole Pie» e i suoi religiosi sono chiamati «scolopi». «È missione nobilissima e fonte di grandi meriti quella di dedicarsi all’educazione dei fanciulli, specialmente poveri, per aiutarli a conseguire la vita eterna.
Chi si fa loro maestro e, attraverso la formazione intellettuale, s’impegna a educarli, soprattutto nella fede e nella pietà, compie in qualche modo verso i fanciulli l’ufficio stesso del loro angelo custode, ed è altamente benemerito del loro sviluppo umano e cristiano».
Giuseppe muore il 25 agosto del 1648; è canonizzato nel 1767 e nel 1948 è dichiarato da papa Pio XII «patrono Universale di tutte le scuole popolari cristiane del mondo». Oggi l’ordine degli Scolopi è presente in 4 continenti e 32 paesi.
Parola di dio Matteo 22,1-14
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”.
Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso».
Riflessione di don Arturo Bellini su don Bepo
«Questo ci sta a cuore: inserire nell’animo dei nostri ragazzi la carità. Non debbono solo ricevere, ma debbono anche saper donare». Don Bepo Vavassori (Bollettino Patronato S. Vincenzo maggio 1955). La vita è piena di domande, domande piccole e grandi. La vita è un appello, una chiamata. Il verbo greco “Kaléin” (=chiamare) contiene “Kalòs” che vuol dire bello. Anche la bellezza è una chiamata.
La verità è una chiamata. Il bene è una chiamata. Noi siamo una domanda e, nelle età della vita, siamo abitati da tante domande. La responsabilità nasce dal sapere chi sono e a chi e a che cosa sono chiamato. Don Bepo Vavassori in un articolo scritto sul Bollettino del Patronato precisa con chiarezza la necessità di educare alla responsabilità: ricevere e dare. Don Davide Rota dedica a questo tema l’ottava parola educativa. «Responsabilità –scrive don Davide- ha due significati: rispondere di sé stessi, impegnandosi a mantenere le promesse fatte; sentirci responsabili degli altri, facendoci carico di coloro che la vita ci ha affidato.
Don Lorenzo Milani riassumeva tutto ciò in due parole che erano diventate il motto della sua scuola: “I care!” = “io ci sono, al tuo fianco e puoi contare su di me”. Don Bepo poi raccomandava: “Non abbiamo esaurito il nostro compito quando abbiamo dato al nostro giovane un pane, un tetto, un mestiere, una professione, un sorriso: potremmo aver formato un egoista, geloso della sicurezza raggiunta, attento a non perderla…Questo ci sta a cuore: inserire nell’animo dei nostri ragazzi la carità.
Non debbono solo ricevere, ma debbono anche saper donare». Responsabile è chi dà il meglio di sé e non si autogiustifica tirando in ballo condizionamenti di ogni tipo. I talenti ricevuti vanno fatti fruttificare perché, a tempo debito, diano frutto come nel seguente racconto, altre volte evocato. «Un giovane sognò di entrare in un grande negozio. A far da commesso, dietro il bancone c’era un angelo. “Che cosa vendete qui?” – chiese il giovane. “Tutto ciò che desidera” – rispose l’angelo.
Il giovane cominciò ad elencare: – “Vorrei la fine di tutte le guerre nel mondo, più giustizia per gli sfruttati, tolleranza e generosità verso gli stranieri, più amore nelle famiglie, lavoro per i disoccupati, più comunione nella Chiesa e…”. L’angelo lo interruppe: “Mi dispiace, ma lei ha frainteso. Noi non vendiamo frutti, noi vendiamo solo semi”.
Intenzione di preghiera
Preghiamo perché la cortesia, la gentilezza, il perdono, la tolleranza e la pazienza tornino ad essere considerate non già come debolezze, ma come punti di forza e di valore nel rapporto con l’altro.
Don’t forget! 1000 quadri più belli del mondo
GIOVANNI SEGANTINI: AVE MARIA A TRASBORDO
1886 – olio su tela – 120 x 93 cm, St. Moritz – CH – Segantini Museum
BREVE BIOGRAFIA DELL’ARTISTA

AVE MARIA A TRASBORDO
Nelle opere brianzole si assiste alla maturazione di aspetti tipici della pittura divisionista, come l’interesse per la luce, la ricerca di tagli compositivi non usuali e l’utilizzo di pennellate accostate per filamenti ondulati, rendendo così la pittura mobile e viva. Un dipinto di questo periodo, cruciale non solo per la sua carriera, ma anche per la storia della pittura italiana, è la il quadro Ave Maria a trasbordo che oggi presentiamo. È un rifacimento, in formato maggiore, di un primo dipinto del 1882: fu l’amico e gallerista Vittore Grubicy a chiedere al pittore di “rifarlo a divisionismo”. Il trasbordo è quello di una famiglia di pastori e del loro piccolo gregge di pecore da una riva all’altra del lago di Pusiano, in Brianza. La scena si svolge all’alba, quando la luce dorata ma fredda del mattino amplifica il senso di pace e serenità della rappresentazione.
Le figure sono in controluce e i loro contorni si stagliano in modo netto sulla superficie chiara del lago. La luce del sole, resa con pennellate parallele e concentriche di colori puri (sia in cielo, dopo un iniziale irraggiamento, sia nel riflesso sull’acqua), si riverbera sul manto delle pecore e sul capo della donna e del bambino: questo andamento circolare, che viene ripreso nella increspatura dell’acqua creata dalla barca, suggerisce e rafforza l’idea di abbraccio e di armonia totale con la natura.
Dal punto di vista compositivo, il gruppo centrale (imperniato su tre triangoli, di cui il centrale rovesciato) viene racchiuso all’interno di una struttura ovale composta dal telaio arcuato della barca e dal suo riflesso nell’acqua; sullo sfondo, incorniciato dal telaio stesso, è possibile riconoscere uno scorcio di Bosisio Parini (con la chiesa di S. Anna in evidenza) che, in virtù del punto di vista ribassato, appare come una lingua di terra funzionale a dividere il cielo dall’acqua. L’opera racchiude un forte significato religioso: uomini, animali e paesaggio sembrano infatti unirsi in una preghiera corale, poiché tutti gli elementi della natura sono partecipi dello stesso destino.
Il trasbordo è la metafora del cammino che ogni uomo deve compiere durante la sua esistenza, mentre il suono delle campane in lontananza gli rammenta che il lavoro non è tutto, anche se poi ogni cosa è partecipe della stessa sacralità: infatti Segantini, nonostante fosse anticlericale, vedeva e calava la religione nel vissuto quotidiano. Il tema della famiglia e della maternità è ripreso diverse volte nella produzione del pittore, come nell’opera Le due madri (1889), sempre ambientata in un contesto agro-pastorale, o nell’opera L’angelo della vita (1894), di forte contenuto simbolico. I toni nostalgici con cui Segantini affronta questo tema rievocano la sua tristissima infanzia, dove la mancanza più grave fu proprio quella della figura materna.
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