Martedì 11 luglio 2023

     

    XIV settimana Tempo Ordinario

     

    Aforisma di Blaise Pascal

    «Per fare di un uomo un santo ci vuole la grazia, e chi ne dubita non sa cosa sia un uomo e che cosa sia un santo».

     

    Preghiera del giorno

    Salmo 33

    Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire.

    Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce. L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono, e li libera. Gustate e vedete com’è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia.

    Temete il Signore, suoi santi: nulla manca a coloro che lo temono. I ricchi impoveriscono a hanno fame, ma chi cerca il Signore non manca di nulla. Amen.

     

    Santo del giorno

    S. Benedetto da Norcia è il patriarca del monachesimo occidentale. Dopo un periodo di solitudine a Subiaco, passò alla forma cenobitica prima a Subiaco, poi a Montecassino. La sua Regola, che riassume la tradizione monastica orientale adattandola con saggezza e discrezione al mondo latino, apre una via nuova alla civiltà europea dopo il declino di quella romana.

    In questa scuola di servizio del Signore hanno un ruolo determinante la lettura della parola di Dio e la lode liturgica, alternata con i ritmi del lavoro in un clima intenso di carità fraterna e di servizio reciproco.

    Nel solco di San Benedetto sorsero nel continente europeo e nelle isole centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e i pellegrini. Due secoli dopo la sua morte, saranno più di mille i monasteri guidati dalla sua Regola. Paolo VI lo proclamò patrono d’Europa (24 ottobre 1964).

     

    Parola di Dio del giorno Matteo 19,27-29

    Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele.

    Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».

     

    Riflessione breve

    A proposito del mettersi in ginocchio, due citazioni: “Se non ci si inginocchia a Dio, a chi allora o a che cosa?”. Ancora: “Si impara ad inginocchiarsi davanti a Dio per non farlo con nessun altro, tanto meno con gli uomini”. Aggiungiamone una terza “Quando una volta si è provato a essere amati liberamente, le sottomissioni non hanno più nessun gusto. Quando si è provato ad essere amati da uomini liberi, il prostrarsi degli schiavi non vi dice più nulla.

    Quando si è visto S. Luigi in ginocchio, non si ha più voglia di vedere quegli schiavi d’Oriente prostrati a terra…Essere amati liberamente, null’altro ha lo stesso peso, ha lo stesso valore. Perché ho voluto questa libertà. Quando una volta si è provato a essere amati liberamente, le sottomissioni non hanno più nessun gusto.

    Quando si ha gustato una volta l’essere amati liberamente tutto il resto non è più che sottomissione. A questa libertà, a questa gratuità ho sacrificato tutto, dice Dio. Al gusto che ho di essere amato da uomini liberi, liberamente, gratuitamente. Da dei veri uomini, virili, adulti, fermi. Nobili, teneri, ma di una tenerezza ferma.

    Per ottenere questa libertà, questa gratuità ho sacrificato tutto” (Charles Peguy, Il mistero dei santi innocenti) Inginocchiarsi significa riconoscere che c’è qualcosa o qualcuno più grande di noi. Lezione difficile, in quest’era in cui si crede che il serpente dell’Eden (quello che tentò Adamo ed Eva per intenderci) avesse ragione.

     

    Intenzione di Preghiera

    Perché Dio faccia rifiorire i monasteri benedettini che in passato hanno salvato i popoli europei dalla decadenza e oggi possono custodire fede e cultura in un mondo che non crede più a nulla.

     

    Don’t Forget! 1000 quadri più belli del mondo

    SIR LAWRENCE ALMA TADEMA: LE ROSE DI ELIOGABALO

    1888 – olio su tela – 131,8×213,4 cm – Collezione Pérez Simón – Città del Messico

    LOURENS ALMA-TADEMA nacque in Olanda l’8-1-1836 e si formò in Belgio all’Accademia reale di belle arti di Anversa. Dal 1870 e sino alla morte si stabilì in Inghilterra, dove cambiò il nome in Lawrence e divenne pittore celebrato e conosciuto per i suoi soggetti ispirati all’antichità classica, nei quali raffigurò il lusso e la decadenza dell’Impero Romano. Sebbene ammirato in vita, il suo lavoro fu disistimato dopo la sua morte (avvenuta a Wiesbaden il 25-6-1912), e solo a partire dagli anni 1960 è stato rivalutato per l’importanza che ebbe nell’arte del XIX secolo.

    Il dipinto che oggi presentiamo è ispirato da un episodio della vita dell’imperatore romano Eliogabalo (218-222) che nella Historia Augusta, opera del IV secolo, è descritto come un debosciato e pervertito: il giovane imperatore che aveva invitato alcuni suoi conoscenti a cena, dopo aver fatto preparare un finto soffitto che reggeva una gran quantità di petali di rosa, durante la cena lo fece aprire sui convitati, inondandoli di petali, tanto che alcuni morirono soffocati. In primo piano sono raffigurati gli invitati ricoperti di petali.

    In secondo piano è visibile Eliogabalo, con la veste e il diadema d’oro, assieme alla madre Giulia Soemia e a un accompagnatore. Dietro di loro si trova una suonatrice di flauto doppio (tibia) e una statua di Dioniso, ispirata all’originale conservato nei Musei Vaticani.

    Tutto è allestito allo scopo di creare stupore nello spettatore e catturarlo nella scena: la composizione è giocata sulla divisione in diagonale della tela, dove la parte sinistra è occupata quasi per intero dalle rose e dai commensali travolti dai petali: l’enorme nuvola rosa shocking crea un effetto soffocante, quasi un corrispettivo del profumo dolciastro e asfissiante dei fiori, mentre la destra ospita le figure dell’imperatore e della sua corte (in primis le donne della sua vita: nonna, madre, moglie); in basso, il pubblico è segnalato coinvolto nella messinscena grazie agli sguardi che i commensali sommersi dai fiori e la donna a destra indirizzano all’esterno della tela. Il tutto nell’atmosfera languida e decadente tipica non solo del pittore, ma anche dell’epoca vittoriana che la facciata moralistica della società inglese di allora non bastava a camuffare. 

     

    Condividi questa!

    Informazioni sull'autore

    Potrebbe piacerti anche

    Nessun commento

    È possibile postare il commento di prima risposta.

    Lascia un commento

    Please enter your name. Please enter an valid email address. Please enter a message.

    WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com