3a Settimana di Avvento
Aforisma del giorno di charles Péguy
“Quarant’anni è un’età terribile. Perché è l’età in cui diventiamo quello che siamo.”.
Preghiera del giorno antica preghiera cristiana
Tu che sei fonte di vita e mare di benedizioni, Signore, ricolma di gaudio i nostri cuori. Noi tuoi servi ti invochiamo in ogni paese e regione: aiuta i bisognosi e rallegra i tribolati; visita i malati nella tua clemenza.
Sii guida per chi naviga in mare, timoniere nelle onde tempestose; dà salvezza a chi soffre nel naufragio. Salva tutti in tutti i luoghi perché tu sei per tutti aiuto e salvezza.
Dà cibo agli affamati, sostenta gli orfani, nutri le vedove, raccogli i profughi e riporta a casa gli erranti. E innalzeremo inni di gloria per la tua potenza. Amen.
Santo del giorno
S. Giovanni della Croce
Sembra sia nato nel 1540, a Fontiveros (Avila, Spagna). Rimase orfano di padre e dovette trasferirsi con la mamma da un luogo all’altro, mentre portava avanti come poteva i suoi studi.
A Medina, nel 1563, vestì l’abito dei Carmelitani. Ordinato prete nel 1567 dopo gli studi a Salamanca, si incontrò con S. Teresa di Gesù, la quale da poco aveva ottenuto il permesso per la fondazione di due conventi di Carmelitani contemplativi (poi detti Scalzi), perché fossero di aiuto alle sue monache.
Nel 1568 Giovanni fece parte del primo nucleo di riformati, cambiando il in Giovanni della Croce. Fu incolpato per errore e incarcerato per 8 mesi per un incidente interno al monastero. Fu in carcere che scrisse molte delle sue poesie. Morì a 49 anni tra il 13 e il 14 dicembre 1591 a Ubeda.
La Parola di Dio del giorno Matteo 21,28-32
Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”.
Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Riflessione del giorno Da “Il mattutino” di Mons. Ravasi
Un re corrotto domandò a un uomo pio: «Tra gli atti di culto che compio, qual è il più gradito a Dio?». L’uomo pio rispose: «La siesta che fai nel pomeriggio, perché è l’unico tempo in cui non tormenti nessuno!». «Questo libro resterà per lunghi anni, dopo che ogni granello della mia polvere sarà disperso, perché so quanto veloce fugge la vita!».
Così scriveva del suo Golestân («Il roseto») Sa’dî, un sapiente mistico persiano vissuto per più di cent’anni tra il XII e il XIII secolo. I fiori che sbocciano in questo giardino poetico sono lezioni di vita, punteggiate da una stilla di ironia amabile.
È il caso dell’apologo sul potere oppressivo. Non di rado dei dittatori si dice che vegliano sempre sulla loro nazione, mentre sarebbe meglio che dormissero di più… Al riguardo, scriveva ancora Sa’dî: «Un re vide un asceta e gli chiese: Non ti ricordi di me? Sì, rispose l’asceta, quando dimentico Dio!».
Vorrei, però, porre l’accento nella parabola sopra citata sul tema del riposo. Ovviamente la siesta è necessaria al corpo ed è tutto quello che in giorno di festa sa offrire la società contemporanea sotto il vocabolo inglese relax, termine che rimanda al «rilassamento».
Noi, invece, pensiamo a un altro riposo che è la variante spirituale di quel che descriveva Machiavelli in una lettera del 1513: «Venuta la sera, mi ritorno in casa ed entro nel mio scrittoio; mi spoglio della veste cotidiana piena di fango e loto, e mi metto panni reali e curiali…» per dialogare coi grandi del passato e «pascersi di quel cibo che solum è mio». Incontrare sé stessi e le cose alte nella quiete della propria camera.
Intenzione di Preghiera per il giorno
Per tutte le persone ansiose, depresse, sconfortate e per tutti quelli che hanno perduto la speranza.
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GUSTAVE COURBET: FUNERALE A ORNANS
1849-50 – olio su tela – 315 × 668 cm – Musée d’Orsay Parigi
Quest’opera, iniziata nell’estate 1849 e terminata l’anno dopo, fu presentata dal pittore francese GUSTAVE COURBET (1819-1877) al Salon di Parigi col titolo di Tableau de figures humaines, histoire d’un enterrement à Ornans.
L’opera suscitò polemiche e espose l’artista all’incomprensione: a essere giudicate negativamente da critici e contemporanei erano la volgarità dei personaggi, ritenuti privi di decoro, la trivialità dell’insieme e le dimensioni monumentali della tela.
Ma l’opera suscitò scandalo soprattutto perché era troppo vera: Courbet era del tutto consapevole della sua importanza, tanto che affermò: «Il funerale a Ornans è stato in realtà il funerale del Romanticismo».
Il dipinto raffigura un anonimo funerale nella cittadina natale di Courbet nel quale sono visibili una trentina di partecipanti: fra gli altri il sindaco, il sagrestano in abito rosso da cerimonia, i chierichetti, il giudice, i contadini, alcune donne, il padre di Courbet, il notaio, e il becchino in attesa: tutte persone comuni, sconosciute e anonime, appiattite sullo sfondo e disposte come in un fregio antico.
In primo piano si nota la fossa aperta, sul bordo della quale alcuni teschi invitano lo spettatore a riflettere sulla caducità della vita. L’atteggiamento innovatore di Courbet si manifesta non solo nella scelta dei soggetti, ma pure nelle dimensioni della tela che superano i 18 m2, dimensioni tradizionalmente riservate ai quadri di storia, non certo a un’opera raffigurante una situazione tutto sommato banale.
I colori sono bruni, terrosi e spaziano dall’austerità dei verdi scuri e dei grigi spenti alla solennità dei neri, passando per la vivacità dei bianchi e dei rossi.
Le pennellate, invece, sono pesanti e pastose e mettono ben in evidenza la fisicità dei personaggi. Nel dipinto, inoltre, non c’è una costruzione prospettica rinascimentale e volumetrica, mentre sono evidenti i tagli fotografici laterali, tipici dell’epoca a causa dello sviluppo della fotografia.
Courbet fu il più significativo esponente del movimento realista (fu lui stesso a inventare il termine), e si occupò anche di problematiche sociali, prendendosi a cuore le difficili condizioni di vita e lavoro di contadini e poveri.
«Ho cinquant’anni ed ho sempre vissuto libero; lasciatemi finire libero la mia vita; quando sarò morto voglio che questo si dica di me: Non ha fatto parte di alcuna scuola, di alcuna chiesa, di alcuna istituzione, di alcuna accademia e men che meno di alcun sistema: l’unica cosa a cui è appartenuto è stata la libertà.»
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