Lunedì 8 agosto 2022

     

    XIX Settimana tempo ordinario

     

    Aforisma del giorno di Chesterton

    Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto.

     

    Preghiera del giorno

    Guida e proteggi, o Signore, la tua Chiesa per i meriti e gli insegnamenti di san Domenico: egli, che fu insigne predicatore della tua verità, sia nostro intercessore davanti a te. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per i secoli dei secoli.

     

    Santo del giorno

    S. Domenico

    Nato nel 1170 a Caleruega (Spagna), si distinse fin da giovane per carità e povertà. Convinto che bisognasse riportare il clero all’austerità di vita per combattere l’eresia degli Albigesi e dei Valdesi, fondò a Tolosa l’Ordine dei Frati Predicatori che era basato sulla predicazione itinerante, la mendicità, una serie di osservanze di tipo monastico e lo studio.

    Domenico si distinse per rettitudine, spirito di sacrificio e zelo apostolico. Le Costituzioni dell’Ordine dei Frati Predicatori attestano la chiarezza di pensiero, lo spirito costruttivo ed equilibrato e il senso pratico che si rispecchiano nel suo Ordine, uno dei più importanti della Chiesa.

    Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato da grandi penitenze, il 6-8-1221 muore nel suo amatissimo convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l’aveva. Gregorio IX, a lui legato da una profonda amicizia, lo canonizzerà il 3 luglio 1234.

     

    Parola di Dio del giorno Matteo 17,22-27

    In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.

    Quando furono giunti a Cafarnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì». Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?».

    Rispose: «Dagli estranei». E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

     

    Riflessione S. Domenico di Guzman

    San Domenico fu un uomo di grande preghiera. Non ha lasciato scritti sulla preghiera, ma la tradizione domenicana ha raccolto e tramandato la sua esperienza viva in un’opera dal titolo: Le nove maniere di pregare di San Domenico che è stato composto tra il 1260 e il 1288 da un Frate domenicano.

    I primi sette modi seguono una linea ascendente, come passi di un cammino, verso la comunione con Dio, con la Trinità: san Domenico prega in piedi inchinato per esprimere l’umiltà, steso a terra per chiedere perdono dei propri peccati, in ginocchio facendo penitenza per partecipare alle sofferenze del Signore, con le braccia aperte fissando il Crocifisso per contemplare il Sommo Amore, con lo sguardo verso il cielo sentendosi attirato nel mondo di Dio.

    Quindi sono tre forme: in piedi, in ginocchio, steso a terra; ma sempre con lo sguardo rivolto verso il Signore Crocifisso. Gli ultimi due modi, invece, corrispondono a due pratiche di pietà abitualmente vissute dal Santo. Innanzitutto la meditazione personale, dove la preghiera acquista una dimensione ancora più intima, fervorosa e rasserenante. Al termine della recita della Liturgia delle Ore, e dopo la celebrazione della Messa, san Domenico prolungava il colloquio con Dio, senza porsi limiti di tempo.

    Seduto tranquillamente, si raccoglieva in sé stesso in atteggiamento di ascolto, leggendo un libro o fissando il Crocifisso. Viveva così intensamente questi momenti di rapporto con Dio che anche esteriormente si potevano cogliere le sue reazioni di gioia o di pianto. Quindi ha assimilato a sé, meditando, le realtà della fede. 

     

    Intenzione di preghiera per il giorno

    Preghiamo per i teologi che hanno il compito di approfondire e difendere le verità della fede.

     

    Don’t Forget! Vite straordinarie

    IGNÁC FÜLÖP SEMMELWEIS (1818 – 1865)

    Il medico ungherese Ignác Fülöp Semmelweis (Buda 1818 – Döbling 1865) diede un contributo fondamentale allo studio delle trasmissioni batteriche, nella prevenzione della febbre puerperale. Nel 1846 divenne dottore in chirurgia e ostetricia e lavorò nell’Ospedale generale di Vienna inaugurato nel 1784 dall’imperatore Giuseppe II.

    All’epoca la febbre puerperale decimava le donne ricoverate negli ospedali di tutta Europa. Semmelweis cercò di capire il perché di queste morti così frequenti, disorientato dal fatto che in un padiglione del medesimo ospedale viennese, gestito solo da ostetriche, la mortalità per febbre puerperale era dieci volte più bassa.

    In seguito alla morte di un collega che si era ferito durante un’autopsia sul cadavere di una donna morta di febbre pueperale, Semmelweis formulò l’ipotesi che la febbre puerperale fosse una malattia che si trasferiva da un cadavere al corpo della partoriente a causa delle autopsie sulle decedute praticate dai medici che poco dopo venivano a contatto con le partorienti che visitavano in corsia.

    Per dimostrare un’ipotesi così ardita per l’epoca, il giovane dottor Semmelweis impose ai medici di lavarsi le mani con una soluzione di cloruro di calce, e dispose che le lenzuola sporche fossero sostituite con altre pulite. La diminuzione di mortalità gli diede ragione. Nel 1846, su 4.000 puerpere ricoverate ne erano morte 459 (pari all’11%) per febbre puerperale. L’anno successivo all’introduzione delle nuove disposizioni, su 3.490 pazienti ne morirono 176 (pari al 5%) e l’anno successivo la percentuale si ridusse a circa l’1%.

    Un simile risultato attirò gelosia, invidia e risentimento nei confronti del medico ungherese e il mondo medico osteggiò la sua scoperta perché si rifiutava di ammettere che i medici stessi fossero degli “untori”. Il medico fu perciò allontanato dall’ospedale e le morti tornarono a essere numerose.

    Tornato in Ungheria applicò le stesse disposizioni all’ospedale di Pest, ottenendo anche lì un abbassamento delle morti per febbre puerperale. Nonostante quest’altra riprova della sua teoria, la comunità scientifica dell’epoca si scagliò contro Semmelweis che finì in manicomio, dove morì nel 1865.

    Passeranno 40 anni prima che la scoperta venisse accettata e applicata, grazie alla dimostrazione della contaminazione batterica fatta da Pasteur nel 1864. Di lui scriverà il grande dermatologo austriaco Ferdinando von Hebra: “Quando qualcuno scriverà la storia degli errori umani ne troverà pochi più gravi di quello commesso dalla scienza nei confronti di Semmelweis.”

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