Martedì 20 febbraio 2024

     

    I Settimana Tempo di Quaresima

     

    Accadde il 20 febbraio…

    1798 – Papa Pio VI è costretto ad abbandonare Roma, occupata dalle truppe francesi

    1878 – Roma: il cardinale Vincenzo Gioacchino Pecci viene eletto papa con il nome di Leone XIII

    1909 – Filippo Tommaso Marinetti pubblica su Le Figaro il Manifesto del Futurismo

    1958 – Viene promulgata la Legge Merlin, che abolisce le case di tolleranza in Italia

    1991 – Protesta anticomunista a Tirana, alle 14:05 viene abbattuta la statua di Enver Hoxha

     

    Aforisma di S. Bernardo

    Quanto più si è buoni, tanto più si è cattivi, se si attribuisce a proprio merito ciò per cui si è buoni.

     

    Preghiera

    Volgi il tuo sguardo, o Signore, a questa tua famiglia, e fa’ che, superando con la penitenza ogni forma di egoismo, risplenda ai tuoi occhi per il desiderio di te. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per i secoli dei secoli. Amen.

     

    Santo del giorno

    Nata 11 marzo 1910 ad Aljustrel, frazione di Fatima in Portogallo, Giacinta Marto era l’11.a e ultima figlia di Emanuele Pietro Marto e Olimpia de Jesus. Col fratello Francesco e la cugina Lucia, fu una dei veggenti delle apparizioni mariane di Fatima, tra il maggio e l’ottobre 1917.

    D’indole vivace, imparò ad accettare di buon grado le sofferenze, compiendo piccoli sacrifici per amore di Dio e della Madonna. Ammalatasi in una violenta epidemia di influenza spagnola nel 1918, morì il 20-2-1920 a Lisbona in a 9 anni e 11 mesi. Suo fratello Francesco l’aveva preceduta il 4 aprile 1919. Entrambi sono stati beatificati da Giovanni Paolo II il 13-5-2000, canonizzati da papa Francesco 17 anni esatti dopo.

    I resti mortali di Giacinta sono venerati nella Basilica di N. S. del Rosario di Fatima. Non fu per le 6 apparizioni della Madonna, ma perché queste l’hanno aiutata a raggiungere la perfezione cristiana, che abbiamo la gioia di festeggiare come santa Giacinta di soli 10 anni.

     

    Parola di dio Matteo 6,7-15

    Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.

    Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

     

    Riflessione Commento a un pensiero di Chesterton

    Seguire la natura è una cosa che si può considerare buona solo se si dimentica quanto la nostra natura possa essere cattiva. Privilegiare i sentimenti ci va bene solo dimenticandoci di quanto possiamo essere meschini, superbi e vili. Ritornare alla natura significa scordarsi che da quella natura siamo fuggiti, lavorando duramente per migliaia di anni per lasciarci alle spalle fame e malattie, freddo e buio.

    Tornare a vivere come animali? Animali non siamo mai stati, è per questo che abbiamo costruito le nostre civiltà. Chi invoca un ritorno alle origini non conosce davvero quelle origini. Non sa chi è. Insegue un sogno, di quei sogni che uccidono. Di tanto in tanto sembriamo non considerare che, se siamo qui, non è per un caso, ma perché generazioni su generazioni di persone come noi hanno fatto del loro meglio per arrivarvi. Tentando, sbagliando, provando altre strade quando quelle precedenti si dimostravano vicoli ciechi.

    Ma imparando, poco per volta, salvo dimenticare tutto e ricominciare. Un ricominciare che sarebbe eterno se poco per volta non ci sollevassimo, se non apprendessimo la lezione dalle pessime idee dei nostri antenati. Forse una volta adoravamo la natura, ma, come annota Chesterton, ciò inevitabilmente porta a cose che sono contro natura. Perché siamo fatti per altro.

     

    Intenzione di preghiera

    Perché la quaresima ci aiuti a riflettere e a non adeguarci all’opinione pubblica, al pensiero dominante, ai luoghi comuni che inquinano l’anima e la mente e rovinano il cuore

     

    Don’t Forget! Grandi sacerdoti bergamaschi

    Don Giuseppe Ferrari 1933-2006

     

    Don Giuseppe Ferrari era nato il 12-5-1933 a Zogno. In Seminario entra a far parte della Comunità missionaria del Paradiso, ma svolge anche il compito di educatore nel Patronato. Ordinato prete il 9-6-1956, è inviato nel Lazio, accolto da Mons. Luigi Morstabilini vescovo di Veroli-Frosinone. Dal 1956 al ’64 è coadiutore parrocchiale di Monterotondo Scalo (Roma) con don Berto Nicoli. Dal 1964 al ’66 parroco di S. Francesco di Veroli (Frosinone). Nel 1966, prende la decisione di raggiungere la Bolivia come missionario: è parroco nella parrocchia di Villa Copacabana a La Paz quando il sanguinoso golpe del 1980 lo costringe a tornare a Bergamo. Per un anno risiede a Zogno poi è nominato parroco di Gaverina.

    Nel 1982 la seconda partenza per la terra boliviana, a Cochabamba dove monsignor Ferrari collabora con don Antonio Berta nella Ciudad de los Niños. Rimane nel paese andino fino al 2004, come parroco prima a Condebamba (Cochabamba) e dal 1991 al 1994 a Munaypata, La Paz; quindi è incaricato della direzione spirituale del Seminario nazionale S. José di Cochabamba e dal 1994 al 2004 ne è il rettore. Nel 2000 è nominato cappellano di Sua Santità. Tornato a Bergamo nel 2004, per un anno è amministratore parrocchiale di Fiobbio e dal 2005 residente a Dossello, frazione di Albino. Si prepara a far ritorno in Bolivia quando la morte lo coglie improvvisamente il 21 ottobre 2006.

     

    Che fosse abituato a sorprenderci lo sapevamo, ma chi poteva sospettare che il buon Dio riservasse proprio a lui la sorpresa più clamorosa, quella finale? Il Signore l’ha chiamato a entrare nell’eternità all’alba malinconica di un sabato d’autunno, mentre si sottoponeva ai controlli medici: ha ceduto di schianto il suo cuore grande e generoso che neppure lui era mai riuscito a contenere e imbrigliare, a cui andava stretta persino l’amata terra di Bergamo e che solo sugli sconfinati orizzonti dell’altipiano andino aveva trovato la sua meta. 40 anni dopo il primo arrivo in Bolivia, il Giosep si è rimesso in viaggio, ma non verso Cochabamba dove pensava di tornare a Natale, bensì verso la meta ultima, la vetta definitiva e più bella, inaccessibile anche ai migliori alpinisti, lui compreso, che pure aveva scalato le cime della Cordillera Real.

    Proviamo a immaginare i preparativi dell’imprevista partenza: sveglia alle 4,30 secondo l’abitudine ereditata dai suoi vecchi, gente legata ancora alla terra e ai ritmi della natura e preghiera fino all’alba “perché -diceva- il sorgere del sole deve sorprenderci raccolti nella lode”. Poi subito la fine, giunta di sorpresa: ma la morte non ha colto a tradimento uno come lui che non ha certo vissuto invano i suoi 73 anni di vita e fede, i 50 anni di sacerdozio e i 40 di missione! Più di una volta aveva detto di non temere la fine, privilegio questo che Dio concede ai più umili e fedeli tra i suoi servitori. E che lui il Signore l’abbia servito davvero, non lo dimostra solo l’orgoglio con cui portava la talare, che non mancava mai di indossare quando, entrando in Chiesa, “prendeva servizio” al cospetto del suo Signore, ma anche la gioia del suo essere prete che era impossibile non avvertire e dalla quale si rimaneva catturati: non è un caso che due dei suoi nipoti siano diventati preti.

    Un servitore fedele, ma poco formale nei modi che riuscivano a fare sentire tutti a proprio agio e persino nell’aspetto, con quei riccioli sbarazzini, quella voce da bambino, quel moto continuo che ne rivelavano l’anima più di cento discorsi. Allegro, capace di scherzi e facezie, in grado di coinvolgere anche i più freddi e distaccati, bastava che gli si aprisse anche solo un po’ l’anima, per scoprire l’insospettata profondità dell’uomo di preghiera. Uomo solidamente radicato nella tradizione che nel S. Curato d’Ars vedeva il suo modello di prete, era anche incredibilmente aperto nei confronti della gente. Che incontrandolo fosse impossibile dimenticarlo, lo testimonia il fatto che è conosciuto un po’ dappertutto, anche a Bergamo, pur avendo trascorso quasi tutta la sua vita lontano; che a sua volta non dimenticasse nessuno, lo testimoniano le lettere da lui scritte a migliaia in ogni parte del mondo con un pensiero speciale per tutti.

    Si fatica a credere che un uomo cordiale e simpatico come lui, abbia rischiato la vita durante i golpe che hanno segnato la storia della Bolivia: ma chiedete il perché ai poveri dei barrios marginali, ai malati dell’Hospital Juan XXIII, ai giovani dell’Università di S. Andrés, ai  carcerati delle prigioni di La Paz e Cochabamba, e vi spiegheranno che P. José sapeva ascoltare, capire, aiutava e faceva sentire tutti bene, non condannava nessuno, ma gli ribolliva il sangue di fronte all’ingiustizia e allora reagiva con coraggio e determinazione. Che lo stesso prete sia stato formatore di giovani nel Seminario Nazionale di Cochabamba di cui per più di 10 anni è stato rettore, perciò non stupisce: la prova del buon lavoro da lui svolto è che la sua decisione di lasciare l’incarico ha incontrato molte resistenze.

    Gli ultimi mesi sono stati i più defilati della sua vita: parroco di Fiobbio prima, residente al Dossello poi, viveva nella speranza di poter concludere i suoi giorni all’ombra di un Santuario nella preghiera, la confessione e l’accoglienza della gente…ma il Signore stava preparando per lui l’ingresso al Santuario del cielo. Il Giosep: bergamasco vero, ma cittadino del mondo; prete aperto, ma radicato nella tradizione; uomo di Dio, ma amico della gente; generoso con tutti, ma rigoroso con sé stesso. Don Giuseppe si è lasciato guardare da Dio che ha compiuto in Lui cose grandi e possiamo essere certi che lassù avrà molto da fare ancora per tutti.   

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